Prologo

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Stava immobile, a poca distanza da lei. Fermo come una statua di cera. Sembrava inanimato, un tronco di pelle pallida. Riusciva a concentrarsi solo sui suoi occhi, le altre caratteristiche del suo aspetto erano indefinite.

Le si avvicinò calmo e la accarezzò come fosse qualcosa di indifeso. Le dita fredde, il tocco appena accennato sulle guance già umide di lacrime.

Sapeva perché fossero lì. La consapevolezza che lo avrebbe perso era qualcosa che le squarciava il cuore.

«In qualche modo mi importa di te» disse. «Lo sai, vero?»

Aileen annuì, osservandolo.

«Sai di essere l'unica a suscitarmi questo. Ma siamo venuti qui perché abbiamo una cosa da fare. Non possiamo tirarci indietro» la sua voce razionale abitò l'aria e fu melodia.

Si specchiò nei suoi occhi blu; il volto provato le si illuminò. Succedeva sempre, quando era vicino a lui. «Lo so», disse poi. «Sono contenta di averti conosciuto» la voce le si incrinò, dondolò incerta sulle corde vocali.

«Anche io. Ecco perché sto facendo questo» sussurrò lui. «È la cosa migliore.»

Lo sapeva che era la cosa migliore – lo sapeva che aveva ragione, dopo quello che era successo. Lei avrebbe sofferto troppo la sua mancanza. Non potevano rimanere divisi, non poteva andare avanti sapendo di essere di nuovo costretta a nascondersi, a fingere.

Lui si sfilò qualcosa dalla tasca dei pantaloni; Aileen riuscì a vedere distintamente la canna scura della pistola che le stava puntando alla fronte. Rabbrividì solo un attimo, poi tornò in sé. Si sentiva talmente fragile nel suo corpo che la reggeva a stento, con il freddo che le lambiva la pelle candida. Lui aveva guidato tanto, quella mattina. Si era infilata nella macchina senza fare domande – perché era tutto programmato, si erano organizzati. Avevano premeditato ogni cosa, e adesso erano in quel bosco di aceri a tre ore da dov'erano partiti.

Dove nessuno sarebbe venuto a cercarli.

Le ciglia di Aileen sfarfallarono – per il vento, per la paura, non riusciva davvero a capirlo.

Ma in fondo, la paura la provava veramente? Sembrava un'emozione che andava a intermittenza, adesso, come se lei stessa fosse oscillante fra la condizione umana e quella di una cosa fatta di niente.

«Tu non lo farai mai da sola. Non potresti.»

Scosse la testa. «No. Hai ragione» rispose solo. Aveva causato troppa sofferenza. Doveva andarsene, e doveva lasciare a lui il compito.

Per la prima volta vide una lacrima attraversare il suo volto. In un modo del tutto inaspettato la abbracciò, stringendola forte e posandole un bacio sul collo. «Ti sto facendo un favore. Lo sai» le disse con amore, e lei iniziò a piangere, stringendolo di rimando.

Quelle lacrime erano come fuoco sulla sua pelle, come coltelli che la aggredivano. Non le lasciavano scampo. La smembravano e non poteva fare nulla per fermarli.

Anche lui piangeva. Stava piangendo per lei, stava piangendo perché non l'avrebbe più vista – perché lui mi ama mi ama davvero sì.

Ed era così bello che veramente voleva essere come lui.

Aileen chiuse gli occhi, ascoltando il rumore scricchiolante del suo pollice che premeva sul grilletto.

«Prometto che non ti farà male.»


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Mi affaccio timidamente a Wattpad con questa storia. Ciao a tutti!

Allora, dopo aver fatto un'iscrizione tanto per nel lontano 2014, ho iniziato ad essere attiva come lettrice solo nel 2020 (assurdo, vero?), ma non ho mai pubblicato nulla. Un po' per mancanza di ispirazione, un po' per mancanza di tempo. Oggi, invece, ho deciso di mettermi alla prova con questa storia a cui lavoro da un po'. In sé la trama è lineare, da tipico thriller ecco. Diciamo che, però, lo scopo di questa storia non è quello di essere l'idea del secolo, quanto piuttosto di far sentire al lettore ogni cosa

Questa storia, in poche parole, è stata creata per instillare ansia nel lettore.

Se volete proseguire, benvenuti! Ogni critica è sempre ben accetta :) 

Vi mando tanti cioccolatini anche solo per aver visualizzato,

Sara 

Il lato crudeleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora