Epilogo

126 4 2
                                    

Dafne

Érick morì il 2 settembre del 1945.
L'unico ragazzo che avessi mai amato in tutta la mia vita, mi lasciò.
Alejandro appena non vide suo padre quando lo andai a prendere nell'ufficio di Érick capì subito che c'era qualcosa che non andava. Capì che suo padre era morto.
Mi abbracciò e scoppiò in lacrime.
Voleva tanto vederlo, ma ormai era impossibile. Voleva abbracciarlo, ma questo non era più fattibile. Voleva parlargli, ma non poteva più.
I tedeschi fuggirono e così noi pochi rimasti scappammo.
Avevano perso la guerra.
Nell'altro campo gli americani a gennaio furono lì e lo invasero e stessa cosa la facero anche nel campo di concentramento dove ero io proprio adesso.
Camminammo e caminammo. Io ed Alejandro però viaggiammo dentro un carro armato. Eravamo stanchi, specialmente Alejandro era stanco.
«mamma»
Era la prima volta che lo sentivo.., Érick aveva ragione. Faceva effetto sentirsi chiamati così.
«dimmi amore»
«dove stiamo andando?»
«in America piccolo ometto» - rispose l'americano al posto mio.
Abbassò lo sguardo.
«così mi chiamava mio padre..»
«Alejandro..» - sussurrai. Entrambi avevamo ancora gli occhi lucidi, ma Alejandro specialmente piangeva ancora.
«mi manca molto mio papà. Lo voglio qui con me» - pianse a dirotto.
Mi avvicinai a lui e lo strinsi a me.
«papà sarà sempre con noi. Proprio qui dentro» - dissi mettendogli la mano sul cuore.

*
13 anni dopo...
Alejandro
«mamma, per caso ti ritrovi qualcosa che apparteneva a papà?»
«ehm.. Il suo cappello da tedesco. È un po' rovinato, ma è l'unica cosa che ho recuperato prima..sai..»
Mi passò il cappello e me lo rigirai fra le mani.
«si..so perfettamente cosa vuoi dire, ma come hai detto tu, lui mamma è sempre con noi. Proprio qui» - dissi toccandomi il petto all'altezza del cuore.
«vorrei tanto che lui fosse qui..» - disse mia madre.
«anch'io.. mi manca tanto. Vorrei sapere cosa ne pensasse lui di tutto ciò. Che mi sono iscritto al militare e ho intenzione di fare il medico, proprio come lui. Mi ha sempre raccontato del suo sogno più grande, ma per via di quella merda di persona non ha potuto. E nonostante sia stato il patrigno di papà, io non lo chiamerò mai nonno. Ritornando al cappello mamma.. mi fa pensare molto a lui..»
Metteva i brividi raccontare di mio padre e avere il suo cappello da tedesco in mano mi spezzava il cuore in tantissimi pezzi. Ricordo perfettamente quando ogni volta che lo indossava glielo rubavo.

«dai Alejandro no basta» - disse ridendo.
«uffa..»
Abbassai lo sguardo. Ero arrabbiato, volevo mettere troppo quel cappello.
Poco dopo sentii qualcosa sulla mia testa. Me la toccai e sentii che mio padre mi aveva messo il suo cappello.
«buon compleanno piccolo ometto»

Avevo compiuto quattro anni.

«grazie papà, ti voglio bene»
Mi abbracció stringendomi forte a sé.
«anch'io te ne voglio, non dimenticarlo mai. Io sarò sempre con te, ok?»
«si»
Mi accarezzava la schiena, lui era solito farlo. Mi tranquillizava.
Rimanemmo così per tanto tempo, ed io ero felice di essere fra le sue braccia..

Cazzo quanto mi mancava..
Decisi di indossarlo. Adesso si che ero pronto per il militare.
«mamma.. sono pronto per partire. Specialmente per realizzare il sogno di papà»
E mio padre sarà con me. Come mi ha sempre promesso. Ora avevo diciassette anni.
Alejandro Érick García adesso é pronto a tutto, proprio come te papà e tu sarai con me.
Come ai vecchi tempi.

You are the reason Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora