Capitolo 7 - Cosa fare?

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Ciao a tutti ragazzi , mi piacerebbe che leggeste lo spazio autrice alla fine del capitolo

Paul's P.O.V
L'ho seguita ovunque, sono stato la sua ombra. Non credo che se ne sia accorta, ma non mi dispiacerebbe se lo facesse. Perché io la sento, eccome se la sento. Nei suoi gesti, nella sua risata, quando le brillano gli occhi, oppure quando gioca con le dita se è nervosa, quando diventa rossa se è arrabbiata o quando distoglie lo sguardo se è imbarazzata. Tanti piccolo gesti che la rendono così speciale, così Meredith. Forse all'inizio credevo che per giustificare questo mio comportamento avrei potuto attribuire la colpa alle indagini perché dovevo scoprire qualsiasi cosa su di lei per colpa di quel damerino di "Tommy" , ma per favore! Poi però mi sono reso conto che lo faccio perché voglio sapere ogni cosa di lei, voglio che per un istante, anche uno soltanto, sia mia, anima e corpo. La desidero così tanto che mi stupisco di questa fame, vorace e bruciante.

Meredith's POV
Già non ne posso più, voglio che se ne vada. Vi prego salvatemi. Mi perseguita, ovunque vada, la sua ombra mi segue sempre. Sono stanca e annoiata. Perché ora? Perché qui? Mi sorprende il fatto di non averlo trovato sotto casa ad aspettarmi con una pistola in mano, perché sinceramente comincia a sembrarmi uno di quei serial killer, che ti seguono per settimane per studiare i tuoi movimenti e poi ti uccidono. Cosa devo fare? Sono così confusa, la "me" di un tempo cerca di riemergere e mi dice che in fondo tutte queste attenzioni da parte sua mi piacciono, ma la mia "me" attuale vorrebbe staccargli le palle "Meredith posso capire il fatto che tu sia infastidita, ma il linguaggio...il linguaggio per favore. Che modi davvero poco signorili" ok va bene, sono d'accordo, ma per la cronaca, non sono infastidita, sono furiosa...
Ciò che Paul rappresenta, non è un aspetto della mia vita che sono capace di gestire e non sono neanche sicura di volere che ne faccia parte. Questo mi fa paura, il fatto che possa riuscire ad entrarne e uscirne indisturbato, semplicemente, portandosi via, ogni singola volta, una parte di me. Non voglio che lui abbia mai più la capacità di influire in qualsiasi cosa mi rappresenti, niente di niente. Devo ignorarlo, magari funziona. Ma che dico? So benissimo che non ci riesco. Sono debole, questa è la verità. Sento quasi di avere il bisogno che mi guardi, per dimostrargli che riesco a funzionare anche senza di lui. Eppure mi condiziona ancora. E me ne rendo conto. In quei momenti mi odio perché quando sento il suo sguardo addosso, cambio postura, modo di parlare o comportarmi. Ed i suoi occhi mi bruciano la pelle, mi provocano sensazioni che non credevo di poter provare e delle odiose e piacevoli fitte si irradiano nel basso ventre. Sono una contraddizione vivente.
Oggi è un altro giorno come ieri e l'altro ieri, cammino per l'Università, mentre Nora si dilunga nell'ennesimo discorso sui soprannomi. Per fortuna non ho avuto nessun corso insieme a lui e per questo sono grata, ma mai sperare troppo perché siamo solo al quarto giorno della settimana e oggi ho tre ore di lezione. La prima è un corso di potenziamento di italiano, ho sempre amato la lingua. È calda, affascinante e piena di mille sfaccettature. La professoressa Arfó è la tipica ragazza mediterranea, abbastanza alta, scura di carnagione, formosa e flessuosa, con i capelli neri e gli occhi dolci ed espressivi. Parla trasmettendo a chiunque calma e dolcezza, ma con la giusta nota di sicurezza e autorità. Probabilmente, anzi sicuramente è una delle insegnanti che preferisco. Iniziare le giornate con lei è sempre un toccasana per la salute mentale di noi poveri studenti.
«Allora io vado Meredith, ci vediamo a pranzo» mi risveglia Nora e le sono grata, perché stavo andando a sbattere contro la porta aperta dell'aula.
«Bene, torniamo a casa oppure oggi hai qualche lezione extra nel pomeriggio?» chiedo. Da quando è iniziato l'anno cerca di ottenere più crediti possibili, frequentando numerosi corsi.
«Si ho dei corsi nel pomeriggio. Che ne dici se ci vediamo in mensa?» mi domanda e ammetto di avere paura a risponderle. Potrei incontrare Paul e non sono sicura che mi vada bene. Non dopo il suo insistente pedinamento.
«Ehm...si ok, perché no...» tento mentre rigiro le dita, giocandoci.
«Meredith, qual è il problema?» mi redarguisce Nora, notando il mio nervosismo. Mannaggia a me e ai miei tic.
«Niente, sono solo in pensiero per gli esami...» invento una scusa, o meglio ci provo.
«Meredith, se tu pensi che io ci creda, insulti la mia intelligenza. Inoltre gli esami sono appena finiti» mi rimprovera e so che ha pienamente ragione, ma non voglio ammettere davanti a lei che l'improvvisa riapparizione di Paul mi abbia stupita quanto infastidita e non so quale delle due sensazioni prevalga. Se lo dicessi a lei, diventerebbe tutto più reale ed io ho bisogno di poter immaginare di avere ancora un minimo di controllo sulla mia vita.
«Avanti Meredith, lo so che si tratta di lui» lei lo sa. A quanto pare sembro proprio disperata.
«Io...lo so» ammetto e tutta questa situazione comincia davvero a pesarmi troppo.
«Senti Meredith, capisco quello che è successo, ma non pensi che sia ora di lasciarti tutto alle spalle. Hai già sofferto abbastanza» dice sconsolata, poggiandomi una mano sulla spalla e guardandomi come se fossi un cucciolo in cerca di amore. Io però non sono un cucciolo e non ho bisogno di amore , non voglio essere compatita, sicuramente non dalla mia migliore amica.
«Non voglio la tua compassione Nora» sbotto stizzita. I suoi occhi si assottigliano e l'aria dolce di prima scompare, al suo posto mi osserva uno sguardo di rimprovero.
«Merdith questa non è compassione, è un consiglio. È molto diverso. Inoltre, smettila di vedere le cose in maniera diversa da come sono in realtà e prendile semplicemente come vengono per una volta» mi spiazza con le sue parole. Ha ragione, io non faccio altro che attaccare tutti per difendermi. E lo faccio pure con una delle poche persone che mi vogliono bene. Sono un rottame rimesso in piedi troppe volte.
«Scusa» dico soltanto.
«Non devi scusarti, io non ti obbligo a dirmi niente, e se tu non te la senti, va bene, però se avessi bisogno di qualcosa, sai dove trovarmi. Anche perché viviamo nella stessa casa» ridacchia.
«Giusto» replico divertita e sollevata. Non sono ancora pronta a parlare di questa situazione.
«Bene, adesso vado. Ci vediamo a pranzo»
«Grazie» le dico abbracciandola. È l'unica cosa che mi viene in mente. Niente di più, niente di meno.
Mi allontano e le sorrido dirigendomi all'interno dell'aula. È una delle classi più frequentate, tanto è vero che chiunque cerca di accaparrarsi i posti in prima fila, per poter ascoltare la professoressa. Ti incanta sempre con il suo entusiasmo e non ti resta altro che rimanerne succube. Oggi però ho un disperato di rimanere sola con i miei pensieri. Mi dirigo verso uno degli ultimi posti vicino alle finestre e mi siedo. Non passano neanche quelli che mi sembrano dieci minuti che la campana suona, segnando l'inizio dell'ora. La professoressa entra, piena di vitalità e vestita come sempre in maniera impeccabile.
«Buon giorno a tutti ragazzi. Sappiate che oggi non faremo lezione, ma voglio parlare di una cosa. Lasciatemi preparare la presentazione. Solo un attimo» nella classe cominciano a nascere varie ipotesi e sussurri. Ormai l'insegnante ha tutta la mia attenzione e i pensieri sono volati via. «Bene, ecco fatto» dice ed il suo accento italiano risalta in maniera particolare.
«Allora ragazzi, come sapete, il mese scorso avevamo parlato degli scambi interculturali ed erano stati infissi alle bacheche i moduli di iscrizione. Il progetto è decisamente decollato e le partenze sono state stabilite per la settimana prossima. Scusate il, a dir poco breve, preavviso, ma queste erano le uniche date possibili per oa prenotazione dei charter» fa una pausa, ci osserva per vedere la nostra reazione e poi riprende.
«Quindi preparate armi e bagagli e partiamo» esclama entusiasta. Sicuramente non vede l'ora di tornare nella sua patria.
«Adesso vi mostrerò i luoghi che visiteremo e alla fine della lezione vi darò le cartelle con i nomi delle famiglie dalle quali sarete ospitati» passiamo l'ora a osservare immagini di posti meravigliosi e inimmaginabili qui. Quando l'insegnante ci congeda, noto che solo una decina di studenti, compresa me, non hanno aderito al progetto. Sono decisamente sbalordita. Perché ho deciso di non partecipare anche io? Non me lo ricordo. Sto invecchiando "Stai invecchiando...già ". Come darti torto.
Però sicuramente mi sarebbe piaciuto fare un viaggio. Sopratutto in questo periodo. Mi permetterebbe di dimenticare.
Con questi pensieri, mi diriggo in biblioteca, per aspettare la prossima ora.
Amo la biblioteca. Là dentro, mi sento libera e spensierata. Nessuno ti giudica, nessuno ti ferisce. Solo io e i libri. Magari molti pensano che siano un modo per evadere dalla realtà e in fondo lo è, perché è questo che cerco. Dalla prima volta in cui vi ho messo piede ho capito che lì sarei stata tranquilla almeno per qualche ora. Ho anche fatto amicizia con la bibliotecaria, una ragazza buona e gentile, che ha la mia stessa passione e l'ha resa il suo lavoro. Infatti appena entrata mi intrattengono qualche minuto con lei per sapere come sta. È  giovane, quasi trentenne. Ha i capelli neri tagliati con un grazioso caschetto e degli occhiali grossi e rotondi che la fanno sembrare più piccola di quanto non sia già.
«Ciao Marge, vado a studiare» mi allontano alla fine della nostra conversazione.
Mi dirigono in uno degli angoli più in fondo dell'intera biblioteca, per stare in pace, nonostante a quest'ora non ci siano molti studenti. Non faccio in tempo a sedermi che sento il suo profumo nell'aria e il suo sguardo penetrarmi. Ormai nella stanza non sento altro che odore di sapone e muschio. Vorrei non girarmi, ma è più forte di me. Mi volto con il respiro affannato, che mi si mozza non appena lo vedo. Ha una mano alzata come se stesse per chiamarmi. Si avvicina lentamente al mio orecchio, chiudendo gli occhi e sfiorandomi la guancia con le labbra. Mi sento persa, la gambe sembrano non volermi reggere e il respiro diventa quasi un ansito tremolante. Il suo alito caldo è sul mio collo e lo sento annusarmi. Fa un verso gutturale che mi provoca mille brividi lungo tutto il corpo. Si allontana lentamente, facendo scorrere un'altra volta le labbra sulla mia pelle. Quando apre gli occhi sono due pozzi ardenti. Le pupille ormai si confondo con l'iride ed il mio primo istinto, nonostante abbia il cervello in tilt, è allontanarmi. Indietreggio confusa, ma lui si avvicina ancora, inchiodandomi al muro e sussurra al mio orecchio.
«Meredith dovresti smetterla di fingere di non conoscermi, sai che a me non puoi proprio mentire » una risata amara mi esce dalle labbra in un sibilo e la rabbia si impossessa di me quasi all'istante. Decido di stare al suo stesso gioco e avvicinandomi, mi incollo al suo corpo, rispondendo con voce lenta e ansimante.
«Hai ragione, forse ti conosco, ma non sei più nessuno per me da molto tempo. Sei tu a non conoscere me» e mi allontano, stordita, arrabbiata e immersa in una nebbia di grande eccitazione. Come mi è venuto in mente di fare una cosa del genere? Sono un'idiota. Stupida, stupida Meredith. A cosa stavi pensando? Il calore mi defluisce dalle guance mentre corro via terrorizzata come non mai. Mi dirigono in fretta e furia verso il bagno e mi sciacquo il viso, rosso per la vergogna. Oddio adesso che faccio? Mi sono messa nei guai da sola. Esco dal bagno un po' traballante ed instabile. Cerco in tutti i modi di dirigermi verso l'aula, per la lezione successiva, evitando che le immagini precedenti mi balenino in testa. Lui sembrava così sicuro e calmo, mentre io ero una bomba pronta ad esplodere. Senza sapere come mi ritrovo di fronte all'aula di astronomia. Mi siedo poggiando la testa sulla mano e rimango imbambolata a fissare il vuoto davanti a me mentre, la classe si riempie. E , un attimo prima che la campana suoni entra lui, si guarda in giro e poi i suoi occhi si fissano nei miei, non li lasciano più, neanche quando va a sedersi. Mi scruta, senza un minimo di imbarazzo. Tutte le immagini di ciò che è successo prima mi appaiono in una lenta sequenza. Il ricordo delle sue labbra su di me mi mozza il respiro e mi manda scosse per tutto il corpo. Improvvisamente mi sembra di soffocare, ma per fortuna il suono della campana interrompe il nostro contatto. Continuo a provare il suo sguardo bruciante su di me. È così intimo eppure è come se allo stesso tempo voglia studiare ogni mia mossa. Perché gli interessa tanto? Perché è tornato? Continuo a chiedermi mentre mi guarda ancora.
Il professor Milber ci fissa per un istante dopo essere entrato e comincia a parlarci di un nuovo progetto di astronomia che dovremmo iniziare la prossima settimana fino alle vacanze estive. Non riesco a stare attenta perché lo sento ancora guardarmi, finché il professore non annuncia che il lavoro si svolgerà in coppie. Allora comincio a pregare di non capitare con lui. Minuti di stressante attesa si susseguono.
«Holmes con Prescott» annuncia alla fine e per fortuna. Eppure non faccio a meno di provare una nota di delusione.
«Glover con Greenfield» dice ancora. Ovviamente lui doveva essere in coppia con una ragazza bellissima. Ormai neanche me lo chiedo il perché! E perché invece a me brucia così tanto? E che cavolo. Adesso basta, non ce la faccio più a pensarlo continuamente. Posso per piacere dimenticarlo?
Questa volta sono io a girarmi nella sua direzione. Mi sta ancora fissando, ma questa volta mi sorride. Mi mancavano solo le farfalle nello stomaco.

# Spazio autrice
Ciao a tutti, innanzi tutto vorrei ringraziarvi. Poi vorrei chiedervi un piccolo favore, ovvero di commentare, facendomi sapere cosa ne pensate, in modo tale da poter anche accontentare le vostre richieste e sapere come migliorare la storia.
Baci e alla prossima.

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