immaginate che i fratelli Grimm a un certo punto avessero cambiato un semplice tassello della storia di Hansel e Gretel. quest'azione avrebbe certamente modificato la cultura mediatica creatasi negli ultimi due secoli.
immaginate però Hansel che nel momento più tortuoso e contorto della storia decide di abbandonare Gretel. magari in quella casa, magari in un letto, sola, a piangere, a sentirsi in colpa o - cosa molto probabile per una bimba senza esperienze - ad avere paura, paura fino a piangere e nascondersi, ad esempio sotto le lenzuola.
è un'immagine drammatica, così toccante e deprimente. ma chi darebbe torto alla povera Gretel in questa situazione? è giusto che abbia paura, poiché analizzando il suo comportamento come fossimo dei neuropsichiatri infantili, questo evento non scardina certamente la bambina da un trauma: la paura è il primo bagliore.
non tutte le situazioni però sono comprensibili come questo plot twist immaginario della fiaba.
c'è qualcuno che è rimasto a piangere sotto le lenzuola, fino a sentirsi in colpa a causa di una condizione che non si presenta nell'immaginario collettivo come spaventosa e traumatica ma dolce e soave? e per di più in un contesto non generato, o almeno non intenzionalmente, da quest'ultima?
e c'è qualcun altro che dopo questa reazione decide però di rialzarsi, sorridere e mentire a se stesso fingendo che un determinato frangente era effettivamente dolce e soave, perché così deve essere?
è più facile seguire l'immaginario collettivo, scendi a patti ma non scendi in campo.
chi lo ha mai fatto?
io sì.
nella mia versione a edizione limitata.
un elemento della catena da non lasciarsi indietro, ha dato i natali a una versione a edizione dorata,
un'antitesi che non va contro,
non scheggia il vecchio parabrezza,
è da lì che ne esce.
o almeno si impegna con tutta se stessa a non farlo.