Capitolo 4

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Harry aveva avuto ben poco tempo libero, in quei giorni.

Fischer gli aveva rifilato una missione dopo l'altra, per fargli recuperare le notti di appostamento, e poi c'erano le sue spedizioni personali. Quelle era quasi un mese che le ignorava.

Al loro posto c'era stata la proposta di Louis a occupargli la mente. Una sfida che sarebbe stato folle anche solo considerare, che era la più palese delle trappole. Ma ci aveva pensato. Giorno dopo giorno, quel tarlo era rimasto a rosicchiargli i pensieri.

Non era stupido. Sapeva di giocare con un fuoco molto pericoloso, capace di divampare e avvolgerlo fino a consumarlo alla minima provocazione, perché Louis era uno come lui, a cui bastava un pretesto per scattare senza permettere a scrupoli inutili di fermarlo. Ma vedere le fiammate bruciare, sentirne il calore sul viso, il brivido dell'adrenalina che era a un soffio dal diventare auto-distruzione... quello era un richiamo a cui non aveva mai imparato a resistere.

E poi c'era quell'immagine: corde, Louis, i suoi occhi.

Gli aveva risvegliato una strana sensazione alla bocca dello stomaco e voleva saperne di più. Arrivò all'indirizzo con cinque minuti di anticipo. Ringraziò il tassista e gli diede una generosa mancia, mentre l'adrenalina gli pizzicava la base della nuca e gli acuiva i sensi, con quella piacevole aspettativa tipica delle lotte imminenti. Quando entrò nel motel, aveva le dita che fremevano per impugnare un coltello.  Louis era già li. Una sciarpa a coprirgli la porzione inferiore del viso, mani in tasca, giacca abbastanza larga da poter nascondere chissà quante pistole. Gli rivolse un'occhiata, prima di andare verso l'ascensore. Harry lo seguì senza rompere il silenzio. Forse avrebbe trovato i Gladiator al completo ad aspettarlo. O non al completo ma almeno quelli più importanti, perché sapeva di essere un premio ambito, come nemico a cui fare la pelle. O forse avrebbe avuto il duello all'ultimo sangue che si aspettava fin dal loro primo incontro; non che gli importasse, se poteva avere Louis e soddisfare quel capriccio. Valeva la pena di rischiare, per quello. Trattenne il respiro mentre Louis passava la chiave magnetica sul lettore per sbloccare la serratura, pronto a serrare le dita attorno al coltello e a trascinare con sé all'inferno almeno uno dei suoi nemici, nel caso di un'imboscata. Non avrebbe mirato a quello più importante, no. Solo a chi aveva fatto da esca.

La porta si apri con un cigolio e la sua mano sinistra si insinuò sotto la felpa, alla ricerca del pugnale. La camera era deserta. Una normale stanza d'hotel, con un letto matrimoniale, un armadio, perfino la televisione. Scoppiò a ridere senza potersi trattenere, mentre rilassava le braccia lungo i fianchi.

«Davvero?» chiese, gli occhi fissi sulla carta da parati che copriva tutti i muri, una stampa a cuoricini rosa e bianchi. Louis sbuffo.

«Non ho certo controllato prima di pagare.»

Tornò a guardarlo con un sorrisetto. «Ne sei sicuro? Non hai scelto apposta una stanza romantica?»

«Mi sto già pentendo di tutta questa faccenda.» Ma si era tolto la sciarpa rivelando la cicatrice e si stava già sbottonando la giacca, quindi doveva essere una minaccia a vuoto, la sua. «Allora?» Spostò il peso da un piede all'altro, per metà tentato dall'idea di stringere uno dei suoi coltelli, giusto per rassicurarsi con un elemento familiare nel preludio dell'ignoto. «Come procediamo?»

«Intanto spogliati.» Louis era già passato alla camicia.

Si tolse anche lui gli strati superiori. Giacca, maglietta, canottiera. Quindi esitò un attimo solo prima di togliersi i pantaloni. Niente vestiti significava essere vulnerabile. Significava mostrare lividi e ferite, vecchie cicatrici, il luogo dove colpire per fare più male. Ma, in fondo, aveva già messo in conto di mostrarsi vulnerabile nel momento in cui aveva accettato la proposta di Louis.

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