16.

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MADDY.

Ho amato i miei demoni
come se fossero degli
angeli perché nelle notti più buie
erano sempre con me.

Di Tate non c'erano tracce.
Il pomeriggio andammo fuori casa sua ma nessuno ci aprì la porta o ci diede risposta.
Quindi, Tate, il pomeriggio non l'aveva passato in casa.
Io ero tranquilla, solitamente andava al parco da sola per guardare le papere che gironzolavano, mentre Logan non fece altro che seguirmi fino casa e a tartassarmi di domande come se io avessi delle risposte.

Speravo con tutta me stessa che quel giorno si facesse viva a scuola perché non avrei sopportato Logan un secondo di più.
Ero sempre una delle prime a dirigersi a scuola di mattina presto. I miei amici ancora non c'erano e il professor Jefferson sarebbe venuto da un mi mento all'altro. Mi mancava.
Mi mancavano le sue labbra.
Mi mancavano le sue mani e la sua presenza. Il mio animo non faceva altro che tormentarmi con la mancanza che provavo nei suoi confronti.

«Maddy» a chiamarmi fu Morgan che aveva una sigaretta tra le labbra. Non aveva mai fumato e non credevo che l'avesse mai fatto e invece...
Sgranai gli occhi e balzai in piedi facendo tremare la panchina.

«Da quando tu fumi?!» quando alzai la voce mi fece segno di stare zitta e allora, abbassai la voce.
«Non ci posso credere» sbuffai incredula.

«Non fumo sempre, ho cominciato da poco. Una sigaretta ogni tanto per calmare l'ansia» parlò come se fumare fosse qualcosa di poco grave per la salute.
Non credevo alle sue parole. Non credevo ai suoi modi di fare.

«Una sigaretta ogni tanto non fa male a nessuno» sputò il fumo fuori.

«Sei seria?» speravo fosse uno scherzo. Ero allarmata da quello che stava facendo. Era davvero convinta che lei non ne sarebbe mai diventata dipendente?
Osservai il filtro della sigarette dino a far cadere gli occhi sulla sua figura che non faceva altro che fumare.
Qualcosa mi diceva che la dipendenza già c'è l'aveva e che ci fosse la mano dei Neighbor. Morgan era un'ammiratrice di Price Cooper, avrebbe fatto di tutto per fare colpo su di lui. Ci provava da anni.
C'era il suo zampino?

«Che pesante che sei» la guardai offesa.
Stava cambiando, l'anno prima non era così.

«Vero, scusa» fu l'ultima cosa che dissi prima di andarmene. Non ero arrabbiata ma quelle parole furono una piccola fitta al cuore.

KELLY.

Aprì gli occhi e il sole filtrava nella finestra come ogni mattina. Quello era il risveglio che tanto amavo avere nella mia nuova camera.
Mi guardai intorno ancora stordita. Ero una dormigliona, odiavo svegliarmi preso la mattina soprattutto se la sera prima avessi fatto tardi.
Mi stiracchiai e qualcosa cadde dal letto. Sbuffai al solo pensiero che dovessi alzarmi.
Dopo qualche minuto mi decisi.

Prima o poi dovrò alzarmi dal letto lo stesso.

Tolsi le coperte e mi girai per alzarmi. Appoggiai entrambi i piedi sul tappetino di pelo bianco che avevo in camera.
Guardai attentamente la camera.

Ma cosa diavolo è caduto?

Odiavo perdere gli oggetti, quindi, qualsiasi cosa fosse caduta la dovevo cercare.
Mi abbassai e toccai il tappeto pensando che fosse caduto proprio li sopra perché fu un rumore chiuso e leggero.
Notai qualcosa di marrone fuori uscire dal bianco e di getto lo presi. Era un orologio.
Aggrottai la fronte confusa. Un orologio maschile, tra l'altro un Rolex, in camera mia.
Quel Rolex non l'avevo mai visto.
Di getto pensai al signor Cooper, era l'unico uomo e l'unico "ricco" che mia madre conosceva e che poteva essere entrato in camera mia.

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