4. Rosa bianca

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E M M A


La casa è avvolta nel silenzio della notte, rotto solo dal ticchettio dell'orologio nel corridoio.

La luce fioca della lampada da tavolo proietta ombre lunghe e inquietanti sulle pareti del soggiorno.

Sono andati tutti a dormire e la casa è impregnata di silenzio.

Sono tutti a riposare nei loro letti... Tutti, tranne me e Noah. Sento ancora addosso l'adrenalina per ciò che è successo questa sera.

Noah è seduto sulla poltrona all'angolo, le braccia incrociate e lo sguardo scuro come un temporale.

Mi ignora del tutto.

Tanto per cambiare.

«Ehi» gli dico.

Le sue labbra si arcuano in un sorriso asimmetrico. «Ehi»

«Serata folle, eh?», provo a intavolare la conversazione. «Per fortuna che siamo riusciti in tempo a scappare dalla polizia»

«Già.» ribatte sbrigativo «Che ci fai ancora sveglia?»

«Oh, avevo sete, e mi sono alzata a prendere un bicchiere d'acqua. Noah, chi è Weston? Perché ce l'ha così tanto con te? Cosa vuole?»

«Non credi che sia ora di tornare a dormire?» chiede con una punta di sarcasmo, senza staccare lo sguardo dall'ombra.

«E perché tu sei qui?»

«Non riuscivo a dormire»

«Perché?»

«Pensavo»

«A cosa?»

Sgrulla la testa. «Niente...»

«Ehi» lo richiamo dolcemente avvicinandomi, e lui alza la testa; i suoi occhi scuri mi trafiggono, ammonendomi. «Sai che puoi dirmi tutto, non è vero?»

Sorride amaramente. La disposizione strategica degli spigoli sul suo viso gli conferisce sempre quell'aria sardonica, anche quando in realtà è serio o avvilito.

Non posso negare a me stessa che è diventato incredibilmente più bello in questi ultimi due anni.

Si volta verso di me curioso: forse, sta cercando di capire come mai mi sono imbambolata a fissarlo.

«Non posso», afferma risoluto.

Ma è come se tra noi si fosse appena creato un momento di tregua. 

I suoi occhi ombrosi mi fanno perdere ogni traccia del discorso che mi sono preparata. «C-che cosa non puoi?»

«Dirti tutto»

«Non puoi?», ripeto confusa.

«No»

«Altrimenti?»

«Altrimenti ti faccio male»

Il cuore mi balza nel petto, e avverto un principio di vertigine affondare nel mio stomaco: potrei morire seduta stante.

«Sei sempre così evasivo» Gli faccio notare ridacchiando per nascondere l'imbarazzo, mentre i suoi occhi indiscreti scrutano avidamente le mie gambe. Le sue mani robuste stringono i braccioli della poltrona, come per controllarsi.

«E tu sei sempre così...?»

«Così?»

«Fumi, vai alle feste, ti diverti con i ragazzi» spiega.

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