5: Avversari

1.2K 31 2
                                    

Gaia pov's

Ero lì, davanti a lui, con una faccia indifferente.
Tutti i ragazzi presenti si guardarono verso di noi guardandomi.

«Chiattil dobbiamo andare»

Disse Natiza guardando Filippo.

«C ré Chiattil, te la fai con la Zingara?»

Disse Edoardo facendo ridere tutti.

«No, dobbiamo solo provare dei nuovi testi per il corso di musica»

Disse lui tremando.
Gaia lo sguardo stizzita, sembrava come se quel ragazzo avesse paura.

«Se vabbhò... Tu Zingera invece? Scommetto che prima di venire qui te si chiavat qualcuno»

Continuò Edoardo imperterrito.
la Rossi preferì stare in silenzio, voleva vedere come si svolgeva la situazione, prima di prendere parte all'inizio di qualunque discussione.
Ciro la guardava, sono arrivato in meno ma hai tolto gli occhi da lei, per rivolgerti a Nadiza o a Filippo che in quel momento erano i protagonisti della discussione. questo la faceva sentire a disagio, non che non era abituata ad essere ricordata, anzi il suo lavoro si basava su questo , ma era come se il suo sguardo fosse diverso dagli altri uomini.

«E a te cche te import?»

Rispose Nadiza guardandolo negli occhi.

«Che te si affrùntu? Pé accussí puocu»

Continua a lui prendendola sempre più in giro.

«Dai andiamo»

Rispose lei ignorandolo di colpo, mentre si riferiva a Filippo.

«Aspetta nené, Edoardo stava solo chiacchiariare Ve?» Disse Ciro alzandosi in piedi, guardando il suo amico più fidando in cerca di approvazione «mmìci pecché nun cce prisent l'amica tu»

La sua voce roca e bassa fece fermare il cuore di Gaia.
Aveva smesso di guardarla per meno di cinque secondi, e poi aveva posato i suoi occhi di nuovo su di lei, e questa volta rivolgiendogli parola.

«So presentarmi anche da sola, non c'è bisogno che metti in mezzo lei soltanto perché non hai le palle per chiedermelo tu» 

Le parole Della ragazza erano risultate più fredde e distaccate de solito, e non sapeva perché si era comportata in quel modo così meschino con lui, ma sentiva che doveva allontanarsi da Ciro il prima possibile.

«azz ten le pal»

Disse Edoardo muovendo la mano in verticale, mentre gli sorrideva divertito.
A differenza sua alcuni ragazzi che si trovavano seduti la guardarono scioccati.
Ciro la guardava come se volesse sbranarla da un momento all'altro, e questo fece tremare Gaia, che maschero tutto con la sua solita espressione neutrale e indifferente che fin da piccola gli avevano insegnato.

«Ma cumme te permiss a parlà accussí a Ciro?»

Interviene uno di quei ragazzi facendo due passi verso Gaia per intimorirla, ma ricevendo solo l'esatto contrario, era cicciottello e aveva i capelli legati all'indietro.
Ciro gli mise una mano sulla spalla facendogli capire che andava tutto apposto, e che ci avrebbe pensato lui.

«eje fà chillo ca mme pare e piace, cumme ró vògghju eje, quannu ró vògghju eje. E eje addumannà chine mme par a chine vògghju. E tu nun si niesciunu ppe dimm chello ca devo fà»

Rispose Ciro con i dentro stretti, scandendo ogni parola, in modo da arrivare forte e chiaro alle orecchie della ragazza che non si aspettava quella risposta.
Il suo sguardo arrabbiato le faceva venire voglia di farlo arrabbiare ancora di più, per capire fino a che punto riuscisse a spingersi.

«Andiamo, che sennò si fa tardi»

Disse Nadiza intromettendo gli sguardi d'odio che si lanciavano Ciro e Gaia.
Presa la sua amica per il braccio, cercando di trascinarla.

«Che c'è Zingara? tè panticu? Nun pensa che una puttan cumme te c'è avè»

Chiese Ciro ridendo gli in faccia, togliendo i suoi occhi dalla ragazza davanti a lui per posarli su Nadiza.
Gaia non ci prese più, si avvicinò ancora di più a lui, stando ancora più vicini, ma cercando sempre di tenere le distanze.

«Tu non gli parli così. Hai capito?»

Non capiva cosa gli stava prendendo, perché difendesse quella ragazza che aveva conosciuto da solo qualche ora.
Sarà perché quando gli uomini mancano di rispetto alle donne, Gaia non riesce a vedere lucido?
Oppure semplicemente perché si stava affezionando a lei?
L'unica cosa di cui era certa, era che quel Ciro gli stava antipatico, e che in quel momento voleva disintegrarlo.
Costi quel che costi.

«Me sa che l'unica che non ha capito si tu» Ciro fece due passi in avanti, sentendo il respiro della ragazza sulla sua bocca «Ccà cu comanda so eje. E nisciun atu»

Gaia trattenne il respiro, sentirlo così vicino gli faceva accendere qualcosa dentro di lei.
Lei aveva lo stesso identico sguardo che lui aveva in questo momento.
Odio.

«Uaglion che sta succeden?»

Chiese il comandante avvicinandosi alla rete.
Interrompendo la situazione.

«Niente comanda»

Rispose Ciro continuando a guardarla.

«E allo che è sta facc? Vedete di tornare composti e non romp o cazz»

Continuò il comandante facendo allontanare Ciro dalla ragazza.
Facendo due passi in dietro, e mettendosi seduto senza mai stava gli gli occhi di dosso.

Silvia, Nadiza, Gaia e Filippo andarono dritti verso la sala comune, per proseguire quello che volevano iniziare da più di trenta minuti.

Gaia senti la schiena bruciare dagli sguardi di altre persone.
E era sicura chi fossero quelle altre persone.
O almeno una di queste. 

-----

«Rossi hai una visita»

Disse il comandante avvicinandosi.

«E da chi?»

«Eje che ne sacc. Andiamo»

Gaia segui l'uomo, fino in una stanza, dove c'erano alcuni dei detenuti seduti con i propri parenti sulla sedia davanti a loro. 
Appena vidi il volto di mia madre e mio padre, sbiancai.
Non volevo vederli, non volevo vedere il volto di mio padre, non dopo tutto il dolore che mi aveva inflitto.
All'età di 24 anni i miei genitori mi hanno affidata a mia zia, dicendomi di essere sempre stata un errore per loro, e che non avevano soldi sufficienti per mantenermi.
Mia madre quando aveva la possibilità di venirmi a trovare non esitava, mentre mio padre non lo vedevo da ben 4 anni.

Mi fermai sulla soglia della porta, non muovendomi nemmeno di un millimetro.

Vedere la sua faccia, lì in quella stanza fece riscontrare nella mia mente tutti i ricordi passati, vissuti per colpa sua, sua e delle sue stupide azioni.
Quando tornava da lavoro si sfogava con me, insultandomi, denigrandomi, facendomi sentire una nullità ad ogni mio respiro, solo perché non riusciva a farsi rispettare dalle persone.
Gaia non voleva essere come lui, voleva farsi rispettare con le buone o con le cattive, non le interessava.
Lei non voleva farsi mettere i piedi in testa da nessuno, specialmente mafiosi.

«c ré piccere?» Il comandante la guardò interrogativo prima di voltarsi verso le persone che la stavano aspettando «Fidati, va lì e senti che hanno da dirti prima di saltare a conclusioni affrettate. Intesi?»

Gaia annui scontenta.
Si sedette al tavolo, con gli occhi dei suoi genitori addosso.

«Ciao Gaie»

Come Calamite | Ciro Ricci Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora