capitolo 1

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"Meglio soli che male accompagnati."
Queste parole mi rimbombano in testa ogni volta che provo a calmarmi per  quelle inutili bulle della mia classe che non meritano neanche di essere chiamate ragazze.
È un sabato come tanti, sono sola in casa, i miei sono a fare compere e le bulle della classe continuano a farsi  selfie con altre mie amiche a me care per poi inviarli sul gruppo della scuola. Ci sono tutte tranne me. Avvolte mi chiedo, ma sono io che sbaglio a non saper farmi accettare o sono loro ad odiarmi?. Mentre cerco tra le nubi dei pensieri, in fondo, in un angolo nascosto del mio cervello, trovo l'ennesima risposta dal cui capisco che sono io la vittima di tutta la situazione, no l'artefice il quale pensavo di essere. Avvolte sento dire dagli adulti che i bambini, in questo caso ragazzi, non hanno malizia ma sono anime pure, ma io non la penso così perché essendo l'unica a non essere stata invitata in questa uscita di sole ragazze, mi tartassano di videochiamata per farmi notare come si divertono senza di me. Direi che questa è cattiveria. Non le rispondo perché dargli questa  soddisfazione è l'ultima cosa che vorrei fare. Giuro che se le potrei fare fuori tutte in questo istante lo farei senza pensarci due volte. Bullizzano me dicendo che sono senza senso in questa terra, mentre loro vengono rispettate perché fanno paura a noi ragazzi bullizzandoci, ma se non fossero bulle le persone non sarebbero manco della loro esistenza.

- Drin! drin! drin! * - qualcuno bussa alla porta.
- Arrivo arrivo! - Replico irritata.
Sono i miei.*
- Ma che diamine, andate di fretta? -
- Giusy, cosa cavolo è successo a scuola? Perché mi ha chiamato la tua professoressa per dirmi che hai una sospensione? Perché tutto questo? -
- Una sospensione?! Ma cosa stai dicendo? Ma stai scherzando? Sappi che non sono in vena di scherzi oggi eh -
- Giusy non sto scherzando voglio una motivazione -
Ma che diavolo devo dirci se non ho fatto nient...ah! Quel litigio a scuola! .
- Mamma penso che sia per un litigio che ebbi a scuola martedì, le solite peperine della classe hanno deciso di dire alla professoressa che io avevo un telefono in mano, ma non era assolutamente vero, era una calcolatrice, ma la professoressa non mi credeva e io non potevo fare altro che gettarmi alla disperazione -
- Lo sapevo, avrei dovuto capire che l'artefice sono sempre e solo loro, tu il telefono lo hai sempre lasciato a casa non lo hai mai portato a scuola, come diamine è possibile che una professoressa scambia una calcolatrice per un telefono! -
Me lo domando anche io come sia possibile,  ma questa storia non finisce qui, la dovranno pagare, sono arrivata al limite, ne ho subite di cotte e di crude per colpa loro, ma ora addirittura con una sospensione. Già so come andrà a finire questa schifezza di situazione, e io ho già un'idea.

Dopo che i miei genitori hanno parlato con la preside e si sono chiariti, ha inizio così il mio lunedì, con pugni e schiaffi. In  un corridoio vuoto, sola e  indifferente a tutti, d'improvviso mi tirano per i capelli e una raffica di pugni, schiaffi su tutto il corpo mi rendono debole. Non riesco a difendermi, come ci si può difendere da un gruppo di leoni mentre tu sei sola e piccola come un criceto. Cercano di fare un video ma io lo impediscono reagendo come posso, cerco di fare qualcosa, ma l'unica cosa che ho voglia di fare è scappare, urlare e scappare.
- Cosa c'è ? Ti abbiamo fatto male? -
- Non hai nemmeno saputo difenderti -
- Sei senza senso per l'intero pianeta -
- Basta! - replico a tutte.
Scappo, no non mi importa di essere uscita senza il consenso della scuola, inciampo, ma mi rialzo con quella forza che avrei dovuto avere in quel momento. sono stufa di subire questo, sono già due anni di merda che le sopporto, ma adesso sono al'limite della sopportazione.

- Giusy! .urla mia madre. che ti è successo! .
- La solita gara tra mille leoni e un criceto-
- Vieni , sciacquati la faccia e riprenderti, io e tuo padre andiamo a scorgere denuncia -
- Ma mamma... -
- Basta Giusy, basta. So io cos'è giusto o no per mia figlia. Deve essere fatta giustizia -
- Dai mamma, mi sembra una cosa eccessiva denunciarle -
- Non è così, perché sono passati due anni che ti torturano, sia fisicamente che  psicologicamente, hai ancora lividi e segni sulla tua pelle che ne danno la conferma. Noi torniamo subito tu riprenditi -
- E va bene. A dopo mamma -
La mia paura della denuncia non è per le bulle, anzi le ucciderei con le mie stesse mani, ma avevo solo paura che sarebbe stata una cosa più grande di me e che non avrei avuto ne il coraggio ne la forza di affrontare.
Mi sento così debole di cuore, ma così forte di testa che avvolte mi mandano in confusione. La mia mente mi sussurra di picchiarle, farle male, torturarle sia fisicamente che mentale, proprio come loro fanno con me. Ma il mio cuore mi sussurra che io non sono questo. Io non sono una ragazza che si vendica, non sono una ragazza che picchia, non sono una ragazza che bullizza gli altri per sentirsi forte, non sono una ragazza che causa lividi irreperibili al cuore delle persone, no io non sono questo.

Sono passate due settimane ormai, e sul gruppo scolastico non si parla d'altro che della mia sospensione. Mi sorprendo del fatto che non si sia parlato di quel litigio fatto lunedì mattina, ma un pò me lo aspettavo perché non c'era anima viva in quel corridoio, probabilmente proprio per quello ne hanno approfittato. Non faccio altro che scorrere la pila di messaggi che chiedono di volerne sapere dippiú, ma la voglia di risponderli è sotto zero. In questo periodo ne sta venendo fuori di tutto è dippiú, prima la sospensione, il litigio e per finire cadono le maschere su quelle che dovevano essere le mie migliori amiche. Non hanno osato difendermi o parlarmi, nulla, ci manca solo che iniziano a far parte anche loro del cosiddetto gruppo di bulle, e il quadro è perfetto.

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