6. Come di riflesso

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«L'amore è come il fulmine, colpisce all'improvviso, il fuoco prende fuoco e basta lasciarsi bruciare, a volte consumare.»
- M. Chapsal

In quel piccolo angolo potevo vedere tutto, guardandomi intorno potevo riconoscere i vari gruppi di persone che esistono a questi eventi

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In quel piccolo angolo potevo vedere tutto, guardandomi intorno potevo riconoscere i vari gruppi di persone che esistono a questi eventi. Proprio al centro della piazza c'era una donna circondata da uomini e altre dame, parlava tranquillamente con un bicchiere in mano, contenente qualche bevanda giallastra.

Lei sicuramente apparteneva al gruppo delle persone importanti, quelle che fanno da capofila a tutti gli altri, se lei ride ridono tutti, se lei è compiaciuta, lo sono tutti. Le basta un leggero sorriso o un semplice sguardo per attirare chiunque a se.

Poi ci sono le dame di corte, o come amo chiamarle io: le civette. Sono quelle nobil donne che stanno tra loro, parlando del più e del meno, tra un giudizio e l'altro. Non mi sono mai piaciute, nonostante spesso i loro pettegolezzi mi tornassero utili.

Infine gli uomini che parlavano di caccia e politica negli angoli, erano quasi sempre messi a cerchio, come una piccola setta. Pensandoci mi feci sfuggire una leggera risata che attirò l'attenzione di alcuni camerieri ai tavoli, cosa che mi fece imbarazzare a tal punto da farmi quasi scappare via.

Mi voltai per potermi andare a nascondere da qualche parte, ma prima di fare anche solo il minimo passo, mi scontrai inevitabilmente contro qualcuno, facendomi sobbalzare dalla sorpresa «haa mi scusi io-» indietreggiai e alzai la testa

«quindi è proprio un'abitudine la tua» di nuovo il sorriso e le fossette, quei capelli castani e ricci e la voce suadente. «Il ragazzo dei classici» dissi sovrappensiero, indossava una camicia bianca con l'ultimo bottone sbottonato, e sopra un gilet marrone come i suoi capelli.

«Il ragazzo dei classici? E' così che mi hai nominato?» la sua risata mi fece sentire un leggero e veloce brivido lungo la schiena «cosa ci fai qui?» era la prima cosa che mi venne in mente, inappropriata e suonò più sgarbata di quanto pensassi, ma fu la prima.

«Dunque vediamo, è la seconda volta che mi sbatti contro, mi hai chiamato 'ragazzo dei classici' e l'unica cosa che mi dici è 'cosa ci fai qui'? Non è proprio un bel modo di fare colpo» quel ragazzo si abbassò un po' verso di me, era di circa 15 o 20 centimetri più alto di me anche se indossavo i tacchi.

«Ti ho chiesto scusa, e non credo tu debba sforzarti troppo a inventare storie del genere, non cerco di fare colpo su nessuno» dissi infastidita, il fatto che avesse inclinato la testa mi permise di fissarlo direttamente negli occhi.

Ora più di prima volevo sapere chi fosse questo ragazzo, perché era lì e se abitasse a Borj Placery o sull'isola; fino a qualche giorno fa non lo avevo mai visto in vita mia. «E' un vero peccato, dunque, che io invece stessi provando a fare proprio quello».

Stava provando a fare colpo su di me? Come, facendomi chiedere scusa mille volte per essergli venuta contro? O forse con il suo fastidioso modo di conversare. Qualunque cosa fosse, tentai di ribattere ma venni interrotta prima ancora che potessi aprire bocca.

«Signorino Keenbane, interrompo o posso parlare un secondo?» un signore dai capelli bianchi venne verso di noi, e posò una mano sulla spalla di quel ragazzo, non si degnò nemmeno di guardarmi, ma non fu la sua bassa considerazione di me a stupirmi, era piuttosto il modo in cui aveva chiamato il misterioso ragazzo di fronte a me: 'Signorino Keenbane'.

The Secrets of Hakeghreek CastleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora