Capitolo 2

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Dopo anni di discussioni ideologiche e continui fraintendimenti, la Fortezza di Rena oltrepassò il limite secondo Re Herrock. Il Regno dei Ghiacci non vedeva di buon occhio la situazione degli schiavi nel Regno delle Sabbie che, guadagnando con le vite umane, aveva raggiunto l'apice della sua potenza.
Per gli abitanti del regno glaciale, infatti, la vita umana era preziosa e andava guidata verso la strada più giusta con l'uso, il più delle volte, delle maniere forti.  Credevano così intensamente nel principio della libertà, dell'animo umano e delle seconde occasioni, che usavano la tortura e le mutilazioni per reinserire gli esiliati nel regno, rendendoli di fatto soldati vuoti guidati solo dall'ordine supremo. I soldati vagavano per Turrmund, " proteggendo " la popolazione; uomini dallo sguardo spento, perso nel vuoto. Bastava un gesto frainteso, uno strattone dato troppo forte per aizzare la loro ira: per esempio, un litigio tra due bambini si era trasformato in una piccola tragedia proprio poco fuori dalla Fortezza di Rena. Le Guardie Reali uccisero uno dei due, solo perché colpì l'altro con una spada di legno. Luscar segnalò più volte questi tragici eventi a re Herrock, che sostenendo i suoi soldati nonostante l'infanticidio, si creò intorno una schiera di nemici. Voci che correvano tra la gente più comune raccontavano di riunioni segrete tra i suoi consiglieri fidati, che affilavano i coltelli in attesa del momento più opportuno. Il Re delle Sabbie ordinò la partenza di tutti i membri delle Guardie Reali che risiedevano nel suo regno, sostenendo la volontà di creare un corpo di Guardia che dipendesse solo ed esclusivamente dal suo volere. Tutta la popolazione del Regno di Ghiaccio prese la decisione del Regno delle Sabbie come un insulto personale, mettendo così fine alla tregua.

Luscar chiamò il ragazzo, che arrivò come un'ombra davanti a lui. Come era tradizione di quelle terre, agli schiavi veniva negata la possibilità di parlare attraverso una dolorosa procedura che avveniva al compimento dei dodici anni, il ricamo del Silenzio. Essa poteva durare ore, a dipendenza del disegno del ricamo. Oltre alla greca che si formava grazie all'intreccio dei fili, veniva scritto il motivo della schiavitù. C'era chi era schiavo per nascita e quindi aveva cucito sulle labbra la parola "nato", chi invece veniva preso in guerra come prigioniero recava la parola "sconfitto". Ogni ricamo era diverso ma quello del ragazzo era interessante:  di tre colori, giallo, nero e bianco, che rappresentavano i colori del Regno delle Sabbie. Ma la particolarità più evidente di quello schiavo era il motivo della sua condizione: la parola "pegno" cucita stretta tra l'intricato ricamo risaltava grazie al colore rosso del filo. Luscar aveva notato che in tutto il castello lui era l'unico schiavo con quella parola. Cosa bizzarra. Ma più bizzarro era il fatto che stava a guardare la parola cucita sulla bocca di un povero ragazzo, mutilato in tenera età al fine esclusivo di renderlo silenzioso e obbediente.
-... Chiama i miei consiglieri, ho bisogno del loro parere riguardo a una faccenda complicata. -
Lo schiavo si inchinò e uscì dalla stanza.
I demoni del passato tornarono a fargli visita... I ricordi lo opprimevano sotto il loro peso, la mente annebbiata dal vino non fu un ostacolo difficile per quei fantasmi così forti...

"Dopo il suono del ghiaccio, che si spaccava sotto il suo peso, venne quello dell'acqua, che assorbita dai suoi vestiti li rendeva sempre più pesanti.
L'acqua gelida bruciava la sua pelle come fuoco ardente e lentamente si lasciava andare verso il fondo, verso il baratro, verso l'oscurità lasciandosi alle spalle la luce...
Più l'acqua riempiva i suoi polmoni, più sua madre si avvicinava a lui...
La vedeva. Gli sorrideva e salutava dal fondo di quel Mare glaciale, lo incitava ad andare con lei, raccontandogli quanto fosse bello non provare più dolore.
Prima che chiudesse gli occhi, la sagoma di un enorme pesce gli passò davanti, ma il freddo era troppo opprimente, il petto non rispondeva più, i polmoni non funzionavano e il cuore stava perdendo la sua battaglia.
Chiuse gli occhi e si lasciò morire."

-Svegliati. Mio giovane uomo, non è ancora arrivata la tua ora... Le sperdute Lande sono ancora lontane per te.-
Aprì gli occhi e cominciò a tossire, sputando acqua salmastra ovunque. La vista appannata non gli permetteva di vedere in modo nitido il suo salvatore o la sua salvatrice. Si sfregò gli occhi con il dorso delle mani e cominciò a vedere meglio.
Si girò verso la buca nel ghiaccio. Una creatura era sdraiata sull'orlo del buco e lo fissava con i suoi occhi completamente neri. Aveva una lunga coda di pesce al posto delle gambe, piena di scaglie verdastre che rimandavano riflessi argentei. Il petto prosperoso e il ventre piatto come quelli di una donna, il viso ovale di un colorito pallido incorniciato da capelli che non erano capelli ma tentacoli viscidi pieni di ventose. Le labbra erano la cosa più bella: carnose, seducenti, morbide alla vista che chiedevano di essere baciate ma che allo stesso tempo racchiudevano, dietro di loro, denti affilati come coltelli.
- C-Chi sei?- balbettava dal freddo e dalla paura.
- Sono Yrjn, figlia del Dio dei mari Khrøm e custode di questo oceano.-
- C-Cosa sei?-
- Tu stesso vedi cosa sono, giovane uomo. Sono una creatura di cui si canta nelle canzoni più romantiche e tragiche; io e le mie sorelle portiamo con noi i marinai e gli uomini morti in mare e li teniamo a vivere con noi negli abissi marini.-
- Una Šjiren...-
Yrjn sorrise annuendo.
- Perché non mi hai trascinato con te nelle profondità marine? Perché non mi hai aiutato a superare la sofferenza e a dimenticare i miei dolorosi trascorsi con un soffice bacio?-
La risata divina della sirena ruppe il silenzio della landa glaciale, facendogli dono di una delle più belle melodie ascoltate.
- Tu hai un grande destino, Luscar. Le sperdute Lande sono ancora troppo lontane per te, non è ancora venuta la tua ora. Noi lo sappiamo. Ora vai. Il tuo cammino è appena cominciato, trova il tuo cavallo e vai verso il regno delle Sabbie. Lì avverrà il tuo destino.-
Così dicendo, la Šjiren si immerse e con due colpi di coda si inoltrò nelle profondità ghiacciate di quelle acque.
Luscar non aveva la minima idea di dove potesse trovarsi il Regno delle Sabbie visto che nella sua terra natia Velveros non esisteva nessun regno con quel nome e per un attimo il pensiero di casa gli offuscò la mente, la felicità di quel giorno faceva più male del tragico resoconto che il destino gli aveva presentato. Orfano, senza fissa dimora, si aggirò cercando il suo cavallo, trovandolo poco dopo morto divorato dai lupi. Avevano lasciato solo ossa e della carcassa rimaneva ben poco. La fame lo costrinse a nutrirsi dei resti, i lupi prima guardarono la preda diventare predatore e poi si dileguarono nella bufera glaciale."
Pensava a quanto la vita fosse leggera quando il peso dei ricordi non abbattevano la sua memoria, riducendo la sua vita a una misera sopravvivenza. Viveva spensierato e felice, pensando di essere solo un orfano qualunque, ma i ricordi che aveva riavuto in dono erano gravosi massi sul suo cuore.

La porta che si aprì sbattendo lo riportò alla realtà.  Il Consiglio di Rubino si riunì davanti al proprio sovrano per discutere dei problemi del regno. Il Primo Consigliere Cxan, che sedeva alla destra del sovrano e appartenente alla tribù dei Yhorj, rappresentava la minoranza del popolo che viveva al di fuori della Fortezza di Rena. Le loro origini erano ben radicate nel Regno delle Sabbie; si diceva che fossero il popolo nativo di quelle terre. Alla sinistra di Luscar sedeva invece il Secondo Consigliere Brenon, che sembrava annoiato da quell'improvvisa chiamata. Era il più vecchio seduto a quel tavolo e si poteva notare il sonno represso sul suo volto; si grattò il mento con la mano scintillante piena di anelli, il loro riflesso lanciava piccole strisce d'arcobaleno sul soffitto. Gli appariscenti gioielli alle dita e le pesanti collane lasciavano trapelare l'appartenenza dell'anziano alla classe degli schiavisti e dei liberi commercianti.
- Membri del Consiglio, ditemi, ci sono problemi che affliggono il regno?.-
I due uomini si scambiarono sguardi confusi.
- Maestà, - disse Cxan, prendendo come sempre parola, prima del suo collega sonnecchiante - il Regno prospera felice, i popoli sono in pace e armonia. II Secondo Consigliere mi ha appena riferito che la ricchezza della nostra amata terra cresce senza sosta. Il mercato di schiavi continua a dare frutti, nonostante le incursioni delle Guardie Reali alle carovane siano diventate più frequenti. Inoltre il popolo racconta di continue sparizioni, soprattutto donne in giovane età che non tornano a casa e non vengono più trovate.-
Luscar guardò l'uomo, lo sguardo cupo, la sua mente non riusciva a capire come avesse potuto tenersi per sé quelle notizie.
- Sentiamo, da quanto sareste a conoscenza di tali eventi? Vi ho convocato per annunciarvi la fine della tregua dato che i Cinque Regni andranno in guerra dopo più di un secolo. Saremo protagonisti dell'ennesima fine di Turrmund, e voi venite solo ora a riferirmi tutto ciò?! - urlò il sovrano in preda a uno scoppio d'ira.
Cxan alzò subito le mani sopra il tavolo, era ormai abituato a questi siparietti che avevano del tragicomico. Il predecessore di Luscar, Re Djok, faceva ruotare le sedie del Consiglio fuori dalle vetrate della Fortezza di Rena, ogni qualvolta gli si portasse una notizia spiacevole.
Nonostante fosse suo cugino, aveva preferito l'orfano dal passato ignoto e lo aveva messo sul trono, invece del suo stesso sangue.
- Sire, ne sono venuto al corrente poco prima di essere convocato qui al vostro cospetto; le voci del popolo devono essere verificate per prendere eventuali precauzioni...-
- Con le vostre ragioni e fesserie mi pulisco il deretano. Dovevate riferire a me, prima di indagare sulla questione. Un Re deve conoscere cosa accade nel suo Regno! E i suoi consiglieri sarebbero obbligati, in teoria, a riferire subito al re qualsiasi voce o notizia! Tu stai ricoprendo un ruolo che non è tuo Primo Consigliere, limitati alla tua posizione o sarà la tua ultima Luna alla Fortezza.-
I due Consiglieri si scambiarono sguardi di sconforto, il digrignare dei denti di Cxan lasciava intendere il profondo astio che correva tra lui e il Re delle Sabbie.
Appartenente alla tribù dei Kujh da parte di madre e cugino del precedente Re Djok da parte di padre, Cxan era stato ritenuto, fino all'arrivo di Luscar, l'erede per diritto di nascita, dato che in lui scorreva il vero sangue del popolo delle Sabbie. L'unico consanguineo maschio del Re ancora in vita al momento della sua dipartita era stato lui. Ma un orfano moccioso, senza ricordi della sua vita passata, arrivato alla Fortezza di Rena per pura fortuna, gli portò via tutto, sedendosi sul trono delle Sabbie al suo posto.
- Colpa mia, Maestà, - disse il Secondo Consigliere, tagliando il silenzio creatosi nella stanza - sono stato io a suggerire al Primo Consigliere di indagare sulle sparizioni delle fanciulle...-
Brenon continuò a ricamare la sua fandonia, dilettando il sovrano con paroloni, con l'unico scopo di evitare l'uscita di Cxan dal Consiglio.

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