3 - Stringimi forte

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Marco si ritrovò disteso gambe all'aria sul tavolo mentre la sua compagna di classe lo fissava con una smorfia. Aveva ancora l'erezione ben visibile sotto le mutande. L'imbarazzo era massimo e si accompagnava all'inquietudine. Non conosceva davvero Barbara, anzi la conosceva come un po' pericolosa, specie negli ultimi sviluppi.
Lei riportò l'attenzione al mucchietto di vestiti fradici - Provo ad asciugarli sul termosifone, disse - Ma devi darmi tutto.
- Che cos? Marco pensò di non aver capito bene.
- Non ho nessuna intenzione di guardare, ma devi lasciami tutti i vestiti! Lo incalzò. Aveva ripreso il suo fare freddo e se ne andò senza dire altro.
l'eccitazione era sparita lasciando spazio a un'estrema vulnerabilità. La camera era enorme e silenziosa, si sentì sperduto. Non voglio guardare aveva detto. Ok, ma come avrebbe dovuto coprirsi? Decise che era meglio non contrariarla, quindi sfilò le mutande e le mise nel mucchio. Rimase nudo come un bruco pensando in quale modo la situazione avrebbe potuto peggiorare ulteriormente.

La vide rientrare dopo qualche minuto e istintivamente mise le mani in mezzo alle gambe per coprirsi. A lei sfuggì per la prima volta un sorriso. Teneva qualcosa tra le mani, un guanto di lana con le dita mozze, lo posò sulla scrivania - Prova a vedere come ti sta. Raccolse il mucchietto di biancheria e lo portò con sé. Marco si avvicinò al guanto cercando di capire come indossarlo. Le dita mozze potevano fare da pantaloncini, infilò le gambe in due dei buchi e si trovò infagottato senza riuscire a proseguire oltre, ma almeno era coperto. Barbara si affacciò alla porta e guardandolo rise di nuovo - Ti aiuto, disse. Sollevò delicatamente le estremità del guanto e lo portò fino all'altezza delle ascelle.
- Ti sta proprio bene, se vuoi te lo regalo. Sorrisero insieme. Marco si riaccomodò sulla scatola di trucchi con quegli strani mutandoni ascellari.
Lei lo accarezzò sulla testa con la punta dell'indice
- Come sei buffo. Sorrise.
- Grazie, lo prendo come un complimento.
- Certo che è un complimento! Scese con l'indice al petto spingendolo indietro. Marco prese il dito fra le mani fingendo un po' di resistenza.
- Ok, sono buffo. Barbara appoggiò la testa su una mano e lo guardò compiaciuta.
- Sei arrabbiato con me?
- Ma figurati. Tentò di aggiungere qualcosa ma non era troppo convinto. Lo aveva innaffiato ed era stato sgradevole, ma restava così carina con quei lineamenti delicati e lo sguardo magnetico.
- Quello che è successo rimane tra noi, vero? Marco rispose con un sì convinto, ovvio.
- Martina è contenta se facciamo questo lavoro insieme?
Restò di stucco. - Non gliel'ho ancora detto, e non devo certo farle rapporto. Disse un po' seccato. Barbara rimase un attimo in silenzio e alzò un sopracciglio - Credo di non starle molto simpatica.
- Perché non ti conosce.
Lei sorrise di nuovo. - A te sembro simpatica? Mi sa che ti ho fatto penare oggi.
- Diciamo che non è stato sempre rilassante.
- Devo abituarmi, di solito i ragazzi sono più grandi di me. Rise.

Qualcuno stava salendo le scale, la vide mettersi in allerta, poi si ritrovò nel suo pugno trascinato lungo scrivania fino all'orlo. La porta si aprì e vide una giovane bionda piuttosto appariscente che poteva avere qualche anno più di loro. Fu trascinato in basso sotto la scrivania e si ritrovò stretto tra le gambe di Barbara.
- Cosa stai facendo? La voce squillante della bionda.
- Studio. E sarebbe il caso di bussare prima di entrare.
- Quanto sei permalosa. Volevo mostrarti le scarpe che mi ha appena comprato Bibi, non sono stupende?
Marco sentì la stretta aumentare.
- Potresti chiamare mio padre con un nome meno ridicolo?
- Nervosa oggi, ma che cos'hai lì?
Marco vide una mano arrivargli addosso come un treno spingendolo indietro fino a schiacciarlo sull'inguine. Poi la maglia si spostò a coprirlo.
- Niente, mi stavo sistemando e tu entri all'improvviso!
- Ti piacciono allora? Meglio se non ti dico quanto sono costate!
Le cosce si strinsero ancora, Marco era completamente schiacciato all'inguine. Iniziò ad avvertire il tepore umido e piacevole della pelle di lei sotto il tessuto. Gli girò un po' la testa, e si abbandonò a quella superfice calda a cui aderiva perfettamente sentendo salire una sorta di ebrezza.
- Stupende le scarpe. Ancora meglio se te ne vai insieme a loro.
Il duello verbale continuava.
- La solita viziata acida, uno di questi giorni ti insegno un po' di buone maniere.
Barbara non rispose, rimise a posto i fogli sul tavolo ignorandola. La bionda uscì con gran rumore di tacchi.
Ci fu un lungo silenzio. Le cosce smisero di stringere, le gambe si allargarono e due dita lo cercarono staccandolo da lì. Fu nuovamente sollevato e messo sul tavolo. Due occhi sgranati e un po' preoccupati lo fissavano.
- Ti...ti sei fatto male? Marco aveva un'espressione di stuporosa beatitudine stampata in faccia. - Credo proprio di no. Disse.
Barbara dribblò l'imbarazzo. - Direi che per oggi abbiamo fatto abbastanza. Si alzò dalla sedia.
- Chi era quella?
Lei si buttò sul letto dandogli le spalle.
- La ragazza di mio padre. Ci mancava lei, e ci mancavi pure tu. Sembrava piuttosto innervosita. Evitò altre domande e rimase a contemplarle la schiena. Il contatto avuto era andato decisamente oltre le sue più incredibili previsioni, Tutto stava prendendo una piega decisamente buona e poi paf! Va bene la stronza bionda, pensò, ma non ti ho chiesto io di farmi la doccia e stringermi tra le gambe. Gli salì la nostalgia di Marti, la buona Marti. Un po' lunatica anche lei, ma sempre in modo ragionevole.
Barbara sembrava essersi completamente scordata di lui, era passata in bagno a finire di asciugare i vestiti col phon e aveva deciso che fossero sufficientemente asciutti.
- Cambiati. Ho chiuso la porta a chiave, quando la cretina se ne va ti riporto a casa.
Detto questo si era nuovamente distesa dandogli le spalle e trafficando col telefonino. Marco sì levò il guanto di dosso, rimase un attimo fermo pensando a cosa fare se lei si fosse girata a guardarlo. Ma Barbara non si girò.

MicroBoy - Un amore all'altezzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora