16. Domande ipotetiche

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C'era una festa alla 13esima, ma loro decisero di non andarci, preferendo guardare dei film a casa di Satoru.

Durante il cammino buio per arrivare lì, Suguru pensò a come sarebbe andata la serata. Più a lungo pensava al litigio con Satoru, peggio si sentiva. L'adrenalina di quella sera accresceva, ogni parola odiosa che Satoru aveva detto echeggiava nel suo orecchio ogni pochi istanti. Ha continuato a ignorarlo, alzando la musica nelle cuffie per soffocarlo. Non aveva bisogno di soffermarsi troppo, soprattutto ora che la casa di Satoru era a solo un isolato di distanza. Suguru contò i suoi passi, i suoi respiri, il ritmo della musica, contando e contando fino a raggiungere la veranda.

Tutto sembrava uguale quando Suguru suonò il campanello. Si era aspettato che fosse diverso ora che sua madre se n'era andata, ma era uguale, quasi come se fosse stata lei ad aprire la porta. Fu invece Satoru, la tensione attorno ai suoi occhi diminuì mentre Suguru entrava. "Volevo pulire, ma me ne sono dimenticato", disse, chiudendo dolcemente la porta dietro di sé.

Suguru osservò il soggiorno, scavalcando due paia di scarpe di Satoru mentre entrava. "Ne sono sicuro"

"No" ammise ridendo. "Era solo per dire" si lasciò cadere sul divano e accese la televisione. Aveva già preparato i popcorn, la sua mano vagava verso la ciotola gigante sul tavolino. "Sapevo che non ti sarebbe dispiaciuto se fosse stato un po' disordinato, però"

Suguru sorrise e si sedette accanto a lui, allungandosi per prendere una manciata di popcorn. "Sembra proprio a posto", disse, rendendosi conto che non scherzava con Satoru da quasi tre settimane. Era bello, come se piccoli accenni di Satoru stessero tornando, lentamente ricomponendosi.

Satoru si fermò, con i popcorn a metà strada verso la bocca. Li posò e sospirò, fissando Suguru con brevi lampi di colpa e dolore. C'era qualcosa che voleva dire, ma Suguru aveva paura di sentirlo, specialmente se si trattava di scuse.

"Satoru?" chiese, notando il leggero tremito delle sue mani. "Va tutto bene?" Questo era ciò per cui Suguru avrebbe dovuto prepararsi durante il tragitto verso casa sua, senza forzare la sua attenzione alle canzoni indie rock preferite di Satoru. Avrebbe dovuto escogitare un piano, un elenco di cose da dire per ogni possibile parola che sarebbe potuta uscire dalla bocca di Satoru-

Satoru congiunse le mani, scuotendo Suguru fuori di sé. "Solo" disse, facendo una pausa nervosa. "Volevo solo chiederti di ieri. Prima di sai... metterci una pietra sopra"

Suguru calmò le urla nella sua testa abbastanza a lungo da rispondere. "E allora?"

"È difficile per me perdonare me stesso, Sugu", ammise. "Lo sai. Volevo solo... volevo assicurarmi che non ti stessi costringendo a stare qui con me o se ti sentissi a disagio..."

"Sto bene" assicurò, cercando di convincere sé stesso quasi quanto Satoru. "Sono tre settimane che volevo uscire con te, quindi sono onestamente sollevato in questo momento"

"Non avrei dovuto usarti così, sai? Venire a dormire nel tuo letto e ignorarti nella tua stessa casa" disse Satoru, strofinandosi i palmi sui pantaloni della tuta. "Non sapevo cosa fare di me stesso, e ancora adesso non lo so"

"Non è quello che intendevo" spiegò Suguru, già pentendosi della scelta delle parole. "Volevo solo dire che mi sei mancato, non che mi hai usato..."

"Ti ho usato," lo interruppe Satoru. "E non avrei dovuto"

"Va bene se lo hai fatto" disse Suguru, incontrando lo sguardo blu di Satoru. "Non mi dispiace"

(WHEN FACING) THE THINGS WE TURN AWAY FROM ─ stsgDove le storie prendono vita. Scoprilo ora