Capitolo 5

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Era il cinque settembre del 1939, e fu allora che mio padre mi disse di andare con lui. Avevo solo ventidue anni cavolo, avevo tutta la vita davanti, e invece per via dei comandi del signor Hitler che lui ammirava, ormai non avevo più la mia vita.
Non vedrò più i miei amici dell'Università, non vedrò più mia madre, non vedrò più il solito bar dove andavo prima, ma specialmente non vedrò più lei... Dafne.
Il suo sorriso.... quei suoi capelli lisci color castani... gli occhi verdi....
Quella sera lei era semplicemente stupenda. Aveva un vestito aderente alle sue forme e che si intonava con il colore degli occhi. Nei giorni che passavano molto velocemente, prima dello scoppio della guerra, ho sperato continuamente di rivederla in quella spiaggia. Di rivederla con quel vestito bellissimo e il suo sorriso a dir poco stupendo. Era troppo presto dirlo, ma io credevo di essermi innamorato di lei. L'ho vista solo una volta e, l'ho conosciuta solo quella sera, ma è come se l'avessi conosciuta tanto tempo fa. Eravamo così in sintonia che non volevo più separarmi da lei e, maledico quando è arrivato il momento di quando lei si è separata da me.
«Dove vai?» - mi chiese una volta
«il mio compito purtroppo è uccidere. Devo andare in guerra» - le risposi.
Per quella frase, per quella parola, lei non faceva altro che evitarmi.
Non la biasimavo, aveva ragione.. anche se erano passati solo due mesi da quella risposta che le diedi, quel che sono adesso io non volevo esserlo. Volevo essere altro. Volevo realizzare il mio più grande sogno. Volevo diventare un medico. Volevo salvare vite e non fare il contrario.
Quando la rividi in quel campo di concentramento, con quel cazzo di pigiama e numero sul petto, ero sbiancato. Mi aspettavo di tutto, ma di rivederla lì no. Mi aspettavo di tutto ma di scoprire che lei fosse ebrea no.
Speravo con tutto il mio cuore che non fosse in quel modo, ma più chiudevo gli occhi e mi autoconvincevo che non fosse vero più era reale.
Lei era un'ebrea ed era a tutti i costi una mia nemica.
"Deve morire come tutti gli altri" "dimenticala" "toglitela dalla testa, lei è un'ebrea e non può funzionare".
Mi ripetevo le stesse cose da giorni e più di autoconvincermi non sapevo più cosa fare.
L'amavo? Era solo attrazione? Si? No? Erano domande senza alcuna risposta. Non lo sapevo neanch'io come rispondere e, forse non ci saranno mai delle risposte.
Riesco solo a dire che quella sera, con lei sono stato bene. La prima volta in vita mia che mi sento a mio agio.

«e tu? Fai l'università?» - le domandai.
«no, io ho smesso con gli studi purtroppo...»
«oh.. e perché? Se posso sapere»
«non mi va tanto di parlarne» - mi rispose
«capisco, scusa se ti ho chiesto. Non volevo essere troppo invadente»
Come risposta lei mi fece un sorriso. Per la prima volta, dopo tanto tempo, sorrisi anch'io.

«per come mi stai raccontando amico, io dico che tu non sei innamorato.. sei solo cotto di lei» - mi disse il mio amico Edward
«tu dici? Io.. non riesco a capirlo. Con Stefania quando sentivo il suo nome, si ok impazzivo, ma con Dafne è diverso.. io.. con lei mi sento bene»
«sei innamorato, ecco perché»
Forse Edward aveva ragione, io forse ero innamorato di Dafne....
"Ti amo" non l'avevo mai detto a nessuno. Avevo paura di queste due parole. Perché da un momento all'altro ti stravolgevano la vita.
«devo dimenticarmi di lei» - dissi
«lo so e faresti bene. La proteggeresti così»
«è quello che voglio.» - dissi «Voglio, anzi, devo proteggerla e, lo farò ad ogni costo».
L'avrei protetta per sempre. Qualunque sia il rischio, io l'avrei protetta.

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