CAPITOLOLO DECIMO PRIMO

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Erik fu il primo a posare il piede sul Bifröst, poiché fu il primo ad accorrervi incontro.

L'esperienza fu una delle più stravaganti a cui Erik ebbe modo di partecipare. Sembrava di camminare sul vuoto tanto era impercettibile al tatto.

I cavalli furono difficili da convincere, poiché è ben immaginabile che un qualsiasi cavallo vedendo il proprio padrone camminare su un arcobaleno abbia un po' di paura.

Langeskygger però avanzò con molta naturalezza sul sentiero trasparente, accompagnato dagli sguardi incuriositi degli altri cavalli: bastò solo quel gesto per far sì che Langeskygger divenisse Signore dei Cavalli, o almeno per quelli lì presente. Più avanti essi ne avrebbero parlato con qualunque altro cavallo avessero incontrato, il più delle volte, però, furono creduti gran poco.

Cominciarono dunque la risalita. Più si allontanavano dal suolo delle Terre Bianche e più si sentivano le prime voci provenire dall'interno della città: non v'erano case, non v'erano mercati, ma solo alti palazzi; dodici per la precisione, e i loro nomi sono assai conosciuti nelle Terre di Nirian, tanto che elencarli tutti è per lo più inutile. Alcuni palazzi, però, necessitano di essere nominati, come l'Himinbjörg, da cui aveva origine il Bifröst. Verso mezzogiorno giunsero alle porte di questo palazzo e vennero accolti da suoni di tromba provenienti dalle mura difensive.

Si levò un canto, ma Erik non seppe mai dire chi lo intonò:

Tra l'erba dei colli si levan figure,

di cavalieri e cavalli con criniere scure,

giungono gli Uomini con grande missione,

in tutto son nove, quelle persone.

Ed essi arivan contenti e felici,

tra di loro son tutti dei grandi amici,

Safiri, Enkel e non per ultimi i Kei,

ed essi or fanno ciò che vorrei:

Salutate, Uomini, l'antica città,

Asgard è il suo nome, finché vivrà,

Dai saggi orsù andate, siete in ritardo

E che a ciascun di voi nessun dia del codardo!

E dopo che la voce smise di cantare anche le trombe smisero di suonare.

I nove Uomini proseguirono lungo la strada maestra della città. Da entrambe le parti si potevano ammirare palazzi di stupefacente architettura: gli alloggi dei saggi. Giunsero alle porte dell'antico palazzo centrale: un'imponente roccaforte con ampie vetrate e pinnacoli d'argento. Delle guardie presero in custodia i cavalli, il Lupo e il kovaa e li diressero verso le stalle. Promisero che sarebbero stati sfamati e dissetati a dovere. Se ne andarono a piedi lasciando da soli nove Possessori.

Langeskygger si girò e diede un ultimo sguardo ad Erik, come per dargli l'arrivederci e la buona notte, poi si voltò e seguì la guardia che lo accompagnava.

Improvvisamente le porte si aprirono, come mosse per magia, rivelando un grande atrio di pietra bianca affollato di esseri di tutte le razze: Giganti, Elfi e Nani, che parlavano tra di loro. Erik suppose subito che fossero i Possessori degli altri Mondi. C'erano anche gli Alfari, Elfi vestiti completamente di bianco o argento, che correvano di qua e di là stendendo un tappeto rosso da un enorme portone in legno scuro che si trovava dalla parte opposta all'entrata verso il centro del salone.

«Siamo giunti alla fine della nostra missione, il nostro viaggio si conclude qui» annunciò Arior, ammirando la magnifica volta di quel salone.

«Tra poco i Saggi dovrebbero uscire da quel portone laggiù in fondo» disse Martin.

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