Capitolo 21.

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«Non sono da aggiustare, Amy

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«Non sono da aggiustare, Amy.»

Mi ritrovo a rabbrividire per il tono basso e quasi sofferente con il quale pronuncia queste parole. Mi si stringe il petto a sentirgli dire una frase del genere, perché mi lascia intravedere un mondo che non credevo avesse e che mi spinge ad avvicinarmi ancora di più a lui.

Sono convinta che stia dormendo, comunque, non si è mosso e il respiro continua a essere regolare, ma quando sto per girarmi e andarmene in camera mia, spalanca gli occhi e mi blocca sul posto.

«Non l'ho mai pensato» sussurro.

«Non mentire» il tono gli è tornato di nuovo duro e le tracce della sua sofferenza se l'è portate via il suo pessimo carattere.

«Non sto mentendo!» alzo la voce, ma abbasso nuovamente il tono, perché ho paura che Arnold ci possa sentire.

«Sì, lo stai facendo, perché la vedo la pietà quando mi guardi. Sei pessima nel nasconderla.»

Stringo i pugni e lo fulmino con lo sguardo. «Non è pietà, è curiosità, razza di cretino. Vorrei sapere cosa ti è successo, perché, quando, come. Ti stupisce?»

E per la prima volta succede l'inaspettato: Rev non replica, si limita a fissarmi. Mi ritrovo a rabbrividire, perché in casa la mattina fa freschetto e le temperature si abbassano parecchio durante la notte.

Faccio dei passi nella sua direzione, mentre mi tolgo le scarpe con i talloni. «Andiamo, fammi spazio.»

Quando scosto la coperta, lui mi guarda perplesso. «Che stai facendo?»

«Ho freddo e la coperta più vicina ce l'hai tu, quindi...» mi sdraio accanto a lui e mi accoccolo sotto il plaid per riscaldarmi, non che mi serva a molto visto che ormai l'intero divano ha preso il suo calore e me lo sta gettando addosso.

Devo avere ancora l'alcol e l'erba in circolo, perché non avrei mai compiuto un gesto del genere di mia spontanea volontà, a quanto pare ho ancora il cervello un po' annebbiato.

Rimaniamo in silenzio a fissarci per un po', senza dire niente, i miei occhi che scrutano i suoi alla ricerca di tutte le risposte che sembra non volermi dare.

Aggrotta gli occhi all'improvviso, deve essergli venuto in mente qualcosa. «Come hai fatto ad arrivare a casa?»

«Con la macchina, Drew mi ha lasciato qualche isolato in giù e io ho guidato fino a qua.»

«Incosciente, non avresti dovuto farlo» mi fulmina con lo sguardo.

«Non è successo niente, no? E poi tu hai sempre detto che non vuoi che si sappia dove abiti, come avrei dovuto fare?»

«Avresti potuto non bere, per esempio, e nemmeno fumare.»

«Oh, mio Dio, Rev, non è successo niente. Avevo bisogno di staccare il cervello, a volte penso troppo, sai?»

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