12. Il tempo

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Ebbene, la situazione era assolutamente e irrimediabilmente tragica.

Il mondo era giunto al collasso, non si sapeva più quanto si poteva chiacchierare con una scatola molto loquace di pop-corn, quanto si poteva rimanere in bagno a godersi in esclusiva un superlativo tappetino per il bagno, il caos regnava incontrastato e tangibile, spalmato su tutto il creato come un cucchiaio di marmellata alle arance amare sul pane.

Il gerontocomio stava trasecolando ed il mondo con esso.

Tutti si arrovelavano inutilmente cercando un rimedio alla situazione.

Ma ciò che si stava facendo strada attraverso le arterie ostruite dal colesterolo verso il cuore della popolazione, era la consapevolezza che Tempo se n'era andato una volta per tutte.

Aveva fatto i bagagli, lucidato le scarpe buone, pettinato i baffi e, con fare stizzito, aveva consumate il suo ultimo pasto: un ricco primo di sessanta minuti, un secondo piatto leggero ma nutriente a base di tremilaseicento secondi con contorno di ventottomila secondi supplementari che aveva perso dormendo.

Era così, Tempo, allegro, solare ma anche sadico e mascalzone.

Eppure era indispensabile a tutti, nessuno poteva farne a meno.

Vi chiederete com'era.

Ebbene, Tempo era un uomo sul metro e ottanta con la testa di pesce, di carpa per la precisione, le squame argentee risplendevano sfacciatamente e divinamente al sole, dispensando bagliori accecanti ai passanti.

Era sempre provvisto di tutto ciò che doveva avere un uomo perbene: ghette, cilindro, gemelli, farfallino, ovviamente non portava l'orologio, poichè lo considerava una infelice emulazione della sua essenza: lui era l'Orologio per eccellenza.

Ecco, quel pover'uomo se n'era andato perchè non ne poteva più del consueto modo di vivere, del solito modo di esaminare frettolosamente e freddamente eventi frequenti ed eccezionali.

Non ne poteva più in definitiva dei soliti abitanti che amavano, oltre alla costante ed insopportabile pratica del "pettegolezzo pubblico", criticarlo ed umiliarlo, mancandogli considerevolmente di rispetto.

Come quando quello sfacciato ottuagenario, spalleggiato dai coetanei quasi fossero impertinenti giovincelli, si lagnava pateticamente tra lo stuolo di badanti, infermieri, dottori trafelati, che correvano qua e là per sedare quell'improvvisa e non richiesta vitalità molesta da parte di quei ritrovati fanciulli raggrinziti affermando convintamente che: «Ve lo dico io miei cari sbarbatelli! Ai miei tempi (tempi d'oro, quelli!) l'ora non durava così tanto! Lo sanno tutti che le carpe sono avvedute quanto un carpaccio di salmone!».

A fronte di queste innegabili offese che gli venivano gratuitamente gettate addosso, Tempo, covando vendetta nei confronti di quei bruti e purtroppo antropoTempo abitanti della Terra, aveva deciso di fagocitare secondi in più, cambiando il corso del tempo e facendo terminare prima le cose belle e facendo durare di più quelle brutte.

"Quale ingegno!" sogghignava tra sè e sè, arrotolandosi i baffi sulla punta dell'indice (nonostante avesse la testa di pesce, di carpa, beninteso, possedeva anche un bel paio di baffetti di cui amava pavoneggiarsi infantilmente).

"Quale maestria!" bofonchiava tossicchiando e passeggiando gaiamente con la sua andatura claudicante (gli si era addormentato il piede quando ci si era seduto sopra mentre pasteggiava) .

E fu così che Tempo scappò via, insediandosi in chissà quale recondito luogo sconosciuto.



E tutti divennero pazzi.

Raccolta di storielle fuori dall'ordinarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora