Capitolo 25

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Il silenzio la avvolgeva.

Doveva spezzarlo in qualche modo.

Doveva sapere, anche se aveva già deciso che avrebbe relegato quel caso in una stanza della sua mente che sarebbe rimasta chiusa a chiave.

«Come sarebbe a dire se le era fatte da sola?» il cuore di Hester batteva troppo veloce, se lo sentiva rimbombare nelle orecchie.

Una domanda che uscì spontanea dalle sue labbra prima ancora che la potesse davvero fermare. La sete di informazioni cresceva col passare degli istanti.

«Aileen aveva forti istinti masochisti, e tutta la sua storia clinica lo confermava. In terapia raccontava di un certo Konrad, di cui però non ha mai voluto dire il cognome. Sospetto che questo ragazzo neanche sia mai esistito, in realtà.»

Quell'ultima frase scagliò in Hester una confusione che la destabilizzò. Non aveva mai preso in considerazione quell'ipotesi; lei stessa era partita dal presupposto che Aileen le stesse raccontando la verità, a differenza di quanto faceva James.

«Come fa a saperlo?» controllò il tono della voce, che le era venuto fuori troppo ansioso. «Voglio dire», si riprese. «È stato verificato che non esiste nessun Konrad?»

La sua tutor sospirò.

«Konrad Schmidt era un paziente del padre di Aileen, questo sì. A seguito del ricovero ho parlato con i genitori, chiedendo loro se vi fossero stati episodi che potessero aver scatenato un trauma riconducibile a questo ragazzo.»

Silenzio.

«Aileen raccontava che si trovavano di notte, la sera, e che lui la costringeva a fare delle cose. Cose orribili, che avevano alterato la sua percezione della realtà. Non ha mai specificato in cosa consistessero, però.»

Hester sentiva la testa girare. Tutte quelle informazioni le si stavano scagliando addosso in modo doloroso. La facevano sentire inutile. Lavoro buttato, impressioni sbagliate. Una fotografia che era solo da stracciare e dimenticare.

«Nei suoi racconti è sempre stato tutto molto vago, ma immagino che con te non sia andata diversamente» asserì la Duncan.

«No, in effetti» disse Hester. Tornò con la mente ai fotogrammi delle sue sedute con Aileen. Al suo sguardo che andava ovunque, la sua postura appassita. Il modo in cui sembrava dire tutto senza specificare niente. «In particolare, durante una seduta, ha detto che Konrad faceva delle cose talmente gravi che a un certo punto è stato chiuso in carcere. Le ho chiesto il motivo, ma lei ha risposto che non poteva dirmelo.»

Pausa.

«Ho attribuito il suo atteggiamento alla paura che nutriva nei confronti di questo ragazzo» rifletté. «Non faceva che guardarsi intorno, mentre parlava di lui. È stato un gesto che ho notato subito; era come se temesse che, in un certo senso, fosse nascosto nella stanza ad ascoltarla. Non aveva senso, eppure sembrava percepire la sua presenza in modo tangibile

Riportò alla mente l'espressione di Aileen, i suoi occhi terrorizzati e appena velati di lacrime. Il modo in cui i suoi capelli apparivano disordinati. Tutto in lei suggeriva ansia – delirio, forse. La sua testa era tormentata da pensieri paranoici in cui il ragazzo che l'aveva segnata la perseguitava, anche se era in carcere.

Ma era davvero così che era andata?

Il mal di testa si fece più forte.

«In realtà faccio fatica ad accettare che tutta questa storia non sia che una costruzione mentale» riprese. «Il suo timore nei confronti di questa figura era così vivido. Non ho mai dubitato che stesse dicendo la verità

Il lato crudeleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora