31. Giochi pericolosi

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S. 8 novembre.

Può essere qualsiasi cosa, certo, deve per forza essere così.
O forse no, forse è quello, proprio quello.
Ma perché! Che senso avrebbe?

«Porca troia Clark, e che cazzo!» mi sbraita River contro e solo ora mi rendo conto che, assorta nei miei pensieri invece di pulirgli un taglio che ha all'altezza dello zigomo gli ho accidentalmente rovesciato il disinfettante addosso.

«si beh...» dico schiarendomi la voce « tanto sei ferito anche lì» e indico un ennesima  chiazza di sangue.
Una chiazza di sangue... come quella che vive nei miei ricordi.
«Skye, va tutto bene? Stai tremando»
I suoi occhi sono fissi nei miei, non mi ero nemmeno resa conto di quanto fossimo realmente vicini fino a questo momento.
Se fossimo dei pianeti, le nostre rispettive orbite ci inghiottirebbero.

«si, è solo che mi fa impressione il sangue» mento cercando la prima scusa plausibile che mi passa per la testa.
«allora invece di farmi perdere tempo, fai fare a me.»
Ecco, se per una microscopica frazione di secondo era sembrato gentile, ora tutto il suo lato scorbutico è fuoriuscito, o forse non se ne è mai andato, ero semplicemente io troppo assorta nei miei pensieri.

«bene, arrangiati allora. Stavo solo cercando di essere utile.»
« bene, vai a fare la persona "utile" da un altra parte dato che sei impedita»
«Fottiti Olson» lo aiuto e ha pure l'arroganza di trattarmi di merda? Ok, che si fotta. Che si fottano tutti. Lui, Kai che mi nasconde le cose, il mondo intero e questa fottuta scatoletta di metallo che adesso, visto che con eleganza River mi ha sbattuto la porta del bagno in faccia sto cercando di aprire.

Devo capire cosa c'è dentro. Il mio sesto senso non sbaglia, so che c'è qualcosa.
Qualcosa che riguarda lui.

Nemmeno una forcina basta, questo lucchetto sembra prendermi in giro. Riesco ad aprire qualsiasi cosa, o per lo meno non ho mai avuto difficoltà, ma adesso mi si è anche rotta la mia unica forcina nella serratura.
Eccola lì, incastrata.
Fanculo, devo sapere, devo sapere se c'entra lui.

Un rumore assordante proviene dal bagno costringendomi a riporre la scatola dove l'ho trovata. Dovrei restare fuori e farmi i cazzi miei visto come mi ha trattata? Certo.
Una persona sana di mente farebbe così, ma io non lo sono, ed eccomi che con il cuore che martella in petto apro la porta.
Fa che non sia svenuto ti prego.

Da quello che mi appare davanti, non è decisamente svenuto, anzi, forse sono io quella più vicino allo svenimento.

A primo impatto mi viene in mente un cane che si è attorcigliato al guinzaglio e non riesce più a muoversi, ma River che ha il collo della maglietta incastrato in testa, lasciando esposto totalmente l'addome è uno spettacolo che di certo non mi lascia indifferente.
Percorro con lo sguardo ogni centimetro, ogni tatuaggio sul suo corpo, fino a raggiungere l'altezza del fianco, dove poco sopra l'eleastico dei boxer un taglio a preso a sanguinare.

«Se hai finito di fissarmi dammi una mano stupida Clark.» la sua voce mi fa alzare gli occhi di scatto, ma è ancora intrappolato nella sua maglia. Non può avermi visto mentre... lo guardavo.

«stavo fissando il tuo taglio.» dico avvicinandomi a lui e sfilandogli via la maglietta dalla testa come si fa con un bambino, mentre dalle sua labbra esce un verso di dolore.

«si certo, per questo sei tutta rossa in viso immagino.»
«sai, eri meglio con la maglia in faccia.» sbotto infastidita mentre rivolgo una rapida occhiata allo specchio.
Stronzate, non sono rossa.
Un sorriso compiaciuto gli si forma sul volto, e più sorride più lo guardo storto.
Se pensa di essere spiritoso si sbaglia. Di grosso.

«aiutami ad alzarmi dai.»
Senza mai distogliere lo sguardo dai suoi occhi lo aiuto a sollevarsi mentre si poggia di nuovo completamente a me, solo che ora il mio corpo viene pervaso dal calore della sua pelle che brucia come un ferro rovente.

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