8. Romeo e Giulietta

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«Oh, non giurare sulla luna, quella bugiarda incostante che girando cambia faccia ogni mese, anche il tuo amore così sarebbe variabile...»
- Giulietta (Shakespeare)

Un ronzio nelle orecchie mi fece svegliare, aprii piano gli occhi e notai le tende di seta che volteggiavano con il vento proveniente da una finestra aperta

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Un ronzio nelle orecchie mi fece svegliare, aprii piano gli occhi e notai le tende di seta che volteggiavano con il vento proveniente da una finestra aperta.

Bastò un istante per farmi accorgere che ero finita in una stanza luminosa e del tutto sconosciuta, e un secondo istante per farmi accorgere che il ronzio che sentivo, era un'ape che si era posata sul mio cuscino.

Scattai in piedi e corsi fuori dalla stanza, chiusi bruscamente la porta e un brivido mi percorse «ma che diamine!» ripresi fiato e con esso anche la calma.

Non era definibile il mio miglior risveglio, questo è certo, ma la vera sorpresa fu vedere il sole del mattino, illuminare il piccolo bambino che avevo salvato dall'annegamento.

«Davin» dissi posando una mano sul petto, indossavo solo una veste bianca con le spalline, che mi arrivava poco sopra le ginocchia.

«Ti sei svegliata» il bambino dai capelli arruffati mi si lanciò contro in un abbraccio che quasi mi commosse, avrei dovuto chiedergli molte cose, ma mi uscì per prima la più importante «come stai?»

«molto bene, grazie sorellona» appena si staccò da me io mi accovacciai per poterlo guardare negli occhi, stando attenta alla veste, Davin mi sorrise e io ricambiai il sorriso, sentendomi il cuore caldo per il nomignolo che mi aveva conferito.

«Devo dire a Ni che sei sveglia!» il suo sguardo si illuminò «era tanto preoccupato..» continuò a parlare, ma io mi persi nei ricordi sbiaditi della sera prima. Quel ragazzo mi aveva salvato, lo stesso che avevo scoperto essere il figlio dei Keenbane, il fratello del bambino che ora si stava rigirando le mani pensieroso, lo stesso che avevo incontrato alla libreria.

Avevo parlato per un po' con Davin prima che lui stellasse via, ero svenuta dopo essere stata salvata da suo fratello, e ora mi ritrovavo nella tenuta dei Keenbane.

Avevo abbastanza informazioni per potermi muovere in quella camera, ma prima, dovevo assicurarmi che quell'ape non fosse più lì; aprii piano la porta sporgendomi leggermente con la testa.

L'ape sembrava essere uscita e io mi sentii più tranquilla, feci un veloce bagno e misi un vestito che trovai nell'armadio; era particolarmente semplice, era di un azzurro delicato che mi ricordava il cielo.

I miei capelli erano più ricci del solito, e di conseguenza erano più indomabili. Mi arresi quando una donna anziana bussò alla stanza per poterla sistemare. L'interno del vecchio castello di Hakeghreek era riassumibile in quelle quattro mura.

Tutto pieno di ornamenti in oro, tende bianche e specchi; qui e lì qualche ritratto o perfino disegni direttamente dipinti su parete. Il tutto era da mozzare il fiato, era incantevole e lussuoso, soprattutto agli occhi di chi non aveva vissuto in modo agiato.

«Sono felice di vedere che sei in piedi» sobbalzai e mi girai di scatto, la sua voce ormai era inconfondibile «grazie» l'avermi salvato la vita era qualcosa che non si poteva ripagare con un semplice grazie, ma dirlo mi venne naturale.

«Non devi ringraziarmi..» lui sorrise dolcemente «Verena, mi chiamo Verena» dissi timidamente, ora le cose sembravano parecchio strane rispetto a prima «Verena» il mio nome pronunciato da lui mi sembrò un po' più bello.

«Io sono Akil» il ragazzo si avvicinò e mi fece il baciamano «puoi chiamarmi Aki, o in qualsiasi maniera tu voglia chiamarmi» il suo sorriso si allungò solo da un lato e fece apparire la fossetta sinistra, ora riconoscevo il ragazzo della libreria, Aki.

The Secrets of Hakeghreek CastleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora