𝗕𝗘𝗙𝗢𝗥𝗘 𝗦𝗧𝗔𝗥𝗧𝗜𝗡𝗚:
model!levi ackerman (from attack on titan) x CEO!female reader.
modern au.
slightly angst.Il traffico serale era la quotidianità ormai per i due.
Sia uno che l'altra dovevano per forza sopportarlo ogni giorno e il brusio dei motori infastidiva le loro orecchie. Soprattutto quelle della donna, che stava tranquillamente sorseggiando un buon bicchiere di vino rosso, seduta su una comoda poltrona di pelle nera. Aveva alzato le parte inferiore con il pulsante del telecomando e ora le sue gambe, che la mattina aveva fatto massaggiare con alcuni olii, erano molto più rilassate. Pensò che tutta quella tranquillità non era da lei, ma si meritava delle buone vacanze di tanto in tanto.
Quegli sterni occhi che solitamente scrutavano con scrupolosità la gente erano in quel momento persi, così stanchi che mantenere la concentrazione si sarebbe rivelato più difficile del previsto.
Quando era bambina non avrebbe mai immaginato essere una amministratrice delegata avrebbe avuto così tanto impatto sulla sua salute, sulla sua vita, e soprattutto che la avrebbe costretta davanti ad uno schermo per la maggior parte delle sue giornate. Nell'ottica della giovinezza, il suo sogno era di fare tanti soldi da diventare onnipotente, così che non avrebbe più dovuto muovere un dito per il resto della sua esistenza. Ma, come scoprì ben presto, una impresa non si porta avanti da sola, e la fatica che serve per portarne una fino al successo si accumula fino ad arrivare insostenibile.
Con uno schiocco delle dita, richiamò la sua cameriera e le fece portar via la stoviglia sporca, con l'ordine di preparare al più presto la cena.
"Cosa gradireste, signora? La chef può offrirle dei gamberoni avvolti in pasta kataifi, con una salsina allo zafferano, oppure un filetto di vitello arrosto, con crosta di pepe e aroma di tartufo".
"La carne andrà bene. Mio fratello non farà ritorno, per cui non disturbatevi a preparare nulla per lui".
"Si, signora".
E la biondina sparì dalla stanza, lasciandosi dietro solo una scia di profumo dolce e zuccheroso. Se avesse avuto ancora il bicchiere pieno tra le mani, lo avrebbe fatto oscillare per osservarne la densità. Aiutava a calmarla vedere quel liquido corposo muoversi nella bolla di vetro cristallino, quasi come sangue. Il panorama che dominava la sua veduta, attraverso ampie finestre che occupavano l'intera affacciata dell'edificio, era uno spettacolo equilibrato, che molti critici d'arte moderna avrebbero apprezzato con piacere. L'unione tra la strada, di cemento grigio, percorsa da infinità di macchine, gli alti palazzi e infine il cielo infinito, che verso il tramonto aveva la particolarità di colorarsi sempre di un rosa caldo ed avvolgente. La donna si perdeva sempre nei suoi pensieri osservando il paesaggio, e spesso rischiava di addormentarsi, lasciando cadere sulla spalla la testa. Si promise di rimanere ben lucida, volendo evitare un forte torcicollo una volta sveglia, così prese dalla tasca un accendino e l'ultima sigaretta che le era rimasta nel pacchetto. Se la portò alla bocca e la accese rapidamente, ispirando una grande boccata di fumo che rilasciò qualche momento dopo con un sospiro. Nonostante la consapevolezza di possedere le quantità di denaro che potrebbero aiutarla a trovare un sostituto più salutare, volontariamente si rifiutava di rinunciare al suo ormai caro pacchetto settimanale. Non era difficile ammettere a sé stessa la realtà dei fatti, considerato che aveva pian piano sviluppato una piccola dipendenza, forse un vizio. Ma d'altronde, forse quelle poche sigarette erano ciò che le noceva di meno date le sue abituato condizioni di vita. Trovare la signora T/C nel bel mezzo della notte davanti alla sua scrivania ad organizzare le proprie attività e a supervisionare tutte le attività svolte dai suoi dipendenti non era raro, come non lo era vedere suo fratello sgattaiolare nel suo ufficio per prenderla di peso e portarla a casa, profondamente addormentata. Per fortuna nessuno aveva mai azzardato ad accennarlo, perché per la donna sarebbe stato di grande vergogna. Solitamente capeggiava, con il suo comportamento autoritario e produttivo, provocando così una lieve ma ben presente paura nei suoi collaboratori. Una strategia che faceva in modo loro non provassero nemmeno a cambiare le carte in regola o a intromettersi nei suoi affari personali.
Finalmente spense il mozzicone nel portacenere e con la stessa mano sollevò il suo cellulare, che si trovava lì accanto. Abbassò la barra delle notifiche e trovò numerose email, che scorse una ad una, leggendo attentamente. Altre richieste di lavoro, appuntamenti con i clienti, informazioni sull'azienda, ma nulla di ciò che aveva sperato. Lui non aveva neanche provato a chiamarla qualche volta, oppure a lasciare un messaggio alla segreteria.
