Quel posto é mio.

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L'unico piacere che provai nel rientrare in quella bolgia fu la sensazione di calore che mi avvolse, per il resto avrei di gran lunga preferito rimanere fuori.
La musica era talmente alta che non riuscivo a sentire nemmeno ciò che Silvia, attaccata a me, continuava a ripetermi indicando un gruppetto in fondo alla sala. Non mi arrivavano le sue parole, ma era chiaro che il suo intento era rituffarsi nel carnaio e così fu.
Mi stupiva la sua capacità di ripresa; Cavolo, mi aveva tenuto incollata tutto il giorno alle sue lacrime ed ora sembrava la regina della festa... Avevo fatto centro per lei, ma io? Che ci facevo in quel posto? E per quanto saremmo ancora rimaste?
Passammo la serata con i suoi " nuovi amici". Erano simpatici e ci offrirono da bere. Non ne avevo una gran voglia ma... il bicchiere in mano mi servì a mimetizzare un po' il mio totale estraniamento. Quando sentì di non poter più reggere quei tacchi mi allontanai verso la parte del locale meno illuminata, certa di trovare un luogo in cui potermi finalmente poggiare.
Mi venne dietro Ernesto, un ingegnere vestito da pagliaccio. Già in pista mi aveva raccontato metà della sua vita, mi aveva chiesto della mia con scarso successo, e mi aveva manifestato in modo inequivocabile il suo interesse. Per un po' pensai di averlo involontariamente incoraggiato per il fatto che quando mi parlava gli chiedevo di avvicinarsi al mio orecchio, ma come avrei fatto a rispondere a domande che non ero in grado di sentire?
Trovammo un tavolino libero, non feci caso a quanti bicchieri ci fossero già sopra e nemmeno al fatto che dietro alla mia sedia ci fosse qualcosa.
Mi arrivò una voce brusca alle spalle: - Quel posto é mio!- Eri tu, questa volta senza la giacca, ma con lo stesso sguardo ostile. Avrei voluto scusarmi per la mia distrazione ma il modo in cui mi stavi fissando mi bloccò per qualche secondo. - Ma sei sorda? -incalzasti -Devi alzarti!"-
Ernesto sorrise, forse causa dei troppi drink, mi prese per mano e mi portò a cercare un altro posto mentre tu continuavi a fissarci infastidito.
Per tutto il tempo, quella sera, continuai inspiegabilmente ad osservarti. Ernesto parlava e parlava ed io guardavo le tue spalle incurvate, lo sguardo sempre corrucciato e continuavo a chiedermi cosa potesse farti sentire così . Sembravi furioso col mondo. Ti si avvicinò un gruppetto, pensai che anche a loro avresti destinato un qualsivoglia rimprovero e cercai di isolare il resto dei rumori per ascoltare di nuovo la tua voce, invece sorridesti ed io, non so nemmeno perché, nonostante tu mi stessi guardando, sorrisi insieme a te.

Per un finito tempo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora