Bisogna conoscere l'Inferno,
per amare quel poco
di Paradiso.Pov Luke
«Luke Parker convocato nell'ufficio della preside. Ripeto, Luke Parker nell'ufficio della preside» La voce della segretaria si diffonde nelle casse di tutta la scuola, arrivando anche a quelle messe nella palestra dove mi sto allenando io.
Poso i miei attrezzi e con un asciugamano avvolto al collo, per il sudore, e la mia borraccia nera di acqua, mi dirigo verso l'ufficio della preside. Spero che mi dia la notizia che tanto attendo da mesi, ovvero quella di tornare in Pennsylvania. Si ok, odio la Pennsylvania e quando ci stavo sbattevo la testa al muro per la voglia di andarmene, ma là c'è l'unica ragione per la quale non mi sono mai arreso al mio inferno: i miei amici. Siamo noi quattro da quando ne ho memoria, e vivere così tanto tempo in loro lontananza mi ha fatto soffrire come un animale in gabbia.
Busso alla porta della segreteria ed entro. «La preside la attende» queste sono le parole della giovane e bellissima segretaria di cui non ho mai capito il nome. Annuisco e busso alla porta accanto alla sua scrivania, ovvero alla porta della preside.
Dico il mio nome e sento un "entra" autoritario.
Non entro in quest'ufficio dal giorno in cui sono arrivato qui, eppure appena apro la porta noto che non è cambiato niente. Si respira la solita e vecchia monotonia.
«Prego signorino Parker, si sieda» mi autorizza la Preside Smith.
Eseguo i suoi ordini ed attendo che mi dica il motivo per cui mi ha chiamato, in fin dei conti una sua regola è non parlare se non sotto sua richiesta.
«Si chiederà perché è stato convocato, bene glielo dico subito. Deve tornare urgentemente in Pennsylvania, alla Phoenix Accademy. La preside Moore mi ha avvisato che c'è una new entry che ha bisogno del suo aiuto. Crediamo, e questa volta veramente, che sia giunta l'ora di svolgere il suo compito. Vista l'urgenza può usare uno dei portali creati dai nostri allievi. Le auguro buona fortuna. La attendiamo nell'aula principale tra un'ora, il tempo per farle fare i bagagli e salutare chiunque voglia. Se ne può andare.» Mi comunica con sguardo intransigente.
Mi alzo e mi inchino, come da lei ordinato il mio primo giorno, e mi avvio di corsa nella mia camera. Arriverò in quella sala molto prima di un'ora e questo non perché ho così voglia di ritornare nel mio inferno, ma di rivedere la mia piccola goccia di paradiso. I miei tre amici.
Pov Evelyn
Sono le nove di sera, né Lesly né Helen sono in camera ed io ho una strana voglia di cioccolato, ed è proprio per questo che mi armo di coraggio e di una felpa per dirigermi alla mensa.
Questo posto mi fa paura, sembra un piccolo paradiso in cui ci vivono tante persone che hanno fatto dei reati, proprio come me. Ed è per questo motivo che c'è qualcosa che non mi quadra: com'è possibile che spacciatori, piromani, drogati, ladri e chi più ne ha più ne metta, hanno il consenso di uscire quando vogliono, possono fumare erba e addirittura si pensa a sfamarli quando sono in post sbornia. Sembra troppo bello per essere vero.
Prima di venire qui, mi immaginavo questo posto come una prigione un po' più leggera per le persone fortunate nella loro sfortuna, proprio come me. Ma sembra tutto, fuorché una prigione.
Le persone sembrano così felici e nessuno sembra pentito delle azioni che ha commesso per venire qua, anzi sembrano quasi non ricordarle o sorvolarle con una leggerezza che non mi appartiene.
Tutti sorridono, come se fossero obbligati a farlo, e nessuno sembra vivere l'inferno che mi aspettavo di trovare qui.
Questi pensieri mi accompagnano alla porta della mensa, dove so che la cuoca lascia degli spuntini per le persone che come me hanno delle improvvise voglie incontrollabili, nel mio caso dettate anche dal ciclo che presto dovrebbe fare la sua comparsa.
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Out of Place
Fantasia"γνῶϑι σεαυτόν" era il detto che si situava all'entrata del tempio di Delfi, esso in italiano significa "conosci te stesso" ed era il tatuaggio che Evelyn Grace aveva nel suo cuore e nella sua mente. Ella, che non regalava un sorriso da anni, si ri...