III

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"just between us, I remember it all too well"

Nessuno parla abbastanza di quanto sia terribile riprendere i sensi dopo averli persi. Rimanere incoscienti è quanto di più pacifico possa succedere a qualcuno, è una piacevole pausa da un'esistenza travagliata, piena di sofferenze ed avvenimenti catastrofici.

Però non si rimane incoscienti per sempre, sennò saremmo già entrati in coma; lo stato di incoscienza e quello di coscienza sono divisi da una linea impercettibile, che viene portata ad essere oltrepassata nel momento in cui qualcuno dall'esterno riesce a provocare uno stimolo alla regione del tronco encefalico soggetta alla coscienza e all'attenzione.
Nessuno parla della sensazione di stordimento, della leggera ma insistente nausea, della perdita di memoria relativa al momento prima di svenire.

Facevo fatica a tenere gli occhi aperti, percepivo una forte illuminazione invadere le mie palpebre; mi misi subito a sedere, senza ancora aver stabilito un contatto visivo con l'ambiente circostante. Pessima idea.

Qualcuno mi disse di stare giù ma non riuscivo a capire di chi fosse la voce; una volta riuscita ad aprire gli occhi, scorsi due figure ripiegate su di me, entrambe visibilmente preoccupate.

"Mikasa, mi vedi? puoi sentirmi?" Chiese una delle due persone. '' pensai nella mia testa.

Con lo sguardo provai ad esaminare la stanza in cui mi trovavo, ma riuscivo a scorgere solamente il soffitto ed una finestra da cui entrava una luce insopportabile.

"Mikasa, sono Armin, dammi un segnale se riesci a capirmi. " Mi richiamò quella voce, che finalmente ricollegai essere quella del mio amico.
Provai a dire che lo capivo e lo vedevo, ma riuscii ad emettere solo un lamento. Mi faceva male la testa.

"Ma si può sapere perché non mi hai avvisato? Che razza di comportamento è questo, e se non ci fossimo stati noi a soccorrerla? Potevi almeno assicurarti che arrivasse sana e salva, Cristo! " Urlò l'altra voce, seguita da rumori funesti di oggetti che cadevano.

Cercai di volgere gli occhi verso la direzione di quei rumori, e vidi un ragazzo dai capelli castani costretti in un codino e il volto agitato. Eren. Ricominciavo a collegare di trovarmi probabilmente dentro casa sua, su un letto abbastanza scomodo, con ancora questa luce terribile che mi accecava.

"Eren sta calmo, la situazione era già complicata e non mi volevo intromettere." Spiegò Armin, andando verso l'amico.

"No tutta questa è colpa tua, questo è ciò che succede a tenermi le cose nascoste." Sentenziò l'altro, puntando i piedi.

Riprovai a mettermi seduta, ma di nuovo ebbi una fitta alla testa e dei giramenti. Armin mi passò un bicchiere d'acqua con lo zucchero, che bevvi tutto d'un fiato. Quella situazione era insostenibile, volevo uscire da lì dentro il prima possibile.

"Non pensavo ti sarebbe importato se lei fosse venuta, e non potevo certo prevedere tutto questo." si giustificò Armin, abbassando il tono della voce. Probabilmente perché io non sentissi, ma avevo perso il dono della parola, non dell'udito.

"Sei scemo?" chiese Eren, alzando un sopracciglio.

"Potete smetterla per favore?" Dissi, con una voce gutturale.
I due ragazzi si girarono verso di me con fare interrogativo, poi Eren si avvicinò a me, che mi reggevo in piedi per volontà divina.

"Mikasa, come ti senti?" Mi chiese, con tono pacato, assolutamente inaspettato dal modo in cui urlava fino a due secondi fa.

"Bene credo, è stato solo un calo di zuccheri." Risposi, evitando il contatto visivo.

"Mikasa, da quanto tempo non mangi?" Si intromise l'altro.

"Umh, non saprei, ieri sera?" Dissi, pensandoci su. Non che avessi avuto il tempo materiale per mangiare, avevo avuto altro per la testa.

I remember it all too well // eremika Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora