16. Christopher

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Christopher abbassò lo sguardo sulla punta delle scarpe fresche di lucidatura.
Quello che gli restituiva lo sguardo dal mondo nero e lucido delle scarpe di vernice era un vecchio rinsecchito, il naso prominente e adunco, le sopraccilglia brizzolate rivelavano che una volta quella testa candida era stata corvina.
Il pover'uomo distolse il prima possibile lo sguardo da quella visione.
Lo disgustava, si disgustava.
Cercò di alzarsi dalla sedia di vimini dove era stato perentoriamente parcheggiato da sè stesso.
"In modo che non possa immischiarmi nei cavoli altrui" borbottò il vecchio, raddrizzandosi faticosamente accompagnato da un'orchestra di scricchiolii provenienti da tutte quelle ossa incartapecorite.
La vecchia coperta infeltrita con motivi scozzesi cadde dalle sue ginocchia, rivelandone i tremori incontrollabili. "Oh buon Dio! Ancora due passi, vecchie brontolone".
Christopher si riferiva alle sue consunte e malconce ginocchia in cui oramai la cartilagine era solo un bel ricordo.
Inforcò gli occhiali con astio represso, la giornata iniziava male.
Ora il mondo cominciava ad assumere confini netti, in quella maionese di colori si distinguevano delle forme familiari e rassicuranti, come ad esempio la vecchia coperta infeltrita a motivi scozzesi.
"Per Giove! Deve essermi caduta, questa mascalzona!".
Il vecchio stava per piegarsi a raccoglierla quando l'occhio gli cadde su di uno strano oggetto che non aveva mai scorto nel suo modesto bilocale di periferia di cinquanta metri quadri.
La pallina di vetro lo fissava dal suo nascondiglio sicuro, sotto la poltrona rossa.
"E' proprio una bella pallina" pensò tra sè e sè Christopher (non aveva mai amato ricevere complimenti e aveva sempre detestato farne, quindi, pure in presenza di quell'oggetto apparentemente inanimato preferiva tenere le proprie riflessioni estetiche per sè).
"Immagino di dover dire buongiorno, anche se non è molto educato farsi trovare nella dimora di uno sconosciuto senza uno straccio di preavviso!", il vecchio brontolava come lo stomaco di un ciclope con chiunque si trovasse a portata di orecchio e spesso anche con chi non lo era.
In tutta risposta la pallina rimase perfettamente immota, come se volesse far passare la propria presenza inosservata per mezzo della discrezione.
"Buon Dio, mi sto rincretinendo per essere qui a parlare con una biglia!".
La verità era che Christopher non si stava rincretinendo, non più di quanto già lo fosse a causa dell'età s'intende. Il vecchio lupo di mare soffriva terribilmente di solitudine ma d'altronde quella posizione se l'era guadagnata con anni e anni di maltrattamenti al prossimo e, testardo com'era, non poteva certo cambiar rotta proprio ora che l'ultima bagnarola stava per salpare.
Dialogato un altro po' di cose futili con la pallina di vetro (ascoltatrice attenta e paziente), il vecchio, senza tante cerimonie, se la intascò.
Soddisfatto, si tastò la tasca alla ricerca di quel piccolo rigonfiamento perfettamente tondeggiante e,
allegro, si picchiettò lo scrigno del suo tesoro e si concesse una caramella al propoli.
Per la verità lui odiava il propoli, ma il dottore gli aveva detto di non mangiare dolci e la scoperta della biglia meritava di essere celebrata con il gusto della trasgressione in bocca, poco importava che fosse buona o non buona.

La giornata iniziata male prendeva tutt'a un tratto una piega positivamente notevole.

Il vecchio proruppe in una risata insensata e genuina, ma in pochi secondi dovette trovare un modo di placarsi, visto che non aveva più fiato.

Pensò alla sua vita e subito tornò serio.

D'un tratto, in quel silenzio che era calato improvvisamente nella casa echeggiò un rombo vulcanico.

Il vecchio sobbalzò prima di accorgersi che era stato il suo stomaco e nessun altro a creare tanto scopiglio.

"Devo assolutamente buttare giù qualcosa, alrimenti verrà giù la casa", disse toccandosi la pancia concava.

In cucina ad attenderlo trovò un invitante piatto di minestra ai cavoli fredda, l'unica cosa che la badante (prontamente e malauguratamente appioppatagli dal comune) era in grado di cucinare senza mandare qualcuno (in questo caso Christopher) all'ospedale (e anche su questo nascevano dubbi). Era talmente affamato che sembrava buona (... !).

Terminato il lauto pasto, con gran baccano di ossa il vecchio tirò fuori dal frigorifero un'altra porzione di minestra in vista del pasto successivo e si andò a installare sulla sedia di vimini "in modo che non possa immischiarmi nei cavoli altrui" borbottò altezzosamente.
Christopher non si era accorto in tutto quel più volte ripetuto e assordante fracasso di materiale osseo di un lieve tonfo, in parte attutito dallo spesso tappeto rosso che giaceva ormai da decenni al centro della modesta e mogia sala.
Noi che non siamo distratti come il vecchio abbiamo però avuto modo di accorgerci che ciò che era caduto da un buchetto della logora vestaglia non era altro che la tanto elogiata e adorata pallina di vetro trovata non molto tempo prima dell'infausto fatto.

Ma torniamo a Christopher, che ora è bell'e che seduto sulla sua sedia di vimini sfondata, ben infossato in quella conca che era riuscito a crearsi dopo anni e anni di alzo-appoggio il deretano, disciplina che a parere dello stesso potrebbe tranquillamente essere inserita tra le celebri discipline olimpiche, al pari della corsa o del salto con l'asta.
Ed ecco che, con sommo stupore del lettore, la storia si ripete.
Christopher si vole alzare, ma malauguratamente la coperta con motivi scozzesi gli cade dalle scheletriche gambe e lui si ritrova a fissare di rimando una biglia nascosta sotto la sua poltrona, eccetera eccetera eccetera.


Ed ecco cosa farà il povero Christopher fino alla fine dei suoi allegri giorni.




Raccolta di storielle fuori dall'ordinarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora