Laura tirava su col naso e si asciugava le lacrime dagli occhi. È fragile come il cristallo, pensò Marco.
- Mi dispiace per come ti ha trattato Barbara, non credo volesse essere cattiva, cercava di stabilire un contatto con te.
Lei lo guardò sorpresa.
- Senti, abbiamo avuto un gran culo ad averti nel gruppo. Lasciamo che Barbi ci prepari il tè, se punzecchia la ignoriamo, ok? È fatta a modo suo.
Laura si sentì un po' meglio e fece un mezzo sorriso, iniziarono a discutere riguardo alla ricerca concentrandosi sui miglioramenti da fare. Le dita di lei scivolavano veloci sulla tastiera, i minuti passavano e il silenzio di quella casa rendeva il lavoro più facile. Rendeva il posto meno inquietante, anche. Sembrava che l'unica stanza realmente abitata fosse quella di Barbara. Il resto degli ambienti era perfettamente in ordine e tirato a lucido come uno stand di arredamenti.
- Marco...
La voce flebile proveniva dal corridoio.
I due compagni di classe si guardarono perplessi, un cenno di Marco e Laura distese il palmo della mano reprimendo l'imbarazzo di raccoglierlo. Lui ci salì sopra e si mossero con cautela verso la porta. Uscendo in corridoio videro Barbara seduta a terra, il viso appoggiato alle ginocchia che teneva strette. Alzò gli occhi per un attimo e distese il braccio - Mi dai Marco per favore? Aprì la mano e Laura lo depositò sopra, lei lo strinse in pugno portandolo a se.
- Forse è meglio se chiami qualcuno per tornare a casa, non me la sento di rimettermi alla guida per oggi.
- Cosa succede? Marco le sfiorò il viso preoccupato.
- Attacco di panico, disse lei con sguardo triste - Era da un bel po' che non mi capitava, ma prendo sempre gli ansiolitici.
Laura intrecciò le mani imbarazzata - Non preoccuparti, vado in autobus. Rientrò in camera e prese le sue cose, poi attraversò il corridoio con passo veloce, incerta su cosa dire.
- Laura, grazie di tutto, e scusa per prima.
Si girò prima di imboccare le scale, sinceramente colpita. - Io...non ti preoccupare, spero starai meglio. Si scambiarono un timido sorriso e un cenno di saluto.
Marco aspettò di sentire la porta chiudersi al piano sotto - Cioè, sai perfino scusarti? Non ci posso credere!
Lei se lo portò dritto davanti agli occhi - Sì, e tu sei scemo, perfino troppo!Barbara stava meglio, aveva fatto una doccia, guardato una serie tv sul divano, e ora si trovava in cucina a pensare alla cena.
- Hai avvertito i tuoi che stai a dormire da me?
Marco si alzò dalla scatoletta che gli faceva da sedia sul tavolo - Che cos?
Barbara sorrise - Non eri maggiorenne? Domani è domenica, e io non me la sento di passare il weekend da sola.
Compose il numero di casa e mise il telefonino in vivavoce sul tavolo. La madre di Marco era sorpresa, chi era questa Barbara? Martina ne sapeva qualcosa? Marco farfugliò di lasciar perdere Marti, dovevano studiare e Barbara non stava molto bene. Doveva restare. La telefonata si concluse con leggero imbarazzo, sotto lo sguardo compiaciuto di Barbi che girava attorno al tavolo preparando piatti e posate.
- Mi sa che ordino una pizza, ti preparerò dei pezzettini da mangiare direttamente dal bordo del mio piatto. Sembrerà di mangiare con uno scoiattolo, ma dovrò adattarmi.
- Sì padrona, mangiare briciole dal tuo piatto sarà un onore, disse Marco con sarcasmo.
- Padrona non mi sembra il termine adatto, al massimo puoi chiamarmi Regina, o Dea.
Marco la guardò con un misto di ilarità e timore - Non ti sembra di esagerare adesso?
- Per niente, anzi ti mostro una cosa che ho letto e mi è piaciuta molto.
Uscì dalla cucina e tornò con un libro sottobraccio, una raccolta di poesie di Baudelaire. Aprì il testo su un segnalibro e lesse ad alta voce:
"Al tempo in cui la natura nella sua possente energia,
concepiva ogni giorno figli prodigiosi, avrei voluto vivere accanto a una giovane gigantessa, come un gatto voluttuoso s'accuccia ai piedi d'una regina"
Alzò gli occhi dalla pagina e Marco si ritrovò sovrastato dal suo sguardo penetrante. Sentì le guance avvampare e la gola chiudersi.
