Capitolo 13

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Quasi non riusciva a credere che fosse andato tutto secondo i piani.

Fuggire, seminare le macchine che li inseguivano, fingere di schiantarsi contro una casa abbandonata - schiantandosi davvero, ma a velocità molto più contenuta. Una tanica di benzina e spostare sui sedili anteriori i due cadaveri che aveva preparato i giorni precedenti, di dimensioni simili a lui e a Harry, erano stati il tocco finale per cancellare le loro tracce.

Non aveva avuto alcun dubbio che fosse un particolare necessario: ormai erano due personaggi scomodi nella gerarchia di gang e lotte di potere, e sia Alina che gli Hell's Spawn avrebbero accolto la loro morte con un sospiro di sollievo. Nessuno avrebbe voluto investigare a fondo ciò che rimaneva dei due cadaveri dopo che la macchina aveva preso fuoco, o almeno non tanto presto da poter scatenare una caccia contro di loro finché si trovavano ancora negli Stati Uniti.

L'unico particolare su cui non aveva avuto certezze era Fischer, ma il Ragazzino aveva mantenuto la propria parola. Che fosse stato perché non aveva avuto il tempo di controllare se gli aveva dato tutte le informazioni e non voleva rischiare di perderle con la sua eventuale morte, o per un inaspettato senso dell'onore, a Louis non importava. Gli bastava che fosse arrivato in tempo, così da evitare a lui e a Harry una prematura morte fianco a fianco.

Aveva raggiunto il vicolo dove aveva nascosto la seconda macchina aspettandosi a ogni istante di venire abbattuto da una raffica di proiettili, o di venire circondato da Gladiator armati, o che scattasse una trappola proprio quando si trovavano così vicini alla salvezza. Invece non era successo, e in breve stavano sfrecciando verso l'aeroporto JFK.

Non c'era stato nessuno a seguirli, né li avevano raggiunti una volta lasciata la macchina nel parcheggio, da dove non l'avrebbe più ripresa.

Ne erano usciti, in qualche modo. Con un Harry mezzo svenuto e tanto malconcio che aveva dovuto aiutarlo a reggersi in piedi e aveva passato la sicurezza dell'aeroporto per miracolo. Ma erano vivi. Lo guardò dormire, raggomitolato sul sedile e proteso nella sua direzione, e non poté fare a meno di posargli una mano sulla guancia, metà per una carezza, metà per assicurarsi che stesse ancora respirando. Per fortuna le hostess avevano accettato per buona la spiegazione che avesse paura di volare e fosse quindi sotto tranquillanti. 

Il segnale di tenere allacciate le cinture si spense mentre l'aereo si stabilizzava ad alta quota, cominciando il viaggio che li avrebbe portati in Europa. Guardò al di là della sagoma dormiente di Harry, fuori dal finestrino. Solo nuvole su un cielo azzurro. Gli piaceva quella vista, che sembrava propagarsi all'infinito, quasi per suggerirgli che avrebbero potuto avere ogni cosa.

Si adagiò sul sedile con un sospiro, senza più lottare contro la stanchezza. Finalmente poteva chiudere gli occhi, una mano posata su quella di Harry, e abbassare la guardia. Niente più tensione e lotte per la sopravvivenza, almeno non su quell'aereo. Mentre intrecciava le dita alle sue, permise alla stanchezza di prendere il sopravvento, lasciandosi cullare verso un nuovo inizio.

Quando sorrise quasi non sentì la cicatrice tirargli il viso.




Quanto tempo ci voleva per cambiare una vita?

A volte un istante. A volte non bastavano anni.

Per lui e Harry erano passati due mesi e mezzo e nei momenti di maggiore ottimismo gli sembrava che fossero a buon punto. Leuven sembrava il luogo migliore dove ricominciare. Aveva scelto quella cittadina universitaria nella parte settentrionale del Belgio seguendo un aggancio risalente ai tempi del college. Tutti parlavano un ottimo inglese, le opportunità lavorative anche per chi non aveva esperienza si sprecavano e il tasso di criminalità era rasente lo zero, se si eccettuavano degli schiamazzi notturni da parte di chi aveva bevuto troppo ed era incline a farlo sapere all'intero quartiere.

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