Capitolo 1

11 1 0
                                    


Il sole filtrava dalle tende chiare e mi accarezzava la pelle pallida, senza darmi fastidio, Miss era ai piedi del letto, impaziente di ricevere la sua dose mattutina di coccole.

Era un Australiano mist, una bellissima gatta molto elegante, dal pelo corto e dei grandissimi occhi verdi. L'avevo salvata da una famiglia pessima, che la maltrattatava.

Quando la trovai, aveva diversi punti del corpo in cui il pelo le mancava completamente e si vedevano delle ferite rossastre che leccava in continuazione in cerca di sollievo; era malnutrita a tal punto da intravede il suo costato, e gli occhi erano colmi di dolore, ma nonostante ciò conservavano quel bagliore caratteristico che riconoscerei tra mille, era quasi accecante per quanto fosse forte.

Io avevo salvato lei e lei mi aveva salvata da me stessa, da un periodo di autodistruzione e autosabotaggio. Era un periodo della mia vita che ormai avevo lasciato alle spalle, che mi aveva provocato tantissima sofferenza e delle cicatrici invisibili agli occhi degli estranei.

Gli attacchi di panico mi avevano portato via tutto, mi avevano tolto consapevolezza, gioia, tranquillità e tanto altro, mi avevano rapita senza preavviso e con una forza incontrastabile.

Mi colpivano sopratutto quando era più vulnerabile, quando ero sola, di notte.
Io, da sempre affascinata dalla magia dell'oscurità mi ritrovai ad aver paura di essa e a bramare la luce del sole che sembrava portarmi tranquillità.

Quelle notti insonni sono impresse nella mia memoria come se qualcuno le avesse scolpite, non potrò mai dimenticare del mio corpo che tremava, delle mie gambe che improvvisamente non erano più in grado di reggere il mio peso, del mio respiro incontrollato, degli occhi spalancati e la forte imperlata di sudore.
La mente che vagava in direzioni impossibili, senza controllo cosi come tutto il mio corpo.

L'orribile sensazione di soffocamento sarà per sempre una delle mie più grandi paure, causata dalle vie respiratorie che si ostruiscono cosi tanto da farti piangere per il dolore, il cuor che batte all'impazzata, lo stomaco che sembra sopperire sotto il peso di un macigno inesistente e il sonno, che abbandona lentamente il corpo.

Un brivido mi attraversa la schiena al solo pensiero di tutto questo perciò scaccio via i pensieri e mi riconcentro su Miss che proprio come in quelle nottate si posiziona vicino il mio viso e si accoccola sul mio petto a pancia in sù.

Dopo un bel pò di coccole mi alzo da letto pronta per la mia mattinata, ovviamente rigorosamente organizzata; sistemo la camera e successivamente mi dirigo in doccia, dove il profuma di vaniglia mi inebria le narici fin quando il mio shampoo all'olio d'Argan sovrasta il tutto, ed io non posso fare altro che abbandonarmi alla bontà di quei profumi.

Una volta uscita dalla doccia, essermi truccata e acconciata i capelli, indosso la camicetta e il pantalone scuro che avevo scelto la sera prima e prendo dalla scrivania le chiavi della macchina per potermi recare a lavoro.

I miei lavorano entrambi in due aziende fuori città quindi anche quella mattina erano già usciti prima che potessi salutarli.

Erano due genitori bravissimi e molto diligenti a lavoro, mio padre in particolare forse anche troppo.

Amava il suo posto da responsabile e molte volte rientrava tardissimo a casa o non rispettava i weekend, tutto girava attorno al suo lavoro.
Mia mamma era impiegata in un'azienda di alta moda, era la dirigente del reparto sartoria, ma prima di diventare dirigente, lei su quelle macchine da cucire aveva lasciato sudore e tempo, ed io la ammiravo per questo, perchè dopo tutti quei sacrifici aveva raggiunto i suoi obbiettivi ed ero così orgogliosa di lei che a parole non sarei mai capace di esprimerlo al meglio.

Spengo la macchina e aprendo lo sportello alzo gli occhi verso il cielo sereno; era incredibile come nonostante fosse autunno le giornate fossero ancora così soleggiate, storco leggermente il naso e increspo le labbra in un sorrisino ironico quando mi rendo contro del modo indecente in cui ho parcheggiato, ma subito dopo facendo spallucce incurante mi incammino verso il grande portone marrone.
Mi stampo un sorriso in volto, non forzato, e saluto tutti quelli che incontro sul mio cammino; mi è sempre piaciuto salutare le persone, alcune volte basta anche un semplice sorriso per cambiare la giornata di qualcuno e a me non costava nulla salutare.

Una Parte Di MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora