II

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"you were my town, now I'm in exile seeing you out"

"Armin!" urlai, sporgendomi verso di lui per abbracciarlo.

"Mikasa, non sai quanto tu mi sia mancata." rispose lui di rimando, stringendomi tra le sue braccia.

Poggiai la testa nell'incavo tra il suo collo e la spalla, essendo lui leggermente più basso. Un profumo dalle note aranciate invase le mie narici, non lo sentivo da tanto e mi resi conto solo in quell'istante di quanto mi fosse mancato. Appena ci staccammo lo osservai meglio: i capelli biondo oro non erano più lunghi, ma adesso erano corti e gli sfioravano le orecchie; il viso era più marcato, sotto gli occhi c'erano delle leggere occhiaie. Mi chiesi da quanto tempo non dormisse. Indossava una t-shirt bianca con sopra una camicia azzurrina, e sotto dei jeans chiari leggermente strappati; aveva anche cambiato modo di vestire.

Lui era sempre stato il collante tra me ed Eren, la persona che sapeva calmare lui e confortare me, l'unico a cui si potesse chiedere un consiglio sincero. Non potei fare a meno di chiedermi come stesse Eren, se fosse rimasto lo stesso di prima, ma ovviamente non lo feci, non avevo intenzione di parlare di lui.

"Allora, dove vivrai d'ora in poi?" mi chiese Armin, mentre tirava fuori le chiavi della sua auto, una panda rosso mattone. Carina.
Soppesai le parole con cui avrei risposto a quella domanda; avrei alloggiato nelle stanze che metteva a disposizione la scuola, ma mi sarei dovuta arrangiare con i soldi che mi aveva dato Levi fino all'inizio delle lezioni, che non sarebbero iniziate prima di una settimana.

"Mhh, affitterò una stanza per qualche notte, finché non comincerà la scuola. " Risposi, cercando di essere abbastanza vaga da non permettergli altre domande sull'argomento.

Salimmo in auto e mi allacciai la cintura, notando un piccolo pulcino di peluche sopra il cruscotto; tipico di Armin.
"Non ti ho ancora chiesto come mai hai deciso di tornare, perdonami se sono così diretto. " Disse lui, mentre metteva in moto la panda.

"Volevo cambiare aria." Risposi vaga;
sapevo che lo avrebbe chiesto, era una domanda apparentemente normale da porre a qualcuno che torna dopo tanto tempo. Solo che ogni possibile risposta sincera avrebbe dato spazio ad altre domande a cui non ero pronta a rispondere.

Lui annuì poco convinto, sapendo probabilmente che avrei detto le cose con i miei tempi.
"Ti sei sentita con Eren ultimamente?" chiese lui.

Che domanda stupida, come se non sapesse quanto orgogliosi siamo entrambi.
"No." risposi secca.

"Sai che probabilmente lo vedrai, vero?"

Annuii senza proferire parola; non sapevo come avrei potuto reagire ad un nostro possibile incontro. Non sapevo se lui sarebbe stato felice di vedermi. Dopotutto non mi aveva più cercata, non si era minimamente preoccupato di sapere come stessi, per tutto questo tempo.
Man mano che il viaggio proseguiva, lui mi raccontò che adesso viveva a casa di Eren, che condivideva la casa con alcuni ragazzi del nostro vecchio gruppo, fino ad arrivare alla notizia che sua madre era morta per una malattia incurabile e il padre aveva iniziato a partire sempre più spesso per lavoro, cosicché praticamente era rimasto da solo.

Mi si strinse il cuore a pensare, ancora una volta, a quanto le cose fossero cambiate in soli quattro anni, a quanto le cose possano sembrare indistruttibili un giorno e rompersi quello dopo, a quanto la vita umana sia fragile come uno spaghetto.

"Ha bisogno di te, so che non vuoi sentirlo ma è così. Secondo me è stato un errore non permettermi di dirglielo." Concluse lui, cupo; i suoi occhi azzurri erano diventati di colpo tristi.

"Non è l'unico a stare male." Dissi, scrollando le spalle. Okay, può darsi che entrambe le nostre vite facciano schifo, ma questo non cancella ciò che è successo, le ferite che mi ha inflitto il suo silenzio. E se solo Armin sapesse cosa ho passato, non direbbe queste cose. Ma non lo sapeva.

Eravamo nel frattempo arrivati davanti casa di Eren, dove il mio amico parcheggiò. Lo guardai con aria interrogativa, e come se mi avesse letto nel pensiero, disse:
"Non è in casa, sto solo passando per prendere dei contanti e poi ti lascio nel tuo hotel. Sai già dove alloggiare?"

Avrei preso una stanza nell'hotel in fondo a quell'isolato, conoscevo i proprietari poiché erano amici di vecchia data di mio padre, mi avrebbero fatto uno sconto.
"Posso raggiungerlo anche a piedi da qui, l'hotel è in fondo a questa strada." Spiegai io, cercando di togliere ogni traccia di tristezza dal mio sguardo.

"Lascia che ti aiuti a tirare giù il trolley almeno." Disse lui mentre si avviava verso il portabagagli con un piccolo sorriso.

"Grazie di tutto Armin."

"Di nulla Mikasa, fatti sentire se hai bisogno di qualcosa. Ah, e pensa alle mie parole di prima. " Si assicurò lui, dandomi una pacca sulla spalla.

"Sì. Ciao Armin. " salutai scuotendo la mano.
Dovevo ammettere che un po' avevo sperato mi accompagnasse fino in hotel, giusto per avere un po' di sostegno morale ed un viso amico a rassicurarmi. Mi sentivo le gambe molli, non ricordavo l'ultima volta che avevo mangiato; da quando ero arrivata in città avevo sentito il nodo allo stomaco farsi più stretto. Ma ce l'avrei fatta, ancora una volta, da sola.
Con un sospiro continuai a camminare trascinando il mio bagaglio dietro.

Ad un tratto sentii una voce familiare parlare animatamente con qualcuno, e poi sentii chiamarmi. Rimasi bloccata sul posto, sperando di aver sentito male.

"Mikasa!" chiamò di nuovo la voce dietro di me. Era Eren, riconoscerei ovunque la sua voce.
Girai lievemente la testa e lo vidi venirmi incontro, mentre Armin era poggiato alla sua auto, con una mano tra i capelli, visibilmente nervoso.

Io volevo riprendere a camminare, fingendo di non aver sentito né visto nulla, ma i miei piedi rimasero incollati al marciapiede.
Ad un tratto sentii la mia testa farsi improvvisamente leggera, e il pavimento avvicinarsi spaventosamente a me.

I remember it all too well // eremika Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora