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Le lezioni erano cominciate: il castello era spettatore di orde di studenti che riempivano i corridoi alla ricerca della propria aula, il clima era festoso e sereno, ovunque, tranne in un posto.
I sotterranei.
Severus Piton si muoveva avanti indietro nella sua stanza, sventolando l'ultima copia della Gazzetta del Profeta con aria decisamente incazzata.
"Smettila Sev, dai, è solo spazzatura, cosa vuoi che sia?" una voce femminile ed elegante spezzò l'aria.
"Cosa vuoi che sia? Ci hanno fotografati Cissy, scrivendo che siamo una coppia! Dopo tutti gli articoli con la mia faccia che hanno scritto in questi mesi, anche adesso? Sono esausto."
"Lo so, ma non ti devi agitare così. Sono solo fandonie, e tu hai bisogno di riposo."
"Oh grazie per avermelo ricordato anche tu. Tutti mi dicono che devo riposarmi e praticamente non ho ancora fatto nulla!"
"Severus, fermati. Smettila di camminare come un pazzo avanti e indietro. Tra venti minuti hai lezione e devi andare in aula. Vedrai che tra una settimana questa notizia sarà già finita nel dimenticatoio. Non se ne preoccuperanno più."
"Si certo, come no. Prima mangiamorte, poi spia, poi ancora eroe del mondo magico. E adesso? L'inscopabile Severus Piton a braccetto di una donna! Non si era mai visto, no?" sputò furibondo il mago.
"Severus, basta, ti prego." Disse con voce amorevole Narcissa.

Piton si fermò a guardare la sua amica: dopo la morte di Lucius, si erano legati molto e avevano confortato Draco; il rapporto con Narcissa Malfoy era diventato speciale, lei gli aveva presentato la sua nuova fiamma, e lui aveva lasciato che lei si comportasse come un'amica dandogli consigli sugli abiti, facendolo sfogare e sbronzandosi insieme. Si incontravano per cena, frequentavano la Londra babbana e andavano al cinema. Si erano semplicemente aiutati a vicenda a curare le ferite.
"Grazie Narcissa, cercherò di soprassedere. Adesso va, ti ho già annoiato troppo con queste paranoie da crisi di mezza età." Disse Piton tornando pacato.
Narcissa si alzò, in tutto il suo elegante portamento, e lo baciò dolcemente su una guancia.
"Ti aspettiamo a cena lunedì prossimo, non mancare."
Il suo profumo rimase per un attimo nella stanza, finché una voce quasi arzilla ridacchiò dal ritratto "Se non avesse una fidanzata bellissima, patteggerei per lei!" grugnì Silente.
"Zitto Albus, avrei dovuto toglierlo il tuo ritratto dai sotterranei!"
Così dicendo, Piton si mosse velocemente in direzione dell'aula, pronto per iniziare la sua lezione e appena aprì la porta, si trovò davanti già tutta la classe rispettosamente seduta ai propri posti.
Erano tutti studenti dell'ultimo anno, immobili davanti ai loro volumi, ammutoliti dalla figura che si era stagliata improvvisamente davanti a loro.
Forse Severus era stato anticipato dalla sua nomea, dal suo ruolo durante la guerra, ma poco importava adesso: la guerra era finita e lui era un semplice insegnate, nulla di più.

Passò tra i banchi, finché non raggiunse la sua cattedra.
Hermione vide sfilare la sua figura e per la prima volta ne colse l'odore: sandalo, tabacco.
Chiuse gli occhi e per un attimo vide la figura di Piton a terra, alla rimessa per le barche, il sangue sgorgare dalla ferita al collo, i suoi occhi pieni di lacrime.
Hermione perse la cognizione del tempo e dello spazio, tutto intorno a lei aveva il sentore di sangue e morte, sentiva esattamente ciò che aveva provato a maggio, nel vedere un uomo morire davanti ai suoi occhi. Quel luogo buio era colmo dell'odore di Piton, il profumo delle sue vesti si mescolava con il putrido odore del sangue e di quella bestia che aveva attaccato senza indugio.
Di colpo aprì gli occhi e si ritrovò nell'aula di difesa contro le arti oscure, il silenzio intorno a lei, il profumo che ancora le stuzzicava le narici, tutti gli occhi però erano rivolti al suo banco.
Anche Piton la guardava.
Cosa era successo?
"Signorina Granger, quindi, non sa rispondere?" tuonò perentorio Piton.
"Io... io..." gli occhi le si riempirono di lacrime, pronte a rigarle inesorabilmente il volto.
"Le ripeterò la domanda, un'ultima volta, da cosa deriva il termine Negromanzia?" Il volto dell'uomo si era leggermente ammorbidito e il fatto che le avesse ripetuto la domanda stupì l'intera classe.
Hermione si schiarì la voce, non passarono inosservati i due respiri che fece tenendo gli occhi chiusi prima di iniziare a parlare:
"La parola Negromanzia, o Necromanzia, deriva dal greco Nekròs (morto) e mantéia (divinazione) e consiste l'evocazione di un defunto per scopi divinatori."
"Ottimo, dieci punti a Grifondoro, grazie signorina Granger."
Non era mai successo nella storia di Hogwarts, ed Hermione pensò subito che dovesse essere messo agli atti che Severus Piton aveva volontariamente dato punti alla sua casa.
Come era possibile?
Dall'altra parte della cattedra però Severus non si era perso nemmeno un momento di ciò che era accaduto alla sua studentessa: aveva visto i suoi occhi muoversi velocemente, il ritmo del respiro aumentare, il petto scuotersi in movimenti innaturali.
Lo sapeva, perché anche a lui succedeva, le crisi di panico, i momenti di sconforto erano ancora presenti nella sua vita, nonostante lui si facesse aiutare da un magipsicologo. Non aveva senso infierire deliberatamente in un momento di difficoltà di una sua allieva, anche se questa era la so-tutto-io Granger.
Lui l'aveva vista cambiata, non era più una piccola studentessa, ma una donna che aveva superato e combattuto una guerra, che aveva sacrificato la sua istruzione per cercare di distruggere gli Horcrux.
Lui apprezzava il suo coraggio, e ammetteva a sé stesso che era diventata veramente bellissima.
Non appena l'ora si concluse, Piton richiamò Hermione.
"Granger, una parola."
La giovane strega si avvicinò al tavolo dell'insegnante senza aprire bocca.
"Se dovesse ricapitare, potrebbe annusare questa pozione – l'uomo le passò una boccetta contenente un liquido violaceo – l'essenza di questo fiore aiuta a calmare i nervi. Può metterla in un fazzoletto, o inspirare direttamente da lì, l'aiuterà a calmarsi."
Hermione non sapeva cosa dire, guardava quell'uomo davanti a lei senza sapere come aveva fatto a capire cosa succedesse nella sua testa.
"Come..." ma il resto della frase le morì in gola.
"Non è la sola Granger. Ora, se non le dispiace, sta arrivando il primo anno, e Merlino mi salvi da questo supplizio".
Hermione sorrise "grazie signore, io.. davvero, grazie" e scappò di corsa fuori dall'aula.

Camminando verso l'aula di pozioni non riusciva a credere a ciò che era appena successo. Non solo Piton le aveva dato dei punti, ma l'aveva capita e le aveva dato una pozione per calmarsi; quindi, anche lui stava vivendo o aveva vissuto un'esperienza simile?
Quanti maghi e quante streghe rivivevano le atrocità della guerra?
Loro avevano visto i morti in battaglia, loro avevano ancora le mani sporche di sangue.
Forse, finalmente, si disse Hermione sedendosi nell'aula del Professor Lumacorno, aveva trovato qualcuno disposto ad aiutarla.

