Ci sono io con te, capito? Sempre

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Gli tremano le mani, il cuore va velocissimo, il respiro gli scuote il petto, Manuel non sa cosa sta succedendo al suo corpo e la sua mente corre troppo, non riesce a pensare o forse i pensieri sono troppo forti e non riesce a concentrarsi, a fare ordine e razionalizzare.

Sa solo che è da Simone che deve andare, è lui che deve raggiungere perché sicuramente saprà cosa fare, Simone ha sempre tutte le risposte, magari non ai problemi del mondo ma ai problemi di Manuel sì, vi trova sempre rimedio e lui adesso ha bisogno di qualcuno che tenga insieme i suoi pezzi.

Lui adesso ha bisogno di Simone.

È sera, le luci della veranda illuminano ciò che lo circonda ma Manuel potrebbe anche essere cieco per quanta poca attenzione presta al resto. Batte forte col pugno sulla portafinestra che dà sul salone della villa e aspetta che qualcuno vada ad aprirgli.

È proprio Simone a spuntare dall'altra parte del vetro, un'espressione confusa sul viso che subito si tramuta in preoccupazione quando nota il respiro corto e il viso stravolto di Manuel.

«Manu, che succede?».

«È– È mio padre» balbetta Manuel, la voce un sussurro.

Simone corruga le sopracciglia: non l'ha mai visto così sconvolto, sembra un animale in trappola.

«È mio padre» continua a ripetere, il petto che si alza e si abbassa troppo velocemente e Manuel non riesce a respirare.

Simone, che ha imparato a riconoscere gli attacchi di panico, gli prende delicatamente il polso e lo fa entrare in casa. Vorrebbe farlo salire in camera, ma prima deve cercare di calmarlo, di farlo tornare da lui nel presente. Gli prende le mani e cerca di farsi guardare continuando a ripetere piano il suo nome.

«Manu, guardami, respira con me».

«È mio padre Simò, Nicola è mi' padre, lui– c'ha lasciati che manco ero nato e poi– s'è fatto 'n'altra famiglia, c'ha una figlia è ricco e mamma se doveva spacca' 'a schiena 12 ore al giorno– e–».

«Manuel».

Simone pronuncia il suo nome con più decisione adesso, spostando le mani a circondargli il viso per portare i suoi occhi dentro ai propri. «Devi respirare. Fai come faccio io».

«Non ce riesco– Simò io–».

Simone allora prende una mano di Manuel e se la porta sul petto, all'altezza del cuore. La tiene lì, posandoci sopra la propria.

«Oh, lo senti? Concentrati su questo. Dentro e fuori» dice calmo, prendendo respiri lenti senza smettere di guardarlo negli occhi.

Manuel, a fatica, ne imita i movimenti focalizzandosi sul ritmo costante del cuore di Simone sotto al proprio palmo. L'aria inizia a passare più facilmente, la stretta alla gola si allenta.

Dopo qualche minuto, ancora vicini, Simone sussurra «Vuoi andare in camera?».

Manuel annuisce. I due salgono su per le scale, la mano di Manuel stretta in quella di Simone che ne accarezza le nocche col pollice. Arrivati in camera, si sfila giacca e scarpe e poi si guarda intorno, come se non sapesse che fare.

«Tiro fuori la brandina?» gli chiede Simone.

Manuel scuote la testa.

«Vuoi dormire con me?».

Annuisce.

Simone allora di mette a letto e aspetta che Manuel lo segua prima di spegnere l'abatjour sul comodino. Attende che sia lui a dire qualcosa, ma Manuel si distende su un fianco e gli dà le spalle.

«Vuoi... parlarne?» mormora Simone nel buio.

Si avverte solo silenzio nella stanza dopo quella domanda, fino a quando la voce debole di Manuel pronuncia «Simo... m'abbracci, per favore?».

Manuel sente il fruscio delle lenzuola e poi un braccio gli circonda la vita portandolo più vicino al corpo di Simone, petto e schiena a contatto, gambe incastrate. È con il respiro cadenzato di Simone sul collo che le palpebre di Manuel si fanno pesanti e si chiudono, non prima di averlo sentito mormorare tra i suoi capelli «Ci sono io con te, capito? Sempre».

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