Fasciai intorno ad una mano la luce e vi diedi la forma di una frusta. La scoccai verso la creatura, quella arretrò. Non volevo ferirla, cercavo di prendere tempo, sperai che lei facesse altrettanto, ma quando scoccai ancora afferrò la frusta e se l'avvolse intorno al braccio. La pelle carbonizzata sfrigolò violentemente, ignorò il dolore e cominciò a tirare verso di sé.
Per quanto piantassi i piedi a terra scivolavo sui ciottoli che lastricavano la strada.
La creatura tirava a sé la frusta e più accorciava la distanza tra di noi più ghignava famelica, snudava i denti. Nei suoi occhi lattiginosi faticavo a riconoscere quelli della donna. Il suo cuore mi gridava aiuto, ma i suoi artigli erano sempre più vicini.
Dissolsi lo scudo, generai con la sua luce una lancia e la piantai a terra. Mi ci aggrappai con forza e così mi fermai. La creatura strattonò la frusta con più forza, emise grida lancinanti. Strinsi i denti, caparbio, per non cedere, incapace di elaborare un piano diverso, o anche solo lasciare la presa. Dovevo salvare la donna, imprigionare la creatura. Mi serviva solo più tempo per capire come.
Sentii la tensione della frusta allentarsi.
Il calore delle fiamme m'imperlava la fronte, il sudore che colava tra le ciglia mi offuscava la vista, così mi resi conto troppo tardi che la creatura si stava sciogliendo.
La sua forma, prima imponente, si disfaceva in fretta, colava tra i ciottoli come pece.
Diedi un colpo con la frusta per liberarla dalla sua presa, ma tentacoli neri si allungarono e l'afferrarono, l'avvolsero e la risalirono con una tale rapidità che lasciai la presa appena in tempo. La luce di cui era composta scomparve nella pece che l'avvolse.
Non avevo mai visto una cosa del genere in vita mia, né sapevo che fosse possibile spegnere la luce del Sole. Mi scosse e nel farlo mi scavò nel petto spazi ampi per l'angoscia.
Tirai via la lancia dal terreno. Indietreggiai. Asciugai il sudore e osservai sbalordito la melma avanzare, allargarsi, circondarmi.
L'aria era rovente, le fiamme intorno a noi ustionavano l'aria. Sentivo mancarmi l'aria.
Se la creatura assorbiva la luce, cos'altro potevo fare?
Avevo dalla mia parte solamente la fede.
Pregai il Sole di concedermi tutta la luce che potevo produrre. Una scelta sciocca, ma non avevo alternative. Colpii il pavimento con la lancia, si dissolse in un lampo che baluginò intenso, accecante e pervaso della forza del Sole. La melma si fermò. Ebbi un moto di trionfo. Ma durò poco.
Quando la luce si diradò sentii sollevarsi alle mie spalle un verso roco.
Mi voltai.
Quella cosa, qualsiasi cosa fosse, aveva in parte ripreso la sua forma, emergeva dalla melma come la creatura che avrebbe presto perseguitato i miei incubi.
Calò un artiglio. Pregai il Sole perché mi proteggesse, ma prima ancora che lo scudo comparisse, la punta luminosa di una lancia le attraversò il petto.
La creatura emanò un lamento. Un ansito straziante m'investì piantandomi una fitta al petto, dolorosa quanto quella che stava portando via la vita a quell'essere, spaventosa quanto era l'eco della morte percepito da così vicino.
La creatura franò ai miei piedi. Alle sue spalle emerse un uomo dalla cappa bianca. Lo guardai con odio, mentre cadevo in ginocchio. Mi strinsi il petto, ma non era abbastanza per impedire al dolore di spezzarmi.
Mi trascinai accanto alla creatura, dissolsi la lancia di luce che l'attraversava da parte a parte e posai le mani sulla ferita aperta. Pregai il Sole perché mi permettesse di guarirla. Era solo una donna innocente.
Meritava di essere salvata.
Meritava di essere salvata dal dolore della morte. Dalla paura per ciò che sarebbe venuto dopo la morte. Dalla rabbia per la violenza che le era stata imposta. Dalla vergogna per quel corpo deforme.
La mia supplica non fu accolta. Non percepii l'energia affiorare ai miei palmi. Il suo sangue continuava a sgorgare, denso e nero, tra le mie dita. Allora cominciai a premere sulla ferita per arrestare l'emorragia, la compressi più forte che potei. Gridai per chiedere aiuto. Lo chiedevo all'uomo che l'aveva colpita. Lo chiedevo a chiunque potesse ascoltarmi, ma non arrivò nessuno.
Sentii due braccia stringersi intorno alle mie spalle e obbligarmi a lasciare il cadavere che non potevo salvare. Mi opposi con forza, evocai la luce, gridai, imprecai, supplicai di permettermi di salvarla, ma alla fine fui trascinato via.
Quell'uomo mi disse che non c'era più nessuno da salvare.
"Perché tu l'hai uccisa!"
Non rispose. Ma non mi lasciò. Consumai tutte le mie forze nel tentativo di liberarmi, ma le mie grida si dispersero nel vento.
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Gli arcani maggiori
FantasyGli Arcani Maggiori sono entità che influenzano la realtà dall'origine dei tempi, l'equilibrio tra le loro forze garantisce il perpetuarsi dell'esistenza. Daniel è un mistico del Sole, un mago e guaritore al servizio del bene. Quando la guerra dila...