Capitolo 11 - Quando il destino rimescola le carte

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Martin Brown passava la maggior parte del suo tempo al Red Lace Saloon, sia perché alloggiava in un appartamento del retrobottega, sia perché era il compositore ed esecutore della maggior parte dei brani che venivano suonati nel locale. Aveva una vita sregolata, faceva spesso abuso di whisky, ma non aveva mai allungato una mano sulle donne che lavoravano al bordello. Molte di loro avevano un'opinione contrastante su di lui. Aveva da tempo superato i settant'anni di età e i capelli grigi, quasi bianchi, corti come quelli di un prigioniero, contrastavano con la pelle nera dell'ex soldato del Settimo Cavalleggeri quale lui era stato. Strimpellava quel suo pianoforte tutto il giorno, spesso fino a notte inoltrata, per intrattenere gli ospiti e mantenere alto il morale dei presenti. Forse non era la persona migliore a cui chiedere aiuto, pensò Ben, ma era l'unica che sapesse leggere uno spartito musicale.

Cavalcare fino in città con il banjo a tracolla non fu affatto un problema per Ben, nonostante la sua età, ma appena giunto in città si rese conto che la sua entrata nel Red Lace Saloon non sarebbe di certo passata inosservata.

Dall'esterno il locale era ancora tranquillo e c'erano pochi uomini seduti a chiacchierare, qualcuno dei quali si girò a guardare Ben che, per nulla intimorito, salì i gradini fino all'ingresso.

L'interno era come Ben se l'era immaginato: largo, sporco, con una moltitudine di tavolini e ragazze che serpeggiavano di qua e di là.

In fondo alla sala, tra il bancone del bar e la scala che conduceva ai piani superiori, un pianoforte era poggiato contro il muro. Una curva figura dondolante vestita di grigio stava di spalle rispetto al resto del locale seduta su uno sgabello di legno mentre lasciava che le dita delle sue mani si muovessero da sole sulla lurida tastiera.

Ben attraversò il locale, consapevole che buona parte dei presenti aveva gli occhi posati su di lui. Non diede peso alla cosa e si fermò soltanto quando fu abbastanza vicino da farsi sentire dall'anziano musicista.

«Martin Brown», esclamò, «Avrei una cosa da chiedervi.»

La musica cessò e l'uomo rimase immobile.

Si voltò poi, accompagnando il gesto con una risata sommessa.

Martin squadrò il bambino da capo a piedi, prima di accorgersi del manico del banjo che spuntava da dietro una spalla.

«Che cosa vuoi, ragazzo?»

«Ho comprato questo banjo», disse Ben afferrando lo strumento e togliendo la tracolla, «Ho bisogno che mi insegnate a suonarlo».

Martin rimase fermo per qualche secondo, prima di sbottare in una grassa risata.

Molti dei presenti risero insieme a lui.

«E perché proprio io?»

Ben alzò le spalle, «Siete l'unico in grado di farlo.»

«Ehi, Martin!», esclamò un cow boy seduto ad un tavolo, «Perché non lasci perdere il ragazzino e non ci suoni The girl I left behind me

Martin gli lanciò uno sguardo severo, «Chiudi il becco, Jedediah. Il ragazzino ha ragione.»

Volse poi a Ben un sorriso allegro, mostrando quel che restava della sua dentatura.

Si alzò e si passò le mani sulla camicia asciugandosele dal sudore.

«Vieni», disse poi, raggiungendo una porta ai piedi della scala.

«Dove sta andando, Martin?» esclamarono un paio di uomini, ma né Martin né Ben ci fecero caso.

Entrarono in un angusto corridoio di legno, poco illuminato, con una pavimentazione di assi cigolanti e un forte odore di alcool.

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