Barbara notò il suo rossore e non le dispiacque per niente
- Non pensi che potrebbe parlare di noi? Anche se come gatto ti ci vedo poco, direi più un insetto.
Gli accarezzò i capelli con l'indice.
- Ma vai a cagare.
Marco si mise a braccia conserte, quel giochino gli stava confondendo le idee.
Squillò il citofono e Barbara andò a ritirare la pizza. Pochi secondi e riapparve con lo stesso sorriso malizioso, pronta a servire il pasto.
- Non è che ti stai allargando un po' troppo? Marco era ancora a braccia conserte e gambe incrociate sulla sua scatola.
- Non sono io che mi allargo, sei tu che ti sei ristretto. Rise.
Poi lo agguantò con la mano - Anzi. Visto che mi hai risposto male più volte, finché non ti scusi degnamente stai sotto il tavolo e non mangi.
Lo posò a terra e cominciò a tagliare la pizza - Mmh, sapessi che buona!
- Se se, tanto non ho fame.
In realtà aveva mangiato poco, e l'odore di quella pizza enorme era irresistibile. Mani in tasca e sguardo accigliato, fece un giro attorno ai piedi scalzi di Barbara. Le unghie smaltate di nero curatissime, come tutto il resto di lei. "Accucciato ai piedi di una regina", ma vaff...quel tizio si era fritto il cervello.
- Ok, scusa se ti ho mandato a cagare, però mi sa che Baudelaire si era fumato due campi di oppio quando ha scritto quella roba.
Barbara lo sbirciò dall'alto finendo di masticare un boccone - Non è così che te la puoi cavare, prova con qualcosa di più adatto alla tua statura, e alla mia.
Marco allargò le braccia - Cosa dovrei fare?
Lei addentò una fetta di pizza pensandoci su - Mmh tipo: Scusa mia Dea, e poi mi baci il piede?
- Ma tu sei fuori!
- Come vuoi, io intanto mangio questa meraviglia.
Marco si sedette a terra confuso. Da una parte il gioco era irritante, ma c'era qualcosa di strano che lo attraeva. In fondo Barbara fino a pochi giorni prima era una sconosciuta che aveva sognato, e forse sì, l'aveva idealizzata come una Dea.
Decise di alzarsi e si avvicinò al suo piede, salì lungo il dorso e ci si distese sopra, lo abbracciò. Era la parte più grande di lei che poteva abbracciare.
Barbara stava bevendo un sorso d'acqua ed ebbe un piccolo sussulto.
- Ti chiedo scusa, mia Dea.
Poi affondò la faccia nella pelle liscia e morbida e vi impresse un lungo bacio. Rialzò la testa, gli era piaciuto. Allargò le gambe e strinse ancora di più il collo del piede, lo baciò di nuovo.
Barbara sentì salire un brivido, piacevole e imbarazzante allo stesso tempo. Il bacio era un puntino sulla pelle che si allargava in una scossa su tutto il corpo e la mente. Si sentì davvero una Dea che avrebbe potuto schiacciare sotto i piedi quel piccolo adoratore, o accettare la sua totale e romantica sottomissione. Il suo abbandono e la piena fiducia in lei.
Chiuse gli occhi e sospirò lentamente.
Al terzo bacio l'imbarazzo salì più forte del piacere, doveva staccarlo da lì. Tagliò un quadratino di pizza, bevve un po' d'acqua sperando di spegnere le guance incendiate, poi scese con due dita a staccare quella piovra attaccata al piede.
Lo appoggiò sul tavolo evitando di parlare e guardarlo negli occhi, gli porse il quadratino di pizza con un ritaglio di tovagliolo e Marco si comportò allo stesso modo ringraziando a monosillabi. Il telecomando salvò entrambi dal silenzio, mangiarono fingendo profondo interesse per le previsioni del tempo.
STAI LEGGENDO
MicroBoy - Un amore all'altezza
RomanceMarco è amico di Martina, lei lo accompagna a scuola e lo aiuta negli spostamenti perchè Marco ha un problema: un rarissimo virus lo ha rimpicciolito all'altezza 15 centimetri. Marti è molto attaccata a lui, Marco invece è innamorato dell'inarriva...