Il pavimento della palestra vibrava sotto i tonfi degli esercizi di educazione fisica. Marco se ne stava seduto a terra visibilmente annoiato, sopra c'era Marika, l'unica quel giorno ad essere esonerata dall'attività. Non l'aveva nemmeno invitato a salire per fare due chiacchiere, ma in fondo non avevano molta confidenza e sembrava anche imbarazzata da quella vicinanza. Marti gliel'aveva consegnato e lei l'aveva deposto tra i piedi in tutta fretta come un pacchetto. Aveva i capelli castani raccolti in una coda e se ne stava stravaccata sulla sedia a giocare col cellulare, disturbata a volte dal rumore del pallone sbuffava e riprendeva a leggere i messaggi.
Anche Marti era fredda, alla fine non le aveva detto nulla, e lei si era ritrovata a fare la ricerca in coppia con una compagna che non le piaceva proprio. Era rimasta zitta per tutto il tragitto fino a scuola, niente premure verso di lui. Ne era quasi sollevato, a volte la trovava invadente. Quando guardava nella sua direzione lei ricambiava lo sguardo di striscio e si concentrava nuovamente sul gioco. Quanto a Barbara, sembrava che quel pomeriggio insieme non ci fosse mai stato.Il pavimento ora vibrava troppo, si alzò in piedi e prese a camminare nervosamente con le mani in tasca, guardò le caviglie immobili della compagna e si sentì ignorato da tutti. La giornata era partita male, il broncio di Marti, ma avrebbe dovuto dirle che cosa? Non era stato lui a proporre gli abbinamenti per la ricerca. Fece un giro attorno alle Vans nere e diede qualche calcetto alla suola di gomma mentre rifletteva. Marika alzò gli occhi, il piccoletto cominciava a infastidirla.
E poi c'era Barbara che nemmeno il broncio teneva. Bah, finì il giro e si accomodò a sedere sulla punta della scarpa pensieroso. Marti era presente in buona parte dei suoi ricordi. Avevano condiviso la prima sigaretta insieme, esplorato la fabbrica abbandonata in fondo alla strada facendosi inseguire dal custode. Poteva ancora sentire il dolore del ginocchio sbucciato saltando dal muro di cinta, e lei che si preoccupava di portarlo a disinfettarsi di nascosto dai genitori. Casa sua era talmente familiare che poteva scambiarla per la propria.
Sentì un colpo sotto il sedere. Marika aveva mosso la punta del piede. Decise di arrampicarsi lungo i lacci per sedersi più in alto, e infine si sdraiò usando la linguetta della scarpa come cuscino.
Guardò di nuovo Barbara. Era arrivata a inizio anno, aveva cambiato scuola e sembrava non legare con nessuno, girava con gente che faceva già l'università. In una classe tutta femminile era l'ultima arrivata, vista con sospetto. Certo non faceva niente per stemperare la tensione. Pure adesso, giocava a pallavolo con l'aria di chi sta concedendo un grande favore.
- Comodo?
- Non c'è male, disse guardando la faccia indispettita di Marika che lo fissava dall'alto.
- Vorrei ricordarti che non è un divano.
- Tranquilla, dopo pulisco e metto tutto a posto.
- Ci mancherebbe, se me le sporchi ti schiaccio.
- Ih, quanta violenza. Rilassati.
Pensò che a dimensioni normali Marika era un tappo. Carina, ma simpatica come la sabbia nelle mutande. L'avrebbe guardata dall'alto in basso con le sue scarpine e il viso da puffetta. Lasciò che tornasse col naso nel telefonino, quindi prese le stringhe bianche e cominciò a tirarle slacciandole. Tiè, un po' di dispetti alla principessa. Avvertì un movimento, poi la scarpa su cui era seduto si afflosciò. Cercò di rimettersi in piedi, ma inciampò e cadde all' indietro verso la punta della scarpa. Marika se l'era sfilata e il suo calzino bianco in un attimo gli fu sopra.
Sembrava un enorme materasso di cotone che scendeva a coprirgli le gambe e il petto. Tentò una breve resistenza con le braccia, poi si arrese al peso.
- Ecco. Te l'avevo detto che ti schiacciavo. Premette piano come fosse un piccolo peluche.
- Che bello, sei morbidissimo! Disse strofinandoci il piede sopra.
- Dai, toglimelo di dosso scema!
Marco riprovò a sollevarlo con le braccia.
- Aspetta, continua così. Massaggia un po' anche sotto le dita. Mmh che benessere.
Abbracciò la punta del piede e diede un morso al calzino senza riuscire a raggiungere la pelle sottostante, poi ci battè i pugni sopra visibilmente frustrato. Infine si lasciò spiaccicare. Lei alzò il piede guardando il piccolo rompiballe con un sorriso soddisfatto.
- Guarda che potevi farmi male sul serio! Disse Marco incazzoso rimettendosi piano a sedere e sistemandosi i vestiti.
- Ma figurati, mi hai solo massaggiato un po'. Sei bravo, dovresti farlo come lavoro.
Flettè la punta delle dita davanti alla sua faccia.
- Ma vai a cagare! Tra l'altro hai pure un odoraccio di gomma.
- Meno male che sono io quella permalosa. Rise.
Marco ne aveva abbastanza, si rimise in piedi e scese dalla scarpa rischiando di perdere l'equilibrio di nuovo.
- Dove vai adesso? Hanno detto che devo tenerti io.
- Col cazzo, vado proprio dove non ci sei te!
Puntò deciso l'ingresso palestra, ci voleva decisamente una boccata d'aria. Uscì camminando rasente al muro. Il cortile in cemento era deserto, un sacco di spazio per fare due passi e pensare. La mattinata sembrava infinita ed ebbe nostalgia di quattro calci a un pallone della giusta misura in un mondo della giusta misura. Non pieno di tipe grandi come montagne. Un paio di minuti di cammino e raggiunse la grondaia, girò l'angolo e si ritrovò lontano da qualsiasi sguardo. Si era rollato dei bei cannoni lì dietro, il brivido della trasgressione da ragazzini di qualche anno prima. I tempi in cui Veronica era sempre fornita e più simpatica. Ripensò agli ultimi tempi e decise che Marika e Veronica sarebbero finite nella lista Scherzi & Ritorsioni non appena ripristinata la normalità.
Un rumore dei passi spezzò il silenzio.
- Hai firmato il permesso di uscita? Un lampo di capelli ricci castani e occhi verdi.
- Tranquilla, la firma di tua madre è facilissima, te la falsifico io. Disse la mora più rilassata.
Marco le osservò un attimo, la riccia portava un felpa bianca e un paio di enormi Nike. La mora con la coda una maglia con due gatti glitterati, probabile produzione cinese. Visi freschi, giganti ma piccole. Di sicuro due primine.
Si addossò ancora di più al muro sperando che non lo notassero.
- Hai l'accendino? Non lo trovo più.
- Tranqui, però metti le siga che io ne ho poche.
Sembravano totalmente concentrate sui loro zaini e poco interessate a guardare per terra. Buon segno, l'angolo non era poi così distante, prese a camminare come niente fosse.
- Ecco, l'ho trovato!
Un'enorme scatolone cadde in terra.
- Uff, che impedita che sono stamattina.
Il pacchetto di sigarette era caduto poco distante da lui. Trattenne il fiato, la mora si era abbassata a raccoglierlo.
- Hai trovato l'accendino? Poi lo sguardo incrociò quello di Marco.
- Oddio, cos'è sta roba?
La riccia si allarmò.
- Quale roba?Intuì che sarebbe stato molto meglio farsi avanti.
- Hey, non sono una roba, sono Marco. Gesticolò ampiamente per far capire che non aveva otto zampe. Le due ragazze sgranarono gli occhi.
- Oddio è il ragazzo piccolo della scuola. Che figata, non l'avevo mai visto!
La riccia si accovacciò a guardarlo meglio.
- Ciao! Io sono Paola e lei è Ely.
- Mh ok, ciao Paola, ciao Ely. Io devo tornare in palestra, ci si vede eh!
Fece per andarsene ma Ely la mora gli si parò davanti.
- Aspetta, fatti vedere che siamo curiose.
Le due ragazze si sedettero a terra circondandolo.
- Che carino, ma quanto eri alto da normale? Chiese Paola.
- Ero un metro e ottanta.
La voce quasi gli si incrinò. Le ragazze si guardarono, Ely accese una sigaretta.
- Possiamo toccarti?
Chiese.
- Hm, in che senso?
Risero con un po' di imbarazzo. Primine, pensò Marco.
- Ma hai tutti i vestiti su misura, posso vedere?
Paola toccò la maglia con due dita.
- Sì, vai piano però.
- Non hai paura ad andare in giro da solo?
- Sto attento, più che altro le distanze diventano impegnative.
Ely sedeva a gambe incrociate davanti a lui, Paola da dietro continuava a sfiorare i vestiti.
- Ti possiamo portare noi, sorrise Ely.
- Ok, un passaggio dopo ci sta.
Paola continuava a sfiorargli i vestiti, finché sentì il suo polpastrello spingere sul sedere. Sì girò verso di lei
- Oddio scusa! Rise imbarazzata.
Un'altra spinta al sedere, in questo caso sembrava volontaria, di Ely. Le piccolette prendevano coraggio. Un po' troppo.
- Sei fidanzato?
- Nah, sono in pausa di riflessione.
- Capisco, anche noi. Disse la riccia soffiando il fumo con aria vissuta.
- Ma come faresti adesso con una ragazza? Chiese Ely a bruciapelo, tanto che Paola trattenne la risata.
- Grazie per la domanda, se ne hai una di riserva è anche meglio.
- Va bene sto zitta. Posso prenderti?
Ely aveva già avvolto la mano attorno a lui e la domanda suonò superflua. - Occhio a non stringere troppo.
- Così va bene?
- Diciamo di sì. Rispose Marco trovandosi ancora una volta stretto in una mano estranea. Paola rise mentre Ely lo sollevò in aria e lo porto vicino al suo viso, i suoi grandi occhi scuri lo fissarono brillando. Piccola ma carina, pensò Marco. Poi gli arrivò una zaffata di alito alcolico, lei se ne accorse.
- Abbiamo una bottiglia con vodka e succo di frutta, ma non saprei come offrire.
- Tranquilla, come accettato. Potresti tenermi sulla mano aperta che comincio a sentirmi stretto?
- Uh sì, ecco. Lo depositò sul palmo dell'altra mano e continuò a osservarlo.
- Raga, mi cagate che comincio a sentirmi esclusa? Disse Paola da dietro.
- Piccola, si sente esclusa. Vuoi dargli un bacio? Marco si ritrovò letteralmente sotto il naso di Paola e di fronte alle sue labbra, che arricciò tirandosi indietro.
- Ma non così, dai!
- Okay ragazze, direi che è ora di andare.
- No scusa, non lo faccio più.
Ely istintivamente stava chiudendo di nuovo la mano su di lui.
- Marco?
La voce di Marika. Era spuntata da dietro e osservava la scena tra il seccato e il sorpreso.
- Sta finendo l'ora, e poi le sento io perché ti sei perso. Comunque ha detto Martina che non può accompagnarti oggi. Devi chiamare a casa.
Marco sentì un peso allo stomaco, non se l'aspettava. Poi il dettaglio di chiamare a casa, Marti conosceva benissimo il suo numero e i suoi genitori. Come cavolo avrebbe potuto chiamarli lui se non mendicando una telefonata a Marika o in segreteria?
Marika guardò meglio le due ragazze.
- E te la fai con queste? Ma come stai messo?
- Ma cosa vuoi? Ely la guardò con rabbia e strinse le dita su Marco, che ancora faceva fatica a smaltire il peso della novità.
- Tranqui Ely, disse. - Puoi fare una telefonata per me? - Certo che sì. Rispose lei.
- Bene, allora Marika ci vediamo domani. Io sto con loro.
Lei sgranò gli occhi e alzò le spalle. - Contento tu, disse. Ancora con aria meravigliata girò l'angolo e se ne andò.
Ely aveva gli occhi luminosissimi. - Dove abiti? Marco glielo spiegò.
- E' vicino, ti porto a casa io!
- Perfetto, grazie! Disse Marco. Gli stava risolvendo un bel problema, visto che entrambi i genitori erano via tutto il giorno. Paola fece bonariamente finta di nulla, si avviarono verso un'uscita secondaria della scuola e li salutò per andare verso l'autobus. Ely prese una scorciatoia pedonale tra i campi, non c'era nessuno e lo teneva con entrambe le mani parlandogli. Si ritrovò disteso nel suo palmo con i pollici che giocavano su di lui sfiorandolo ripetutamente. Decise di non lamentarsi, in fondo era gentile e il passaggio molto comodo. Sembrava di stare su un'amaca con un pollice che ogni tanto scendeva sul petto o lungo le gambe, ci poteva stare. Si rilassò e rispose pazientemente alle sue domande. Poi notò che stava uscendo dal sentiero dirigendosi verso i cespugli.
- Dove stiamo andando? Chiese.
- Ho voglia di finire quel succo con la vodka. Si sedette dietro un albero e lo posò a terra, poi armeggiò con lo zaino e tirò fuori la bottiglia di alluminio bevendo un lungo sorso.
- Non credo sia una buona idea.
- Secondo me sì. Rise.
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MicroBoy - Un amore all'altezza
RomanceMarco è amico di Martina, lei lo accompagna a scuola e lo aiuta negli spostamenti perchè Marco ha un problema: un rarissimo virus lo ha rimpicciolito all'altezza 15 centimetri. Marti è molto attaccata a lui, Marco invece è innamorato dell'inarriva...