Capitolo 3

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Una sera mi avventurai come al solito nel piccolo bosco vicino a casa mia, l'aria era tiepida e dopo qualche minuto di camminata sopra il morbido muschio arrivai al mio solito gigantesco  tronco spezzato dove passavo le serate a fumare sigarette con la compagnia del dolce suono degli uccellini che volando da albero ad albero cantavano allegri.
Ma quella sera il mio tronco era occupato, occupato da una ragazza molto somigliate a un piccolo fiore che accovacciata in se stessa piangeva, aveva i capelli biondi e corti, e la sua larga maglia bianca era ormai macchiata dal trucco trasportato dalle lacrime, non si era accorta della mia presenza, e io immobile non sapevo come comportarmi,
(Girati e torna a casa!) disse il cervello
(No aspetta rimani!) disse il cuore
Come un ladro dentro una banca mi sedetti lentamente e senza fare alcun rumore mi sedetti accanto a un albero a qualche metro da lei.
I singhiozzi e le lacrime non cessavano e più la guardavo più mi sembrava di conoscerla, di tanto in tanto con la manica si puliva il viso.
Per non farla spaventare rimasi in silenzio e mi limitai ad accendermi una sigaretta, ma al solo suono dell'accendersi di un fiammifero la ragazza sobbalzo e cadde a terra, mortificata mi alzai velocemente e la aiutai ad alzarsi.
Lei mi guardò e i suoi  due grandi occhi verdi immersi nelle lacrime mi rapirono in meno di un istante permettendomi solo di balbettare
"s-scusa non ti volevo spaventare"
Lei pulendosi dalle foglie che gli si erano attaccate hai vestiti scosse la testa
"Tranquilla sono io che sono una stupida!"
"Non voglio farmi i fatti tuoi ma se hai voglia di sfogarti puoi farlo, sono una buona ascoltatrice"
Ci sedemmo entrambe sul tronco e lei comincio a raccontare
Di statura era piccola ma il suo fisico era snello e più parlava più la sua voce assomigliava a una deliziosa melodia.
I suoi grandi occhi mi guardavano, le sue labbra di tanto in tanto sprigionavano un sorriso imbarazzato e le sue guance lo incorniciavano con un debole rossore, vedevo dai suoi movimenti che era una ragazza timida e che non amava mostrarlo.
Si chiamava Anna, mi disse che era scappata dal collegio femminile poco lontano da li dopo che le sue compagne l'avevano picchiata numeroso volte per il fatto che era lesbica
(Lesbica? Poi dici di non essere fortunata) disse il cuore illuminandosi
(Ma quanti anni ha ? Sembra una bambina)
"Anna sta diventando notte e tu devi tornare al collegio."
Anna buttandoti nelle mie braccia mi strinse forte lasciando il segno delle sue lacrime sulla mia maglia
"Non ci voglio tornare!"
Io prendendo il suo viso tra le mani la guardai negli occhi
" domani sera a mezzanotte quando dormono tutti vieni al parco poco distante da qui, così potrai ancora raccontarmi e stare lontano da quelle ragazze!"
"Ci verrò sicuramente promesso!" dandomi un ultimo abbraccio si volto cominciando a camminare fino a spartire nelle ombre della notte.
Risedendomi a terra guardai le stelle per un istante limitandomi a dire con un filo di voce
"Grazie!"

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