17.

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Gli occhi vitrei di Feliks cedettero solo una lacrima.

Una lacrima di commozione, gioia, dolore, rispetto, sacrificio.
Si era parato col proprio corpo davanti a quello più possente del fratello maggiore, salvandogli la vita, ma sacrificando inevitabilmente la propria.

Se qualche giorno prima gli avessero detto che sarebbe morto da eroe per salvare un'altra vita, si sarebbe fatto una grassa risata e avrebbe sicuramente detto: "neppure il diavolo mi vorrebbe all'inferno" e invece adesso era lì, con una pallottola piantata nel cuore, con l'anima scalpitante pronta a lasciare il suo giovane corpo...con la testa e gli arti leggerissimi.

Paradossalmente era felice.

Felice di morire per Mikhail, felice di essersi sacrificato per la causa che portava avanti da tutta la vita, felice di aver rivisto il suo amato fratello maggiore, di aver impedito ad un pazzo amaricano di uccidere un capitano russo.
Tra le braccia della morte, gli era tutto diventato dannatamente chiaro come il sole... vivere per qualcuno.
Era stato vittima e carnefice, Angelo e diavolo, vita e morte.

Era sempre stato quello il suo obiettivo, lo scopo della sua vita, lo scopo per il quale aveva affrontato la guerra e tolto dal mondo innumerevoli esseri umani.

Suo fratello.

E come avrebbe potuto perdonarsi di lasciarlo morire?

Era stato istinto, era stato amore.

Senza rimpianti.

D'altronde cosa conta davvero? La qualità o la quantità della vita?
Feliks era convinto che la prima fosse di gran lunga meglio.

Una vita adrenalinica... questo avrebbe raccontato nell'altro mondo.

Sorrise flebilmente tra le braccia sanguinanti di Mikhail.
Un grazie sussurrato, che solo loro due riuscirono a percepire...non c'era bisogno di parlare.
Il legame di sangue aveva fatto per loro, e Feliks donò l'ultimo tenue sorriso al lato della bocca spaccata.

Era proprio fiero di lui.
Sì... era proprio un eroe buono.

"COSA CAZZO HAI FATTO BASTARDOOO" urlò Robin quando percepì gli spari.

Sgranò inverosimilmente gli occhi scuri, col terrore che lo scosse da capo a piede.

Poi accadde tutto in un momento.

Vide il padre sputare un abbondante quantità scarlatta dalla bocca, il proiettile che provenne    dalle sue spalle lo trapassò parte per parte, ammazzandolo all'istante.
Cadde a peso morto in avanti, rivelando l'esile figura che si celava alle sue spalle.

Milo.

Reggeva a fatica una Beretta fumante.
Lo sguardo tetro.
Gli occhi fissi in un punto vuoto della stanza.

Si avvicinò lentamente a loro, scansando con un piccolo slancio in avanti il cadavere del Generale.

Era successo tutto così in fretta.
Poi finalmente riacquistò lucidità e le fattezze autenticamente pure che lo avevano sempre contraddistinto.
Inginocchiandosi davanti a Robin, Milo non poté non prendere Giorgi e la sorellina tra le braccia.
Si beò di quella calda stretta donatagli dai bambini... si cullò nell'utopia di vivere in un mondo di pace, in un mondo dove ogni persona ha rispetto della vita altrui, dove ogni giorno ciascuno svolge il proprio dovere senza fare del male a nessuno.
Calde lacrime abbandonarono i suoi occhi sofferenti. Bagnò i capelli della più piccola e se stesso, piccoli singhiozzi lo colsero alla sprovvista.
Aveva appena ucciso un uomo.

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Trascorsero minuti... forse ore, o addirittura giorni.

Il tempo si era dilatato a dismisura, ogni istante aveva assunto una percezione diversa...
distorta.

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