Capitolo 4 - Sollievo

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Quella mattina Mirrodin fu svegliata dai raggi del sole che penetravano dalla tenda chiusa solo parzialmente. Nonostante le poche ore di sonno si sentiva stranamente riposata con il corpo ancora dolente ma finalmente rilassato dall'essere stato appoggiato ad un materasso morbido invece che al freddo pavimento. Allungò le braccia lungo la testiera di legno intarsiato del letto e stiracchiò le gambe fino a che i piedi non le spuntarono dal fondo della coperta, cedendo ad un sonoro sbadiglio.

Scesa finalmente dal letto si trascinò allo specchio che crudele ma sincero le mostrò i risultati della giornata precedente. I segni di tumefazione sul naso e sullo zigomo sinistro erano evidenti così come il gonfiore.

"Mi dovrò truccare di più per qualche giorno", fu l'unico pensiero che riuscì a concepire mentre le dita percorrevano i contorni scuri e dolenti dei lividi.

Con non poco dolore a livello del costato si infilò gli abiti comodi adibiti agli esercizi mattutini e con una lentezza che non le apparteneva scese i gradini ad uno ad uno fino a trovarsi all'esterno della dependance. La maggior parte degli schiavi era già radunata nel cortile ancora umido di rugiada ma a coordinarli stranamente non c'era Margaret bensì uno degli schiavi più anziani.

Anche Arialin era assente ma quello era scontato e anzi, appena avesse potuto durante la pausa pranzo, sarebbe andata a cercarla per ringraziarla e sincerarsi del suo stato.

Il sole pallido stava ancora sorgendo e l'aria fresca e frizzantina di quella mattina del terzo mese del Sole Crescente non poté aiutarla nella buona riuscita degli esercizi: il torace le restituiva intense fitte ad ogni movimento e il respirare profondamente risultava difficile. Ma nonostante rimanesse costantemente indietro o si fermasse a riprendere fiato, nessuno la sgridava. Fermarsi ripetutamente , oltre che alle costole giovò anche alle sue narici che bruciavano ad ogni respiro e inoltre le permetteva di notare con ancora più facilità che, come prevedibile, era il centro dell'attenzione di tutti. Ma se questo non la sorprendeva, il fatto che quegli sguardi fossero colpevoli invece lo fece: poteva aspettarsi occhiate accusatrici, giudicanti e invece ricevette compassione come se volessero chiedere scusa per aver saputo e taciuto.

Con i capelli legati per bene nella lunga treccia e il trucco realizzato in maniera che i segni sul volto fossero il meno visibili possibile, si infilò la divisa da domestica e raggiunse il salone dove avrebbe ricevuto i compiti della giornata ma anche qui Margaret era assente e fu di nuovo lo schiavo anziano a farne le veci. Ma non per lei, per Mirrodin quella mattina non c'erano compiti da svolgere bensì una sola richiesta, ovvero presentarsi dal padrone nel suo studio.

Sentì il cuore saltare più di un battito a quella richiesta e la sua mente veloce iniziò a generare un'infinità di possibili scenari che finivano sempre con lei punita per aver portato scompiglio nella casa del padrone. Gli occhi furenti di Mephidross pervasi di un bagliore sinistro e arcano la scrutavano da cima a fondo nella sua fantasia e del sudore freddo le bagnò la fronte.

Il suo pensiero corse però anche ad Arialin e alla sera prima mentre saliva i gradini con i piedi che pesavano come macigni.

Erano svariati minuti che Mirrodin si era lasciata andare ad un pianto disperato e liberatorio quando realizzò che l'elfa era ancora ferita e grondante sangue. Si staccò malvolentieri da quel tenero e confortante abbraccio per prestarle finalmente cura. Corse in bagno dove trovò degli stracci puliti, alcool per medicazioni e bende. "Farà un po' male, cerca di resistere per favore."

La faccia dell'elfa si contorceva in smorfie silenziose di dolore che ne alteravano la delicata bellezza mentre le veniva applicato il disinfettante. Mirrodin tamponava gli squarci nella carne con grande attenzione scostandole i lunghi capelli dorati e le si stringeva il cuore a vederla in quello stato. "La tua schiena..." trattenne a stento le lacrime per i sensi di colpa.

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