Capitolo 3: Non mi freghi!

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Uff...
Che strano...non mi ricordavo che il campo fosse così distante. Non mi ricordavo di aver camminato così tanto.
In oltre sono stanco.
Il mio compagno comincia a pesare. Ho la schiena a pezzi.
È ancora vivo ne sono certo,riesco a sentire il suo battito cardiaco.
Il retro della giacca è sporco ormai...il suo sangue mi deve essere colato giù per la schiena.

Decido di fare una pausa. Sono sfinito.
Sento un rumore dietro quei rovi. È l'ora di utilizzare il coltellino svizzero che mi ero portato dietro. Con questo riuscirò a tagliare quelle fastidiose piante che potrebbero ferirmi.

Cosa??
Com'è possibile?
Mi ritrovo davanti una cascina tutta impolverata e pericolante.
Ma io ero andato a destra! Qualcuno in precedenza deve aver invertito il verso dei cartelli.
Spero siano stati invertiti al di fuori di questa partita.

Mi viene in mente un dubbio. Non è che qualcuno mi stava seguendo?
Mi guardo in torno con sguardo impaurito ma non vedo nessuno.
Ma non sono ancora sicuro di non essere seguito. Chiunque sia(se c'è)potrebbe nascondersi ovunque.

Decido comunque di non visitare la cascina perché magari e quello che l'ipotetico inseguitore vuole.
E anche perché la salute del mio compagno è più importante di quella trappola di legno.

Ritrovo il cartello a freccia e percorro l'altra strada.

Finalmente. Il campo base. Ho le lacrime agli occhi.

Vedo l'istruttore e gli corro in contro.
Gli faccio vedere il foro del proiettile che ha sul corpo il mio compagno.
Non sembra molto preoccupato.
Chiama l'ambulanza e in venti minuti arrivano.
Lo mettono in una barella e lo portano in ospedale.

Decido di chiamare mia madre per farmi venire a prendere prima. Ho avuto già troppi traumi oggi.

Mia madre arriva. Salgo in macchina. E partiamo.
L'istruttore mi saluta.
Dalla borsa che portava in spalla tira fuori un modello di AK-47.

Quell'arma non aveva il colore rosso sulla canna.

Fine terzo capitolo.

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