Capitolo 6 - Dove sono -

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Capitolo 6


"Chissà se un felice momento d'amore o la gioia di respirare o camminare in un chiaro mattino e l'odorare l'aria fresca, non valga tutta la sofferenza e lo sforzo che la vita implica."

ERICH FROMM

Logan

Non avevo mai amato l'ossigeno come in questo momento, quindi prendo fiato cercando di immagazzinare più aria possibile nei miei polmoni.

Sono morto? Perché mi sembra di non aver mai respirato prima.

Continuo a far gonfiare la cassa toracica, mentre provo a capire cosa cazzo stia succedendo.

Un odore forte, un miscuglio di disinfettante e medicine, mi invade le narici facendo uscire un lamento dalla mia bocca.

Tutti i muscoli sono intorpiditi, lentamente provo a riprendere il controllo delle mie articolazioni.

Dopo qualche minuto, tento di aprire gli occhi ma le palpebre sembrano incollate tra di loro; inizio a sentirmi osservato, qualcuno sta respirando e non deve essere neanche troppo lontano.

Ma che cazzo?

Scatto, spostando la gamba destra. O almeno ci provo; infatti, quest'ultima viene bloccata a metà strada.

Irritato, e ancora rincoglionito, mi sforzo per creare una piccola fessura che mi permetta di vedere quello che mi circonda.

La luce mi acceca per qualche secondo, quando riesco a mettere a fuoco capisco di essere finito in ospedale.

Porca puttana...

È colpa di quella cazzo di dottoressa, dovevo tenere la bocca chiusa invece di dirle tutte quelle minchiate.

«Che caz...» impreco quando la mano non riesce a raggiungere la faccia, devo riuscire a spostarmi i capelli che mi danno fastidio, che vengo bloccato di nuovo.

Non è qualcuno a trattenermi ma delle cinghie, sono strette intorno ai polsi e alle caviglie.

Questa situazione mi sta facendo incazzare e non poco.

Tiro sulla testa, ormai con gli occhi spalancati, per osservare tutto ciò che mi circonda.

Prima di poter ammirare questa camera dai colori deprimenti, vengo distratto dagli infermieri e da quella stro...

«Buongiorno Logan, come ti senti?» chiede un uomo con una tuta bianca.

Io però non rispondo, cerco di catturare lo sguardo della mia psichiatra che in questo momento è impegnata a controllare i miei parametri.

«Dottoressass, ora o mi liberat e mif fate usciri da questo posto o giuro che la denuncio!» le urlo, guardando i lacci che mi stringono i polsi.

Sono le prime parole che pronuncio da quando mi sono svegliato, la gola è pastosa e la lingua indolenzita.

Mi accorgo dalla sua reazione, però, che quello che stavo pensando nella mia testa non è quello che mi è uscito dalla bocca.

«Logan» sposta l'attenzione su di me e dando dei fogli all'infermiere «tu rimarrai qui finché non sarò io a dire il contrario, chiaro?» prova ad essere dura e decisa ma alla fine suona semplicemente divertita.

«Possot sabere almeno perché sono qui» cazzo, ma perché non riesco a parlare normalmente?

La luce continua a darmi fastidio e non vedo bene, è tutto sfuocato e deformato.

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