Capitolo 1

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Il cane da guardia e la puttana.




Lo chiamavano Il Principe nel South Side. Vestito sempre elegante, con un completo che doveva costare più di della vita di tutta la città e un orologio, naturalmente un Rolex al polso.

Arrivava una, due volte al mese al massimo e non contrattava mai, limitandosi a mostrare banconote, a sorridere con i suoi denti perfetti e a scomparire dietro i finestrini della sua Mercedes Benz dell'ultimo modello.

Harry lo aveva già visto in un paio di occasioni, prima di quella sera.

Tra i ragazzi di strada circolava la voce che fosse meglio stargli lontano, ma quando una notte di lavoro faceva la differenza tra potersi riempire lo stomaco nei giorni successivi o rimanere con i crampi della fame, era difficile rifiutare un'opportunità simile. Non si sorprese quando la macchina accostò proprio sul lato del marciapiede dove lui aspettava, mani in tasca nei jeans strappati, maglietta aderente che lasciava la pancia scoperta e capelli sciolti che ondeggiavano appena nella brezza di inizio autunno.

Le voci dicevano anche che gli piacessero quelli dell'aspetto delicato.

Il finestrino si abbassò per lasciare intravedere il viso del Principe e la sua espressione imperscrutabile.

«Quanto?»

Harry si prese un istante per studiarlo, ora che lo aveva così vicino.  Sapeva di menta e di profumo maschile, era rasato di fresco e gli occhi sembravano più interessati a scrutarlo da capo a piedi che a posarsi nei suoi. I capelli castani, pettinati all'indietro e ordinati al millimetro, cominciavano a diradarsi sulle tempie, ma non mostravano alcun filo grigio. «Duecento per la notte. E con i preservativi.»

A quel commento un guizzo più caldo animò lo sguardo del Principe. Durò una frazione di secondo, anche se a Harry bastò per sentire le prime scintille di adrenalina, per poi scomparire in quella maschera controllata. Il Principe accennò al sedile del passeggero con il mento. «Sali.»

Rimasero in silenzio durante tutto il viaggio. Anche la macchina, come il suo aspetto, parlava di soldi e di potere ma in totale anonimato. Sembrava appena uscita da un concessionario, pulita e priva di carte, gadget o segni di utilizzo. Una macchina a noleggio.

Harry era pronto a giurare che nel vano portaoggetti non avrebbe trovato altro che il libretto di circolazione. In quanto al Principe, nei pochi sguardi che lui gli lanciava con la coda dell'occhio, non pareva nemmeno considerarlo più, impegnato com'era a guidare con labbra atteggiate a una piega bonaria, occhi puntati sulla strada, entrambe le mani sul volante con le dita della sinistra che di tanto in tanto si permettevano di tamburellare. Duecento dollari e non aveva nemmeno contrattato, quando avrebbe potuto trovare altri che ne avrebbero accettati la metà. E, man mano che il viaggio proseguiva, le case cominciavano a diradarsi, lasciando spazio a una periferia ancor più malfamata del quartiere dove lui aveva trascorso le ultime notti. Passò una mezz'ora abbondante prima che la macchina imboccasse un vialetto per poi fermarsi di fronte a una villa cadente. Attorno c'erano solo un campo incolto e qualche casa illuminata, troppo distante per risultare rassicurante. Il Principe si girò a guardarlo mentre spegneva il motore.

«Andiamo.» A Harry non rimase che scendere e seguirlo per quegli ultimi metri di sterrato poco illuminato. L'edificio in cui il Principe lo portò non era affatto intonato alla sua persona. Un odore di muffa e di vecchio gli aggredì le narici, non appena la porta si aprì con un cigolio. Dalle finestre mezze sbarrate con delle assi trapelavano le luci di case lontane e dei lampioni, non sufficienti a mostrare l'ambiente all'interno.

Non che Harry avesse bisogno di prove visive per sapere che si trovava in una villa abbandonata. Il cuore accelerò al suono della porta che si chiudeva alle sue spalle. Quando con un clic il Principe accese la luce, la casa si rivelò ancora più cadente di quello che aveva presagito. Il pavimento di assi mezze marce era macchiato di chissà quale sporcizia, un tavolo coperto di polvere occupava una porzione della parete subito davanti a lui, senza alcuna sedia. L'unico altro arredamento era rappresentato da un materasso steso sul pavimento, ingrigito e coperto di chiazze scure. Gli costò buona parte del proprio autocontrollo non produrre una smorfia al pensiero di stendercisi sopra e farsi scopare proprio lì.

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