Capitolo 11 - I ricordi di Daniel

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"Illumina la tua mente con un po' di contesto, Daniel. Il malcontento è il comburente del popolo, la miccia è solo un futile pretesto."

La sua voce fu un lampo risoluto, ma anche sbrigativo. I suoi occhi mi evitarono per correre sulla scrivania ingombra del suo ufficio. Raccolse alcuni manoscritti e mi diede le spalle, diretto alla porta.

L'incalzai, testardo come sempre, "quanto è futile una miccia se arriva ad incendiare una città?".

"Se la pressione è abbastanza alta anche una scintilla è sufficiente. Ora, se vuoi scusarmi, sto andando in biblioteca."

Amis era diventato sfuggente. Lo era da quando la guerra in Scozia si era fatta più aspra e le mie domande più frequenti. Fino alla maturità ero confinato nell'Accademia, lui e i pettegolezzi di corridoio erano la mia unica fonte di notizie e vi attingevo quanto più mi era possibile.

"L'accompagno volentieri"

"Posso camminare anche da solo, sarò vecchio, ma non storpio."

"La cura per il prossimo è il mio dovere", gli ricordai mentre già lo seguivo, "è questo che mi ha detto quando ho intrapreso gli studi per diventare custode".

Amis emise un verso di assenso, tuttavia il suo rammarico mi colpì come una stoccata. Non l'analizzai, mi affrettai piuttosto ad anticipare il suo passo e aprirgli la porta dell'ufficio.

"Se i ribelli scozzesi hanno influenzato la volontà popolare, allora qualcuno a Liverpool avrà preso l'iniziativa, qualcuno che sta approfittando della situazione. Ma perché?".

"La tua incapacità a lasciar andare le cose sarà la tua rovina. Ricordati anche queste parole", agitò un dito in segno di avvertimento mentre superava l'uscio e imboccava il corridoio.

Mi attardai a chiudere la porta, così Amis sfruttò lo scarto per accelerare il passo. Era determinato ad evitarmi, mi fece sorridere vederlo abbandonare il suo solenne avanzare lento a favore di un trotto poco composto.

"Lo farò" lo rassicurai mentre di corsa raggiunsi il suo fianco, "ma non posso nemmeno dimenticare che le ribellioni in Scozia hanno distrutto la mia casa, vorrei sapere perché proprio adesso stanno dilagando anche nel resto dell'Inghilterra".

"Persone più brillanti di te e di me discutono riguardo la questione e lavorano tutte per il Reggente, ne verranno a capo."

"D'accordo, ma lei saprà pur qualcosa, è diventato il rettore dell'Accademia del Sole, una delle istituzioni più importanti del paese, se l'Inghilterra va a fuoco lei dovrà pur sapere il perché!"

Amis reagì come sua consuetudine con un profondo, catartico, sospiro. Frapponeva a quelli che definiva "i miei eccessi di entusiasmo giovanile" una pazienza caparbia.

"Una città che va a fuoco non è l'Inghilterra. È probabile che a bruciare Wymond Dock siano stati gli stessi marinai che ci lavoravano. Un atto di ribellione al rialzo delle tasse dell'ultimo anno. Questo è tutto."

Parlava di una delle tante teorie, ne avevo sentite a bizzeffe, alcuni apprendisti erano convinti che fosse una manovra degli accoliti del Diavolo, il solito spauracchio da cortile. Io volevo la verità.

"E le altre rivolte? Ho sentito che avvengono in molte città. Distruggono negozi e abitazioni. Quelle come le spiega?".

"Vandalismo."

"Vandalismo!" ribattei così sconcertato che rischiai di farmi superare, "è davvero questa la sua risposta?".

"Se non ti piacciono le mie risposte, allora perché continui a farmi domande?"

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