***

La sera arrivò veloce ed Hermione si chiuse in camera per scrivere ai suoi amici; pensava ancora a ciò che era successo quella mattina, a Piton che le aveva dimostrato gentilezza e a come, nel corso della giornata, annusare quella pozione l'avesse aiutata a calmarsi in un baleno.
Scrisse una lunga lettera ad Harry, raccontandogli il primo giorno e soffermandosi sul fatto che senza di lui il castello non era più lo stesso. Alla fine della lettera aggiunse una frase sul fatto che Piton avesse dato dei punti alla loro casa. Lui e Ron avrebbero sicuramente pensato ad uno scherzo.
Chiuse la lettera e chiamo il suo gufo.
Quella sera era impegnata nelle ronde: i ragazzi del primo anno non avevano paura a muoversi nei corridoi, e i quelli più grandi amavano incontrarsi al buio per fare le loro esperienze.

Mentre vagava tra gli anfratti del castello, Hermione pregava di non trovare nessuno in atteggiamenti poco casti, non avrebbe saputo cosa fare, cosa dire. Si sentiva così impreparata sul sesso, aveva letto migliaia di libri per imparare a fare qualsiasi cosa, anzi, tutto ciò che lei sapeva fare lo aveva proprio imparato così. Quindi? Come poteva fare? Andare da madama Prince e chiederle un libro su come scopare? Su come dare piacere ad un'altra persona?
Sarebbe sembrata patetica a chiederlo a Ginny?
Decisamente.
In preda a quei pensieri delirante, Hermione svoltò l'angolo. Arrivò nel corridoio del terzo piano e subito un leggero vociare le arrivò all'orecchio. Lentamente lo seguì per ritrovarsi immersa nel buio di un'ala poco illuminata; con un incantesimo non verbale si fece luce davanti a lei e scoprì due studenti di Corvonero baciarsi appassionatamente.
Quando si trovarono illuminati da una bacchetta i due malcapitati si staccarono, mostrandosi quasi svestiti dai fianchi in giù: li riconobbe subito, Henry Kref del quarto e Lucy Fills del terzo.
Ma non appena i due guardarono nella direzione di Hermione, sbiancarono. Non pensava assolutamente di spaventare così dei suoi compagni, ma continuò a puntare la bacchetta nella loro direzione.
Solo dopo qualche istante, quell'odore così familiare la colpì: non era l'unica spettatrice di quella scena.
"Granger, vedo che non sono l'unico a fare la ronda stasera, ebbene, non poteva essere più appropriato. Voi due, vestitevi, cinquanta punti verranno tolti alla vostra casa... ad ognuno di voi. Forza, tornate nei vostri dormitori!"
In un attimo i due scomparvero nel buio del corridoio, quasi sull'orlo delle lacrime.
Hermione era decisamente imbarazzata e si guardava le punte delle scarpe cercando in tutti i modi di non mostrare il colore delle sue guance.
"Signorina Granger, non si scandalizzi. Molti dei suoi compagni cercano intimità in questi corridoi, mi stupisce che lei non ne sia al corrente."
"Oh, no.. io.." disse la ragazza con un filo di voce, incapace di articolare una frase decente.
"Non si preoccupi, nonostante io continui a beccarli, tornano ogni notte. Mi pare di capire che non ci sia alcun pericolo di trovare lei."
Così dicendo Piton girò i tacchi e con fare teatrale sparì nel buio, lasciando Hermione imbambolata.
Era successo: Hermione Jane Granger aveva appena fatto la figura della ragazzina inesperta e imbarazzata davanti al suo professore.
Poteva essere un bene? Era la verità, lei non sapeva niente di tutto questo. Un'ondata di vergogna la sommerse, giusto in tempo per sedersi sul muretto che aveva accolto i gemiti di due giovani innamorati poco prima.
Era solo sesso, perché doveva viverlo così male? Eppure, le piaceva così tanto godere tra le lenzuola del suo letto, oppure nella doccia, o sul divano di casa sua, in cucina e addirittura sul pavimento!
Si era toccata innumerevoli volte, sentiva dentro di sé un fuoco che non era in grado di spegnere, e avrebbe voluto bruciarsi tra le braccia di qualcuno, urlare di piacere e far uscire tutto il suo lato più spinto.
Ma rimaneva ferma, immobile e imbarazzata appena qualcosa o qualcuno parlava di sesso.
Doveva fare qualcosa, doveva assolutamente fare qualcosa.

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