Era imbarazzante bramare le attenzioni di un uomo in quel modo, soprattutto per una figura come lei. Purtroppo però il danno era fatto, e più lui era sfuggente, più lo desiderava sempre di più; la sua faccia stampata sulla rivista che lei stessa dirigeva la rendeva sempre più nervosa. La causa del suo male, per giunta, la aveva scelta lei, scrutando tra le varie opzioni proposte durante una audizione di livello internazionale.
Aveva giocato bene le sue pedine e aveva assunto un emergente modello dall'aspetto mozzafiato, investendo sui suoi occhi imperturbabili. Grazie a questa vincita, possedeva ora il giornale di moda più in voga del momento, appartamenti, titoli, ammiratori, ogni cosa desiderabile ad occhi altrui. E l'unica cosa che non riusciva a possedere, ad avere, era lui.
La donna schioccò le nocche, stando attenta a non scheggiare le rifinite e curate unghie, si alzò e, con passo deciso, si diresse verso il proprio letto matrimoniale. Amava il profumo delicato dell'ammorbidente che usava la cameriera per lavare le lenzuola e la morbidezza della coperta. Inalò la fragranza e per un attimo poté scorgere nell'aroma quella nota pungente di muschio che lui era solito a preferire nelle sue cologne. Così, si ritrovò a stringere con forza un lembo di stoffa, tenendolo a sé come se ne dipendesse. Si sentiva così infantile a reagire in quel modo, così fragile mentre lasciava che le emozioni avessero la meglio su di lei. Pensò di telefonare al suo manager per ritornare al lavoro e cercare di levarsi dalla mente quel viso così elegante e delicato, ma sapeva già cosa la avrebbe aspettata. "Ma T/N, le tue vacanze sono iniziate da soli due giorni! Devi riposare o non riuscirai a mandare avanti la baracca. Anzi, sai che che ti dico? Lascia che parli io con tuo fratello, farò in modo di farti avere un soggiorno in qualche posto chic lontano dal mondo. Faremo in modo di cavarcela da soli."
La porta si spalancò nuovamente, e la biondina arrivò con il fiatone davanti al materasso "C'è una sorpresa sotto casa per lei, signora. Vada a prepararsi, ha detto che non aspetterà più di tant-". La c/c non perse tempo a sentirla finir la frase, che già era davanti al guardaroba a cercare qualcosa da indossare in velocità.
Non avrebbe dovuto reagire così d'istinto, ma al momento il cuore parlava più forte della ragione. "A che gioco vuole giocare?" pensó T/N, che stava iniziando a infastidirsi, tanto che gli angoli delle sue labbra si incurvarono in un sorriso amaro.
Invece della sua solita camicia bianca con gonna nera, che indossava solitamente sul posto di lavoro, prese un abito corto e stretto, d'un freddo blu notte, ornato di piccoli cristalli sulle rifiniture.
"Mi lasci aiutarla, signora" chiese la cameriera, sistemandole i capelli e un paio di pendenti orecchini brillanti ai lobi. Dopo alcuni bracciali e una luminosa collana al collo, infilò i tacchi ai piedi, due importanti scarpe lucide che le donavano una seria aria d'importanza, di potere.
"Grazie Christa, mi dispiace per la cena" disse di fretta T/N, riponeva dentro ad una borsetta portafoglio, cellulare e cipria, insieme al suo solito rossetto color mattone.
"Stia attenta, signora" la salutó la cameriera mentre l'altra sorpassava l'uscio e si chiudeva la porta alle spalle. Quello che si trovò davanti T/N era impressionante: una lucente e sinuosa limousine dai vetri oscurati. Si avvicinò, aprì la portiera e si sedette cercando di assumere una postura educata.
Dopo che si fu allacciata la cintura, sentì le ruote passare sul cemento, segno della sua partenza. Il motore era silenzioso e l'aria era piacevolmente riscaldata. La radio era accesa a basso volume, contornando l'atmosfera. Mentre si ammirava nel piccolo specchietto del cosmetico e si assicurava d'avere i capelli in ordine, si incuriosì e decise di vedere chi guidava quella lussuosa macchina. Così, con mosse incerte ma silenziose, provò ad aprire la finestrella che collegava le due sezioni, non riuscendoci. La c/c girò gli occhi, un poco contrariata. Dopo circa un quarto d'ora di viaggio, un ragazzo in giacca e cravatta con due bellissimi occhi azzurro mare la fece scendere, assicurandosi di tenerle ben salda la mano. "Siamo arrivati" annunciò, sorridendole. Aveva una tono dolce e gentile, come il suo aspetto.
T/N si guardò intorno come un pesce fuor d'acqua, non conoscendo bene la zona in cui era stata portata. Inoltre nei paraggi non erano presenti volti familiari, come si era aspettata, per cui iniziò a temere di aver frainteso il tutto e di aver sbagliato approccio, addirittura che la limousine non fosse veramente per lei. Questa aveva parcheggiato davanti ad un lussuoso hotel dalle colossali dimensioni, che la donna conosceva solo per reputazione.
"Devo entrare?" domandò con voce bassa all'autista, alzando lo sguardo all'ingresso dell'edificio, adornato da luci e piante di varia natura ben curate.
"Non ho ricevuto indicazioni su questo, signora. Mi è stato solo comunicato di portarla qui" rispose con un accenno di insicurezza lui, già rientrato nella macchina e pronto per ripartire. Dopo un breve cenno d'assenso, si rimise la guida e la lasciò sola a decidere sul da farsi.
Dopo averci pensato su, si incamminò verso l'entrata, con passi sicuri e rumorosi, come se la sua presenza fosse assolutamente necessaria da far udire. Giunse davanti alle due porte scorrevoli di vetro e subito capì in che infima trappola era capitata. Con la schiena appoggiata al muro, un completo raffinato nero, occhiali da sole e una mascherina che copriva la maggior parte della faccia, intratteneva una conversazione al telefono.
"Non ho la minima intenzione di partecipare ad uno shooting che potrebbe rivelarsi un fallimento" sibilò con cattiveria, per poi roteare le ghiacciate iridi verso l'alto "No, non voglio discutere, mandali a farsi fottere e basta. Ora scusami, ma sono impegnato". Con uno sbuffo seccato interruppe di colpo la chiamata, senza nemmeno lasciare il tempo alla persona di rispondere, non curandosi di dimostrarsi gentile nei suoi confronti.
Si rivolse poi alla donna che lo stava squadrando con aria scettica e braccia incrociate.
"Finalmente, ce ne hai messo di tempo"."La vista è deludente..." si lamentò l'uomo, affacciandosi dal bordo del tetto dell'hotel, dopo essersi liberato del suo semplice ma scomodo travestimento. Per una celebrità come lui, muoversi in mezzo alla gente senza venire assalito dai fan e dai reporter televisivi si rivelava essere difficile, per cui cammuffarsi era l'unica soluzione funzionante. Ora che la donna riusciva ad ammirarlo meglio, quella che indossava era un costoso set di cotone composto da giacca e pantaloni, accompagnato ad un semplice ma aderente dolcevita.
Le dita, impreziosite da vari anelli d'argento, picchiettavano ad un ritmo veloce sul rivestimento di metallo, costruito per evitare i spiacevoli incidenti e cadute fatali. T/N aveva appoggiato la schiena contro questo, tenendo la testa alta contro la leggera brezza che le scompigliava i capelli, ed aspettava che il suo collega parlasse per primo di nuovo.
"Sei stranamente zitta. Quando è ora di affari però non smetti mai un secondo di parlare, a riempirmi di lavoro da fare..." fece notare lui con tono sarcastico.
"Sono incuriosita da questa tua improvvisa voglia di incontrarmi, Ackerman, nulla di più" disse lei pacatamente, senza mostrare cenni di frustrazione nei suoi confronti; anzi, se non fosse stato per l'intonazione indifferente con cui aveva affermato quella frase, si avrebbe potuto pensare stesse cercando di provocarlo.
"Ho sentito il tuo manager parlare di una certa signora T/C prendere una settimana libera e quasi non potevo crederci. Dovevo verificare da me che fosse vero-" spiegò l'uomo, voltandosi leggermente per poterla osservare. Quando vide la nota d'insoddisfazione che era leggibile sulla faccia della donna alla sua risposta, non poté fare a meno di ridacchiare, facendo uscire dalle labbra la sua limpida voce in modo non curante.
"Che hai adesso? Ora che mi faccio sentire, improvvisamente la mia presenza non ti soddisfa più?" chiese con una smorfia, quasi divertito dal modo in cui lei sembrava infelice in quel momento.
Effettivamente T/N non riusciva a trovare parole con cui contrastarlo, con cui sopraffare la sua inimitabile arroganza. Non riusciva ad accettare che un individuo così pieno di sé riuscisse a farle perdere la testa e non poteva possibilmente perdonargli quell'atteggiamento. Eppure, come ogni occasione, si sentiva attratta da lui sempre di più, e tutti i problemi che portava la sua vicinanza sembravano sparire nell'esatto momento egli apriva bocca. Avrebbe dovuto ripagarlo con la stessa moneta, riposizionarsi al di sopra di lui come era stato all'inizio, senza lasciarsi piegare dalle emozioni.
Il silenzio fu interrotto nuovamente, e questa volta la tensione era meno tesa, l'aria più respirabile.
"Ti conviene fartela andare bene. Anche perché mi ha seccato parecchio dover ammettere di aver voglia di vederti".
All'udire di quella affermazione, la donna sgranò immediatamente gli occhi, genuinamente colpita da ciò che le era stato detto. Alzò lo sguardo e incontrò il suo, tagliente ma allo stesso tempo più affettuoso del normale.
"Per cui, boss... le va di venire a cena con me questa sera?"