hai guardato una serie
solo perché
ti avevo riempito la testa come una pigna
intanto tu non volevi altro che fare centro,
l'ossessione col segno dello
scorpione,
un accendino
sui miei jeans per
fare colpo e
poi scintille.
mi indicavi dov'era
Venere,
mentre stavo ballando
sotto la luna,
una lettera d'amore
per cui hai chiesto
affannato
consigli.
il pendolo
in fisica,
la sfida
su chi si sarebbe ubriacato
prima,
mi hai fatto fare
un giro
in macchina
e tuo padre si è
lamentato dell'odore
di sigaretta,
me lo hai detto sulla strada per
il liceo classico.
avevamo finito il
pacchetto
mi hai quasi costretta,
ne rimanevano poche
mi dicevi,
dietro una biblioteca
su un gradino di
qualche sconosciuto.
poi abbiamo
assorbito quei
vapori
a due isolati da
casa mia.
a un compleanno a maggio
rimproverato da
un'amica
perché stare con me sembrava
veleno, ma tu continuavi
a berlo.
forse il veleno
lo hai inghiottito davvero
e aveva ragione lei,
quella volta in cui
la mia follia
ti ha preso
a schiaffi,
quando il
whisky ha fatto
irruzione.
alle 4 del mattino
ti ascoltavo su
quella panchina,
a mezzanotte
ti tranquillizzavo
su quella sospensione.
se il Corso fosse stato accessibile
alle 22
avresti perso una
scommessa
e mi avresti portata
a bere.
avevo vinto io,
non sono mai venuta.
però ti ho ceduto
un'uscita,
tirava vento.
una rosa.
ubriaca,
vigilavi felice su di me
in estate.
ubriaca,
neanche ti parlavo più
in autunno.
i tuoi occhi
perdevano sangue e
per me non poteva andare
oltre.
ma tu tutto questo non
lo sopportavi,
però quel posto nel pullman
andando in università
te l'ho ceduto,
eppure
in estate
hai fatto finta di
essere
chi?
hai legato tutto al dito
e ce l'hai messa tutta
per fare il
saltimbanco.
il giorno dopo credevi di
poter rivedere le mie
mani
come se nulla fosse
mai accaduto,
quella vendicativa
ero io.
allora sei stato
cancellato,
anche tu
come tanti altri.
hai saputo trasformare
il tuo mondo
in una fossa di
limo
nel giro di dieci secondi.
dopo tanti anni,
niente di speciale
