15. Il bambino e la luna

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Quel soleggiato 32 maggio del 1954 si preannunciò da subito come la giornata ideale per un pic-nic all'aria aperta.

Dopo che il capofamiglia, il padre del nostro Ned, ebbe caricato di squisiti viveri e dolci bevande la Cadillac azzurra, infatti, la famiglia al completo salì in macchina, alla volta dei campi di fiori gialli distanti poche miglia dal paesino perbene in cui abitavano.

Nella vettura il clima era disteso e sereno; la madre di Ned parlava gaiamente con la sorellina di Ned, Marie, di 5 anni, rispondendo abilmente ai semplici ma enigmatici quesiti tipici dei cuccioli d'uomo di quell'età, mentre la parte maschile della famiglia ridacchiava allo scambio di battute della parte femminile, decisamente più loquace.

Trascorso il viaggio in questo modo, alle undici arrivarono attraverso una strada sterrata in mezzo ai campi gialli ad uno spiazzo polveroso. Lì lasciarono la vetture e, caricatisi di armi e bagagli, partirono alla ricerca della collina perfetta dove mettere radici per quella giornata.

Scrutando qua e là, scovarono ben presto una collinetta poco distante, non troppo alta nè troppo bassa sulla cui cucuzza dorata si ergeva un solitario ma possente albero fronzuto.

La spedizione impiegò pochi minuti a raggiungerla e ad inerpicarsi (con qualche difficoltà da parte della piccola Marie, che però, testarda, riuscì a raggiungere l'agognata vetta senza l'umiliante aiuto del fratello) su per il ripido tappeto di fiori. Giunti in cima, all'ombra ristoratrice creata dal ricco fogliame verde, fremente per il vento fresco, la madre di Ned, perfettamente coordinata al marito, con precisi e misurati gesti ripetè come un rito la pratica della stesura della tovaglia a quadri, dello scoperchiamento dei cibi e del razionamento degli mio stessi.

Quando tutto fu pronto, la moglie del padre di Ned chiamò a gran voce i figli, che nel frattempo si erano allontanati, completamente assorbiti dai loro ruoli di grande responsabilità, quali: l'esploratore-capo per Ned, e la giornalista-avventuriera per Marie (ella era riuscita a diventare da assistente a suddetto ruolo ben più importante tenendo in ostaggio per addirittura 20 minuti l'aereoplano di legno del fratello, minacciando di dipingerlo di rosa qualora Ned si fosse rifiutato di promuoverla a tale carica).

I bambini quindi, richiamati dalla voce della mamma ma soprattutto attirati dall'odore del cibo, mollarono a terra la lucertola-succhia-sangue della Transilvania e andarono a riempirsi i pancini da esploratori.

Consumato il tanto agognato pasto, i genitori si sdraiarono al limite del lago d'ombra, metà assopendosi alla calda luce solare, metà conversando e ridacchiando a mezza voce tra di loro.

Ned e Marie partirono nuovamente in missione, dopo aver ottenuto la benedizione del re e della regina che rimanevano in madrepatria. Fu una spedizione davvero proficua e costellata di mille avventure.

L'esploratore-capo infatti stava quasi venendo risucchiato dalle paludi della Morte, quando l'intervento dell'intrepida giornalista-avventuriera lo salvò da morte certa.

Poco mancò che tal signorina pestasse però con i suoi piedi irriverenti un rarissimo scarabeo egizio smeraldino, che secondo la vastissima esperienza dell'esploratore-capo Ned, era vecchio di circa duemila e settecentouno anni.

Le operazioni di cattura di un rospo scuro dalle proporzioni gigantesche furono inverosimilmente complicate e andarono per le lunghe, ma nonostante ciò, il mortalmente pericoloso tiranno del lago Acque Paludose venne ingabbiato in una prigione di legno piena di pistilli di fiori gialli appositamente sminuzzati e trattati per annullare i poteri telepatici della creatura.

Dopo aver passato qualche ora a rischiare la vita in nome della scienza e ritenendosi quindi stanca, Marie si separò dal compagno avventuriero, tornando alla collinetta e crollando esausta tra i petali delicati dove si addormentantò in un batter d'occhio.
Ned abbandonò anche lui il suo ruolo e si mise a passeggiare tranquillamente, rimanendo a portata di voce della collina, con la testa in su e la mandibola cascante a guardare il cielo sgombro di nubi, ormai prossimo al tramonto.
Ciò che stava osservando poteva forse sembrare una grande verruca ruvida, spuntata improvvisamente, una bella mattina, su una vellutata pelle celeste altrimenti perfetta, ma non a lui. Ned la pensava invece come un delicato neo dal netto confine che, signorile ma non vistoso o sfacciato, sedeva composto sulla curata epidermide del viso d'una dolce fanciulla di stirpe divina.
Il bambino non seppe definire con certezza lo strano motivo che teneva i suoi occhi incantati incollati a quel candido cerchio.

Seppe soltanto che rimase a fissarlo per ore.

Raccolta di storielle fuori dall'ordinarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora