«Steven ha concluso il caso ieri. Non occorre perdere altro tempo, ce ne sono molti altri più importanti e complessi che vanno risolti.»
«Ma è morta una persona... non possiamo lasciarla così senza approfondire il movente.»
«Detective Style, il movente è la depressione. Non l'ha uccisa nessun altro e nessuno era presente al momento dei fatti. I rilevamenti hanno dato esito negativo: nell'appartamento ci sono solo le sue impronta. Nient'altro.»
«Il detective Steven ha ascoltato i testimoni? Sapeva che aspettava un pacco regalo la mattina in cui è stato denunciato il ritrovamento? I genitori?»
Carter Madison girò gli occhi annoiato e bevve un generoso sorso del suo caffè «Detective Style, mi stia a sentire: difronte ad una malattia mentale non si pensa lucidamente. Quella donna non era più in sé e stava soffrendo. Punto. I motivi se li è portati nella tomba. A noi interessa che non sia stata vittima di un assassino, esclusa lei stessa. Se ci fosse un colpevole è nostro compito tutelare altri innocenti, ma dal momento che è un caso di suicidio, l'indagine è terminata. Se dovessimo stare a chiederci tutti questi dettagli, nessun caso urgente verrebbe mai preso in considerazione tempestivamente. Per indagini simili, non ci andiamo a complicare la vita più del necessario.»
«Non capisco perché affidarmi il compito e farlo terminare ad un altro detective.»
«Non sapevamo a chi altro sbolognare questa indagine. Siccome era semplice l'abbiamo data a lei, detective. Ed ora se non le spiace ho molti impegni da sbrigare. Se ha ulteriori domande si rivolga al suo collega.»
Quando Styel tornò nel suo piccolo studio, tra le scartoffie da riordinare, si sedette mogia mogia e con l'umore infondo alle scarpe: di tutta la situazione non c'aveva guadagnato nulla se non un fascicolo in più da riordinare assieme ad altre similari.
Guardò la cartella di Margaret Shallet con aria afflitta e mesta: era questa la vera natura di un detective? Trattare casi di vite umane interrotte bruscamente come fossero solo fogli da mettere via e dimenticare con tutte le altre.
Sospirò e rimise la schiena nella postura giusta, prendendo i fascicoli presenti sulla sua scrivania e dirigersi con passo lento nell'archivio.
La stanza dedicata era nell'interrato ed era uno dei luoghi della Force Investigation di Barely più opprimenti di tutta la struttura.
Allungò il piede per aprire la porta di ferro, lasciata perennemente socchiusa, e raggiunse con la mano l'interruttore per accendere i neon a luce gialla che vibravano all'interno.Scompartimenti, scaffali e reparti pieni di faldoni di tutti i generi e di tutte le dimensioni. Odore di fogli, di polvere e di stantio erano gli aspetti più caratteristici di quella grande stanza e pensare che aveva frequentato l'archivio per buona parte dei suoi primi giorni di assunzione.
L'aspetto che rendeva particolare l'archivio non erano i soffitti un po' bassi, ma la pessima areazione e costruzione delle pareti per nulla isolate: d'estate calda all'inverosimile e d'inverno una ghiacciaia. C'era di buono che almeno non si formavano muffe da rendere l'ambiente anche poco salubre.
Attraversò uno dei numerosi reparti e raggiunse quella dei casi risolti di suicidio. Prese una delle scatole e ripose le cartelle con cura. Prese la penultima, quella prima di Margaret Shallet e, per distrazione non fu abbastanza attenta dal rendersi conto che conteneva anche fogli separati e un paio di foto che si sparsero sul pavimento impolverato. Una le finì sotto lo scaffale e si dovette accontentare di imbrattarsi parte della manica di ragnatele e imbiancarsi le ginocchia dei pantaloni.
Recuperò sospirando le varie schede sparse: Sara Fausti, lèsse il nome per caso ed un dettaglio della foto che aveva recuperato attirò la sua attenzione.
Una ragazza poco più giovane di Margaret veniva ritratta in un'istantanea mentre beveva allegramente ad un tavolo, ma il particolare fu la medaglietta che portava al collo: un girasole scisso a metà. Corrucciò le sopracciglia ed avvicinò l'immagine ai suoi occhi. Sembrava lo stesso che le aveva consegnato la De Santis...
«Sarà solo un caso...» mormorò Hanna tra sé. Chissà quante persone indossavano un ciondolo simile.
«Mary, non credi che quei bignè siano un po' tanti?» scherzò Hanna, osservandola con un sorriso.
L'amica si sistemò con due dita una corta ciocca corvina dietro l'orecchio, scuotendo il capo ed addentando l'ennesimo pasticcino. «Oh, sono così stressata ultimamente che limitare la mia dose di zuccheri potrebbe solo nuocermi la salute!»
Dopo quella mattinata passata nuovamente nel suo piccolo studio, Hanna aveva sentito il bisogno di fare una pausa ed approfittando dell'informazione ricevuta la sera precedente di Marilena che sarebbe stata nei paraggi, l'aveva chiamata per fare una pausa caffè.
Quella volta non erano andate al Caffettary Candy, per non essere eccessivamente distante dal suo ufficio, Hanna aveva scelto un bar vicino.
«...spinta dalla curiosità ho letto qualche informazione del fascicolo e non mi crederai mai, ma sembrava di leggere il caso di Margaret... può un omicidio coincidere così tanto con un altro?»
Marilena fece una smorfia mentre tentava di evitare la fuoriuscita della farcia dall'impasto del bignè. «Oh guarda, già non mi chiedo cosa mangio durante la giornata. Non sono cose che mi sono mai chiesta ad essere sincera.»
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𝐋'𝐀𝐌𝐈𝐂𝐀
Mystery / ThrillerHanna Style è una neo detective di trent'anni a cui affidano un caso di poco valore lavorativo: il suicidio di una donna depressa. Una morte palesemente volontaria che tuttavia si rivelerà ben più complessa ed oscura. Tempo di lettura stimata: 20 mi...