Capitolo 3

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Erano passati solo due giorni da quando iniziò la deportazione degli ebrei. Gli uomini iniziarono a fare lavori per i nostri carri armati fin da subito, mentre le donne facevano i soliti servizi che si fanno a casa.
Un giorno, mentre io ero nel mio studio Edward entrò all'improvviso e cominciò a parlarmi. Sinceramente non ascoltai per niente ciò che diceva, pensavo solo e semplicemente a lei. A Dafne.
Ero preoccupato, vorrei tanto aiutarla ad uscire da qui.. ma non so come.
Vorrei tanto poterla stringere fra le mie braccia come l'ultima volta che ci siamo sfiorati su quella spiaggia...e vorrei tanto baciarla.
A distrarmi dai miei pensieri fu Edward che mi lanciò un cuscino, in faccia, del divanetto.
«ma che cazzo di problemi hai?» - sbottai.
«non mi dai retta, é da ore che ti parlo e non mi ascolti»
«non voglio sapere di te che ti fai le ragazze ebree»
«sei incazzato solo perché hai scoperto che la ragazza che ti piace è ebrea?»
«shh sta zitto che potrebbe spuntare mio padre da un momento all'altro» - dissi alzandomi di scatto dalla sedia e andando vicino alla porta del mio ufficio.
«prima o poi lo scoprirà e lo sai benissimo»
«non lo scoprirà mai»
«se lo dici tu..»
«che vuoi dire? Non avrai intenzione di dirglielo spero. Sei il mio migliore amico e non dovresti farlo e lo sai benissimo»
«io non farò niente, ma gli altri tedeschi hanno capito tutto. Specialmente quella che sta sempre accanto a tuo padre giorno e notte per dire»
«si deve stare zitta, sennò la faccio tacere io»
«ammazzandola? Perché sarebbe davvero bello vederti uccidere» - disse con un sorriso.
Io non ero così.
«no, ricattandola. Io non sono mio padre che uccide chiunque respiri la sua stessa aria» - dissi per poi uscire dal mio ufficio e andare in mensa.



Mentre io e Edward stavamo andando in mensa, vedemmo un uomo tedesco accanto a Dafne. Vidi che la spinse e la fece cadere a terra. Serrai i pugni per contenere la rabbia.
«Érick calmati, non puoi fare nulla. Devi tenere un profilo basso e lo sai»
«non posso stare fermo a guardare..»
Ed era vero. Non riuscivo a sopportare che qualcuno le facesse del male. Il tedesco, che si chiamava Edgar, la prese per la gola e gliela strinse forte, così forte che in faccia Dafne divenne tutta rossa per via del respiro che le stava mancando.
A questo punto io andai vicino a loro e interruppi ogni cosa.
«fermo o ti faccio portare via, o magari investire.. chi lo sa, sotto un treno o sotto un carro armato. E poi, non sei autorizzato ad ammazzare qualcuno all'improvviso senza motivo»
«chi sei tu per dirmi una cosa del genere? Non sei nessuno ragazzino. Vattene via e lasciami divertire con questa signorina molto succulente»
«vuoi davvero sapere chi sono? Bene.. te lo dirò con tre parole vediamo se indovini» - e con il segno delle dita iniziai ad elencare - «capo, ordini, vicecapo» - «penso che così sia molto capibile chi sia io, no?»
«lui è mio figlio e ha ragione, non hai il diritto di uccidere senza il mio consenso» - disse mio padre mentre si avvicinava a noi - « e ora sparisci»
Edgar se n'è andò spaventato e poco dopo mio padre si rivolse a Dafne dicendo che veniva portata in stanza accompagnata da me.
«Edward tu vieni con me, devi aiutare in mensa»
«si signore»


«stai bene?» - le chiesi
Lei non rispose.
«so che hai paura ma non ti farò nulla promesso».
Ancora niente.
Sbuffai. «So perfettamente che sai chi sono.. hai solo paura di me, e mi fa male tutto ciò. Io non voglio farti del male, puoi starne certa Dafne»
Non parlò per niente e io ormai non sapevo più come fare.
«siamo arrivati» - le dissi in modo freddo - «ora arriverà il pranzo anche per voi».
Stavo per andarmene verso la mensa di nuovo, ma poco dopo lei mi fermò prendendomi dal polso e mi sussurrò:
«grazie Érick»

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