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PRIMA PARTE.

KELLY.

«Dov'è che andiamo mamma? Perchè hai fatto le valigie?» Qualcosa non mi tornava. Mi girai allarmata a guardare le valigie sui sedili posteriori, poi, fissai mia madre al volante.
Erano le 2 e 30 di mattina e avevo sonno. Non sapevo il motivo per il quale mia madre si fosse catapultata in macchina e avesse fatto le valigie così velocemente.
«Mamma» La richiamai quando non rispose ma continuò a tenere gli occhi fissi sulla strada buia in cui ci trovavamo.

Rabbrividì. Diamine se il buio mi mettesse paura.
Persi la pazienza e alzai un po' il tono della voce che uscì serio e deciso.
«Mamma.» Mi voltai anche con il corpo verso di lei, la mia gamba si piegò sotto l'altra gamba stesa e aggrottai le sopracciglia. Riuscivo ad immaginare le mie condizioni, sentivo i miei capelli in disordine, il pigiama che cominciava a far entrare tutto il freddo confondendomi se stessi rabbrividendo per mia madre, il buio o il freddo stesso.

Mia madre finalmente portò i suoi occhi nei miei e io la guardai confusa.
«Ci trasferiamo.» Sputò fredda e io in quel momento mi immobilizzai.
«C-ci cosa?!» Urlai incredula e sperando di non aver sentito.
Mi starò sbagliando io..

«Hai sentito bene.» Disse, tenendo gli occhi fissi sulla strada.
Mi lasciai sfuggire una risatina «Bella questa, mamma.» Mi girai verso il finestrino sorridendo ma quando mia madre rimase in silenzio mi voltai di scatto e deglutì.

«Non stai scherzando..» Deglutì di nuovo e portai gli occhi da lei al cellulare.
Pensai a tutti i miei amici e sobbalzai.
«Mamma! Jennifer, Doddy, Betty, Yuri, insomma i miei amici!» Urlai stizzita.

Mia madre sapeva quanto io tenessi a loro e non capì il motivo per il quale non me li avesse fatti salutare.
«Farai nuove amicizie, Kelly.» Sbuffò e si portò la mano alla fronte.

«Ma-» mi interruppe «Niente ma. Ci trasferiamo e conoscerai nuove persone, avremo una nuova vita e una nuova casa.» Tuonò lei con fare serio.
Mi morsi il labbro inferiore nervosamente.

«Dov'è che andiamo?» Chiesi arresa ripensando alla mia vita che stava per cambiare, di nuovo, come quando ero bambina.
Perché si, ci stavamo trasferendo per la terza volta senza, ancora una volta, capirne il motivo.

«Andiamo Kelly, oggi ci trasferiamo.» La mamma mi sorrise.
«Oooh nooo, di nuovo mamii» Sbuffai.
«Ehy, ehy, niente lamentele piccola.»

Così ogni volta.
Guardai in alto e mi bloccai quando mi accorsi che mia madre ancora non mi rispondeva.
«Cavolo mamma, e rispondimi.» Sbuffai dal naso.
«A Los Angeles.» I suoi occhi si illuminarono, evidentemente lei era felice di vivere una nuova vita ma, beh, io no. A me non ci pensava? Alle mie amicizie? Lei faceva tutto facile e, pensava solo a se' stessa.

«L-Los Angeles?» Sgranai gli occhi e mi avvicinai con la testa a lei.
«Hai sentito bene, Kelly.» Tamburellò le dita sul volante, non vedeva l'ora di arrivarci ed io il contrario.

Questo è un incubo.
Appoggiai la schiena sul sedile e da lì, cominciarono la mia serie di sbuffi, uno dietro l'altro.

Riportai i miei occhi fuori dal finestrino, gli alberi, il buio, l'aria fredda. Respirai profondamente e provai a rilassarmi ma la mente mi tartassava di pensieri e dubbi.

5 ore dopo.
Sbuffai per l'ennesima volta e mi mossi, ancora non trovavo una posizione comoda.
«Leslie Kelly Hussain» Mi richiamò mia madre e mi richiamò per nome intero. Mi voltai verso di lei poco interessata di quello che stava per dirmi.

«E smettila di sbuffare, saranno 5 ore che lo fai continuamente senza fermarti.» Non si voltò a guardarmi ma il tono fu' un dolce misto di rimprovero.
Io, poi, sbuffai di nuovo e più rumorosamente.
«Quanto manca?» Non avevo dormito, mangiato, a breve sarei dovuta andare al bagno eppure lei guidava ormai da ore e non sembrava neanche stanca, a differenza mia.

«Ben 32 ore. Riposa un po'.» Mi guardò dolcemente e le sorrisi di poco adesso si preoccupa per me? ma non poteva preoccuparsi prima di farmi cambiare vita di botto?
Smisi di sorridere.

«Ci riuscissi» Mi lamentai sbuffando ancora. Pensava che, svegliarmi nel bel mezzo della notte per partire così a caso in un posto che neanche prima mi aveva detto, avrei riposato? Si sbagliava si grosso.

«Magari a Los Angeles non ci arrivo.» Feci un espressione di disprezzo e mia madre si voltò di scatto seria.
Tutto quello che aveva in testa mi avrebbe divorata per 32 ore in quell'auto, non mi aspettavo che rimanessi viva.

«Cosa sono queste sciocchezze?!» Si allarmò mia madre e mi si avvicinò così tanto da farmi scoppiare in una risata.
«Era per dire, mamma!» Dissi ridendo mente lei continuava a fissarmi seria come se già fossi arrivata morta.

«Guarda che non muoio.» Ridacchiai
«E smettila Kelly!» Era ritornata mia madre, finalmente. Mia madre prese a sorridere .
«Perché ci trasferiamo?» Dissi di getto, lei quasi smise di ridere e io la guardai di sottecchi.

«Mi hanno proposto lavoro» Prima che continuasse a parlare la interruppi.
«Che lavoro?» Se ci stavamo trasferendo per un lavoretto stupido, per quanto mi riguardasse, potevamo anche ritornarcene a casa.

«Lavorerò sempre in pasticceria ma mi hanno proposto una somma molto più alta e meno ore di lavoro.» Lei sorrise soddisfatta e io continuai a fissarla.
Vabbè.
Mi rannicchiai e tra pensieri, caddi in un sonno profondo. Finalmente.

All'arrivo.
Il viaggio fu una noia mortale, quelle 32 ore sembravano non passare mai.
Aprì la portiera e vidi la casa in mattoni bianchi, esteticamente più bella di quella precedente.
Evidentemente mia madre l'aveva presa in affitto, altrimenti il nostro "trasferirci" lo stava programmando da qualche annetto.
Seguì con lo sguardo la recinzione che a casa nostra non avevamo. Respirai l'aria pulita e il sole rifletteva proprio su casa nostra.
Osservai l'erba curata e luminosa respirando e l'odore fresco.
Non male.
Sorrisi anche se i miei amici mi sarebbero mancati da morire.

«Allora? Che fai, entri?» Mia madre mi fisso sorridente e aprì la porta di casa lasciando il braccio sospeso nell'aria che mi invitava ad entrare in casa.
Restai ferma a guardarla per qualche secondo, poi spostai gli occhi all'interno della casa e poi di nuovo su di lei.
Mi lasciai scappare un sorriso «Arrivo.» Dissi piegando la testa in dietro e poi riportai lo sguardo in avanti cominciando a correre verso la porta di ingresso.

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