Capitolo 5

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Alla fine non sono riuscita a dormire neanche un singolo istante.
Ho trascorso ore a rigirarmi nel letto come se mi avesse morso una tarantola.
Ho provato più e più volte a chiudere gli occhi nella speranza che la quiete del sonno mi cullasse tra le sue braccia, ma così non è stato.
Le ho provate tutte.
Ho contato le pecore, ho contato all'indietro partendo dal numero cento, ma nulla. Nulla di nulla.
I miei muscoli sono rimasti tesi per tutto il tempo e la mia mente fin troppo vigile.
Stufa di questa situazione, mi alzo dal letto e guardo l'orologio poggiato sul comodino.

20:00

Tra un'ora dovrò già essere al cospetto dei Sette, per cui, inizio a prepararmi, seppur controvoglia.

Il rituale prevede che le ragazze si presentino con indosso una lunga tunica bianca, simbolo di purezza, senza trucco in volto e con i capelli sciolti a simboleggiare il candore che si aveva il giorno della propria nascita.

Con fare svogliato mi svesto e piego accuratamente i miei indumenti per poi riporli nell'armadio.
Mi cade l'occhio al suo interno e l'unica cosa che riesco a vedere è una massa informe di vestiti rigorosamente neri.
Non si riesce nemmeno a intuire dove finisca l'uno e inizi l'altro.

Mi avvicino nuovamente al letto e dopo aver osservato per qualche secondo quello che dovrò mettere per il rito, indosso a malincuore la tunica e spazzolo i miei lunghi capelli per qualche minuto.

Mentre lo faccio osservo per tutto il tempo la mia figura riflessa allo specchio.
Sulle mie esili spalle risalta la folta chioma castana.
Ora che ci penso, ho sempre voluto tingermi i capelli di biondo, ma ho anche sempre creduto che avrei avuto tutto il tempo per compiere un gesto che, per me, tempo fa, sarebbe stato pura pazzia.
Ora mi rendo conto di quanto mi sbagliassi.
Seppur il marchio si sia rimpicciolito fino  a quasi scomparire solo da qualche settimana, indicandomi la via per il buio più totale, avrei dovuto godermi fin da subito la vita senza i freni, i filtri e i paletti che mi sono sempre imposta.
Adesso, forse, non avrei rimpianti, che, seppur piccoli e persino inconsistenti, mi angosciamo facendomi domandare se io abbia mai vissuto a pieno.

Tutti i ricordi delle giornate trascorse fino ad adesso mi tornano alla mente, quasi fossero frammenti di una pellicola cinematografica.

Li visualizzo e li rivivo, uno per uno.

Sono talmente tanto vividi da farmi provare la sensazione di potervi entrare all'interno, di poter tornare quella bimba impacciata che dopo un'altra caduta e l'ennesima sbucciatura sulle ginocchia, esulta per essere riuscita a rimanere sopra alla bicicletta per più di cinque secondi; di poter visualizzare, e quasi toccare, il primo libro che ho letto, con l'entusiasmo di chi si affaccia per la prima volta alla vita; di poter sentire l'odore della salsedine e il rumore dello scrosciare delle onde che si infrangono sugli scogli, proprio come quando sono andata per la prima volta in vacanza con la mia famiglia al mare.

Ricordo ancora la sensazione che ho provato quando sono salita sulla barca di mio padre, con il rumore delle onde in sottofondo e la tiepida brezza estiva che mi carezzava dolcemente la pelle.

Mi tornano alla mente anche, però, tutti quei momenti in cui mi sono rinchiusa in camera per ore, evitando tutto e tutti, nella speranza che ciò che avrei impresso nella mia mente in quel tempo infinito di studio mi sarebbe servito in futuro.
Quel futuro in cui io avrei ottenuto il lavoro dei miei sogni, e non quello che mia madre avrebbe desiderato per me.
Un futuro in cui io sarei finalmente stata fiera di me stessa e non più insicura persino della mia stessa ombra.

Mi tornano alla mente quei momenti in cui ho avuto paura di alzare la mano in classe per rispondere a una domanda, nonostante la risposta giusta fosse perfettamente incisa nella mia mente.
Mi chiedo perché mi sia fatta sempre e solo guidare dal terrore, dall'ansia e dall'angoscia dell'ignoto.
Perché sì, le mie paure non hanno mai avuto delle fondamenta.
Non sono mai riuscita a trovare una risposta valida al perché io fossi costantemente impaurita, incapace di sentirmi una persona con delle qualità e un valore proprio.

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