14. Veri sentimenti

670 52 45
                                    

Erano passati tre giorni e Satoru non aveva ancora pianto. Suguru si stava preparando, sapendo che una volta successo, sarebbe stato devastante.

"Satoru" sussurrò dalla porta della sua stanza, sedendosi accanto a lui sul letto. "Dovremmo andare"

Lui si limitò ad annuire, aggiustando le pieghe inesistenti nei suoi pantaloni eleganti. "Sì", disse, sbattendo le palpebre. "Ma io non voglio andare, Sugu"

"Lo so, ma dopo un'ora sarà finita" disse Suguru, posando una mano sulla spalla di Satoru. "Allora, non dovrai più preoccuparti del funerale"

"Questo è il punto" disse, guardandolo. "Una volta che il funerale è finito, è tutto finito. Questa è l'ultima cosa che mi resta da fare"

Suguru cercò lacrime negli occhi di Satoru e non ne trovò. "Adesso è doloroso, ma starai bene. Devi solo darti tempo"

"Sto bene" disse, appoggiandosi a Suguru. "Lo so, ma io... non voglio che finisca. Voglio continuare a farle visita in ospedale. L'avrei visitata ogni singolo giorno per il resto della mia vita se fosse stato possibile"

Suguru era silenzioso, cercando di contare i suoi respiri. Fissò il pesce nell'acquario di Satoru, il nome sfuggiva alla sua mente. Nuotava con pinne rosse fluenti e, per qualche motivo, il movimento calmò Suguru.

"Stava soffrendo", continuò Satoru, permettendo a sé stesso di appoggiarsi ulteriormente a Suguru con la testa sulla sua spalla. "Quando ho ricevuto la telefonata e ho saputo che era morta, sono rimasto devastato. Mi sento stupido a pensare che sarebbe sopravvissuta"

"Fermati. Non sei stupido..."

"Lo sono", lo interruppe Satoru. "Non solo, sono anche egoista"

"Satoru, ti è permesso piangere per lei. È tua madre"

"Se n'è andata, e non c'è nient'altro da fare per me", disse Satoru, muovendosi per alzarsi. "Piangere non mi farà stare meglio"

Suguru si alzò per fronteggiarlo, gli occhi azzurri che incontravano i suoi. "Perché non dovrebbe?"

"Non posso più aiutarla" disse Satoru, con una leggera frustrazione nella voce. "È morta. Il mio dolore per lei non la riporterà in vita"

"Non dovrebbe riportarla in vita. Dovrebbe aiutarti"

"Non ho bisogno di aiuto" disse Satoru, le spalle curve.

Suguru lo fissò. Fissò le occhiaie sotto i suoi occhi, il grigio del suo viso, il tremito delle sue labbra.

"Voglio aiutarti", disse dolcemente, spaventato da come Satoru avrebbe potuto rispondere. "Lascia che ti aiuti"

"Suguru" disse, appoggiando entrambe le mani sulle sue spalle. "Per favore, non avere pietà di me. Ne ho abbastanza delle persone che mi compatiscono"

"Io non..."

"Lo stai facendo" disse, la voce tesa. "Voglio che tu rimanga lo stesso. Guardami come fai sempre, non come fai adesso"

Suguru fissò il tappeto grigio di Satoru, "Okay," sussurrò, trovando a malapena in sé stesso la capacità di alzare di nuovo lo sguardo. "Mi dispiace"

Satoru distolse lo sguardo questa volta, il tramonto proiettava un filtro arancione sul suo viso. Fece un respiro profondo, evitando il contatto visivo. "Non permettermi di lasciarmi andare oggi... o in qualsiasi altro giorno dopo. Non voglio cambiare"

Suguru si limitò ad annuire con il peso di quelle parole, seguendo infine Satoru lungo il corridoio e fuori. Si separano, Suguru tornò alla macchina dei suoi genitori e Satoru si unì a suo nonno.

(WHEN FACING) THE THINGS WE TURN AWAY FROM ─ stsgDove le storie prendono vita. Scoprilo ora