Capitolo 10

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Un prete con una pistola.
Clint aveva avuto ragione a dirgli che era pericoloso.
Harry non gli permise di mirare, dopo che l'aveva estratta dalla tonaca, e con uno scatto gli piantò il coltello nel braccio. Mentre il tonfo sordo dell'acciaio contro il marmo del pavimento echeggiava nella chiesa deserta, lo trafisse con il secondo pugnale alla gola, soffocando l'urlo di dolore in un gorgoglio.
«Guardami. Voglio che tu sappia chi ti sta uccidendo.»
Occhi iniettati di sangue si posarono nei suoi.

Un prete, uno di quelli che avrebbero dovuto proteggere i deboli, ma era comunque feccia che come tutti gli altri.
Terapie di conversione, abusi su ragazzi e ragazze che avevano avuto come unica colpa quella di essere gay. Era stato facile avvicinarlo fingendosi un giovane omosessuale confuso e alla ricerca di una guida, così da avere le informazioni che gli servivano per trovare il momento migliore in cui colpire.
Rigirò il coltello nella sua gola.

«Non potrai toccarmi. Non potrai più toccare nessuno.»
Quando estrasse il coltello, il corpo crollò al suolo con gli occhi spalancati nell'aldilà. Rimase a ripulire le lame, senza curarsi di nascondere il cadavere..
Tirò fuori il libro e appuntò il nome alle luci delle candele. Una fiammella per una speranza, nel luogo dove l'umanità era giunta a morire.
Mentre si allontanava dalla chiesa dopo averla ripulita dalle proprie tracce, si sorprese di trovare ogni passo più pesante del precedente.

Aggrottò la fronte nel riconoscere uno spacciatore di Fischer appena svoltato l'angolo. Non credeva che quel quartiere facesse parte del suo territorio, ma non erano comunque affari di cui si dovesse preoccupare. Scambiò un'occhiata annoiata con lui, prima di tirare dritto senza una parola, le mani sporche di sangue affondate nelle tasche assieme al coltello.

Ora voleva solo andare a casa, farsi la doccia e dormire.


**

La sua morte non lo abbandonava.
Non perché non la meritasse. Tra tutti quelli che aveva ucciso spontaneamente e non per volere di Fischer, Wright era forse lo stronzo peggiore, uno che avrebbe meritato un'uccisione molto meno pulita di quella che gli aveva riservato.
Eppure, a un giorno intero di distanza, non riusciva a smettere di pensarci.
Ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva quel bastardo scivolare al suolo, con le mani che andavano a toccarsi la gola squarciata con l'unico risultato di macchiarsi ancora di più di sangue.
Rivedeva Louis che lo guardava con gli occhi pieni di ombre e gli chiedeva se fosse solo un assassino.

C'è davvero qualcos'altro, per quelli come me?

La domanda non lo abbandonava.
Aveva scritto l'ennesimo nome nel suo libro senza trovare alcuna pace, solo altri dubbi, solo una stretta allo stomaco che gli doleva a ogni respiro e un groviglio salato all'altezza della gola.
Aveva la sensazione che ogni affondo di coltello, ogni passo in avanti nel proprio compito, lo stesse portando sempre più lontano da Louis. Era assurdo anche solo pensarlo, dare a un altro uomo un'importanza così spropositata, eppure...
Il picchiatore dei Gladiator lo aveva curato, gli aveva dato un rifugio e uno sfogo. Un'oasi di sicurezza diversa dalla solitudine che lo aveva accompagnato per tutti quegli anni.

Si era aperto, raccontandogli il proprio passato di sangue - e ancora Louis avrebbe voluto urlare e uccidere quei bastardi che si arrogavano il diritto di giocare con le loro vite, di punirli solo perché li consideravano sbagliati.
Gli aveva mostrato la sua casa, le sue debolezze, senza che ci fosse stata una ferita aperta a costringerlo a esporsi così.
E lui cos'era pronto a fare per avere Louis?
Rimase sotto la doccia fino a quando l'acqua non diventò tiepida senza riuscire a trovare una risposta. Si legò un asciugamano alla vita e prese il secondo per tamponarsi i capelli mentre usciva dal bagno, i pensieri che si accavallavano come impazziti, inseguendo prospettive che non si era mai permesso di considerare.
Fu allora che vide i tre scagnozzi di Fischer, le pistole puntate contro di lui, e si rese conto di essere fottuto.


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