Capitolo 17

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BRENDA MITCHELL

Mi sveglio prestissimo per colpa della testa che mi scoppia. Sono le sei del mattino, quindi scendo al piano di sotto alla ricerca di qualcosa che possa potenzialmente farmi sentire meglio. Non soffrivo un mal di testa simile dalla morte di Calum.

Quando se n'è andato, ho rischiato molte volte di commettere follie. Non avevo nulla da perdere, o meglio, questo era ciò che pensavo prima di scoprire di essere incinta. Se sono ancora qui, è solo merito di Katherine e di Michael. Se loro non fossero mai esistiti, probabilmente avrei raggiunto Calum.

Gli incubi avuti stanotte mi hanno scossa terribilmente. I ricordi fanno male, chiunque lo sa, sono come una lama piantata nel petto, e sono in grado di distruggere qualsiasi certezza, qualsiasi sorriso, qualsiasi spiraglio di felicità.

"Mamma." Mi volto improvvisamente, e trovo Michael, di fronte a me, mentre tiene lo sguardo fisso su ciò che sto facendo. Ha l'aria un po' assonnata, ma sembra triste.

"Michael, tesoro, mi hai fatta spaventare." Mormoro, avvicinandomi a lui e dandogli un piccolo bacio sulla fronte. Mi abbraccia, come se ne avesse davvero il bisogno, e capisco che deve dirmi qualcosa. Lo stringo forte a me. "Cosa c'è che non va?" Gli domando, accarezzandogli una guancia, e quando scopro che sta piangendo, mi preoccupo ancora di più.

"Cosa ti sta succedendo, mamma?" Mi chiede, come se fosse arrivato ad un punto di rottura. So che vorrebbe urlare, vorrebbe sfogarsi, ma non vuole svegliare Katherine. Lei ha sempre pensato che Michael fosse un ragazzo forte. Vedendolo così, crollerebbe anche lei. "Sono ormai notti che non dormi, e se dormi riesci ad avere solo incubi." Abbassa la testa. "Non ce la faccio a vederti così, mamma." Continua.

"Michael." Lo richiamo, cercando di tranquillizzarlo. "Se è solo per questo, sappi che è solo questione di abitudine. Digerire certi eventi richiede tempo." Mi mordo il labbro, cercando di non piangere. Ma è tutto impossibile. È impossibile non riconoscere che Michael ha ragione. Dovrei essere la persona da cui loro dovrebbero prendere esempio, e invece mi sento come se non valessi niente.

"Non è solo questo." Si schiarisce la voce. "Katherine vorrebbe sapere qualcosa di più su papà, ma sa che parlandone soffriresti, quindi sta chiedendo a chiunque altro. Zio Luke, zio Ashton, zio Michael, tutti. Dovresti essere tu a dirci qualcosa in più su di lui." Alza le mani in segno di difesa. "È davvero così orribile il mondo in cui viviamo? Perché quella donna ha ucciso papà?" Domanda, diventando sempre più agitato.

Lo stringo di nuovo a me. "Tesoro, lo so benissimo." Chiudo gli occhi. "In questi ultimi anni ho cresciuto te e tua sorella, ho ascoltato qualsiasi parola di conforto da parte di chiunque, ho dovuto affrontare il fatto che fossi rimasta sola, e mi sento come se non avessi fatto assolutamente nulla di tutto ciò." Singhiozzo.

"Zio Ashton dice sempre che sei una donna incredibilmente forte, e io la penso come lui." Mi guarda negli occhi, e capisco che è sincero.

"Zio Ashton, come tante altre persone, non è mai riuscito a comprendere del tutto quanto contasse tuo padre per me." Abbasso lo sguardo.

"Dillo a me allora." Mormora tutto d'un fiato, e a quelle parole sussulto, cercando di capire se le sue parole siano o no serie.

"Cosa, scusa?" Lo guardo meglio, e lui si limita ad annuire. La sua espressione è seria.

"Quando crescerò e avrò una famiglia, voglio vivere un amore come quello che tu provavi per papà." Borbotta. "Hai detto che nessuno riesce a comprenderti, giusto? Dillo a me. Sono tuo figlio, sicuramente capirò." Inarca un sopracciglio, impaziente.

Pensandoci bene, non ha tutti i torti. Nessuno è mai riuscito a capire completamente l'amore che provavo e che provo ancora oggi per Calum, ma Michael è mio figlio. È sempre stato un ragazzo comprensivo e sa come rimanere rilassato anche nelle situazioni più stressanti.

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